Se sull’ormai famosa telefonata di Tutino a Crocetta, oggetto dello scoop giornalistico della rivista L’Espresso, soffia forte il vento africano Caronte, capace di far incendiare il dibattito politico non solo siciliano e nello stesso tempo di sedare, a colpi di calura, anche le iniziative dei più temerari sostenitori delle dimissioni del Governatore, altre figure stanno invece recitando ruoli e copioni tipici di una partita a poker. I giocatori di questa partita sono cinque. Ovviamente, il giornalista Piero Messina che, fuori dall’inverosimile ipotesi masochista, conserva ben custodite le sue carte da gioco, sicuro di avere ascoltato con le proprie orecchie la registrazione della oltraggiosa telefonata ai danni di Lucia Borsellino. Del resto, solo un folle, ancorchè animato da un sentimento di vendetta per essere stato licenziato dal Governatore Crocetta appena insediatosi, potrebbe sottoporsi ad un fuoco incrociato di querele e richieste milionarie di risarcimento per danni all’immagine, se non fosse sicuro dei fatti suoi. Il secondo giocatore è il Procuratore Capo della Repubblica di Palermo Lo Voi che continua ad affermare l’inesistenza di una siffatta intercettazione, almeno su Palermo. Uno dei due giocatori sta bleffando, ma riteniamo di escludere il giornalista per i citati rischi che correrebbe. Non rimane che il Procuratore della Repubblica che, al netto dell’ipotesi di reale sconoscenza di questa intercettazione, che ovviamente dovrebbe indurlo a porsi più di un’interrogativo, cerca di fare scoprire le carte al giornalista, costringendolo a rilevarne la fonte. Gli altri due giocatori sono il Governatore Crocetta, che potrebbe anche non avere ascoltato la frase in questione a causa della linea disturbata, e quindi in condizione di giocarsi la carta della querela, e il medico Tutino, il solo a sapere se ha realmente pronunciato quella frase e pertanto l’unico che potrà giocare “a rialzo”, ma non certo per bleffare.
A questo punto è proprio il giornalista a rischiare di più, perché avendo in mano solo una trascrizione di suo pugno, di ciò che dice di avere sentito, e quindi ben poco ai fini probatori, si troverebbe tra l’incudine e il martello. Se rivela la fonte, tradirebbe il suo informatore e il segreto professionale assicurato dall’art. 200 del Codice di procedura penale, mettendo a serio repentaglio il suo futuro professionale. Se, invece, si trincera dietro il segreto professionale, senza poter dimostrare l’attendibilità della notizia diffusa, rischia di esporsi al citato fuoco incrociato dei legali di Crocetta e Tutino che avrebbero la strada spianata per inchiodarlo alle responsabilità penali per diffamazione aggravata a mezzo stampa. La Procura della Repubblica avrebbe tutto da guadagnare in questa partita, perché potrebbe riempire con un indagato (avendo quindi trovato la talpa) il fascicolo verosimilmente già aperto contro ignoti per fuga di notizie. Nell’ipotesi in cui non venisse svelata la fonte del giornalista, avrebbe comunque la possibilità investigativa di entrare “a mani basse” nelle dinamiche del potere politico, così scoprendo, con molta probabilità, tante altre cosette.
In questa partita c’è un quinto giocatore, il partito democratico siciliano che, vittima di cronici disturbi bipolari, è capace nello stesso momento, di amare Crocetta per avere avuto il merito storico di mandarlo al governo della Regione senza l’uso dei ribaltoni, e di odiarlo per essere riuscito in questi tre anni nell’impresa non facile di dilapidare il patrimonio di consensi che quotidianamente cerca di conservare Renzi a colpi di riforme. Non avendo la capacità neanche di bleffare, reciterà il ruolo di comparsa in questa partita a poker, accodandosi, acriticamente, a colui che riuscirà a vincere questa mano.
Massimo Greco