Nella settimana della legalità privatizzata, presunta o solo manipolata; è morto uno schiavo di pomodori, con regolare permesso di soggiorno. Si chiamava Mohamed. Kozdhima si chiamava invece l’albanese morto al petrolchimico di Marghera. I nomi dei suicidi della Foxconn, quella di stay hungry stay foolish non li conosciamo, ma sono tanti e anche se a ammazzarli non è stata la terra ma l’iPhone, ci scusiamo con loro per l’abuso della parola legalità. Perché la schiavitù è illegale, ma è ancora molto praticata. Illegale è pure lo sciacallaggio mediatico che tritura parole e persone, idee e principi. Illegale è anche, a detta della Corte europea dei diritti umani, la discriminazione omofoba che non riconosce i diritti ai gay.
Nell’anno 2014 dell’era renziana si sarebbero dovuti normare i diritti civili: ius soli e matrimoni egualitari, ma si sa che il tempo è cosa relativa e a luglio del 2015 mentre anche la cattolicissima Irlanda si adegua alla civiltà, in Italia si desiste, ancora e ancora e ancora. E’ legale aspettare quarantuno anni per avere giustizia? I giudici della Corte di assise di appello di Milano hanno condannato all’ergastolo Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte per la strage di piazza della Loggia a Brescia. La sentenza impone una “profondissima riflessione su quegli anni dal 1969 al 1974″ ha detto il presidente dell’Associazione Familiari vittime di piazza della Loggia, Manlio Milani. Dopo 41 anni di indagini e processi c’è un punto fermo: quella strage fu di matrice ordino vista. “E’ sempre brutto sentire la parola ergastolo, ma questa decisione tiene aperta la speranza e ora abbiamo anche una verità giudiziaria, oltre che una verità storica”, ha aggiunto il presidente Milani. AH! Sono stati pure assolti i sei ragazzi accusati di avere stuprato una giovane di 23 anni nel 2008. Per i giudici della Corte D’Appello la ragazza denunciò il rapporto sessuale per “rimuovere un suo discutibile momento di debolezza e fragilità”. Sempre per i giudici “il rapporto di gruppo non fu ostacolato”. La vittima deve essere credibile e la giovane donna femminista e attivista lgbt era poco credibile; per essere creduta e credibile come vittima di uno stupro non bastano referti medici, psichiatrici, mille testimonianze e prove del dna, conta solo il look e l’ora a cui si esce. Il resto è commedia. E non fa nemmeno ridere.
Gabriella Grasso
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