Oltre allo sconcerto provato e alla rabbia espressa con l’oscura vicenda “Crocetta“, c’è l’amarezza di coloro che stanno dalla parte della Sicilia che spera, che combatte, che cambia. La Sicilia che scrive la Storia segnata da eventi epocali, rendendole valore nazionale. È uno stato d’animo non diffuso in questi giorni, eppur utile per un approccio più sobrio e attento di un fatto dalle molteplici variabili. È l’amarezza di quanti da tempo osservano gli errori e la pochezza di un PD e una Sinistra palermitana che, dopo la vittoria precaria col 32% dei consensi alle Regionali dell’ottobre 2012, hanno segnato un percorso tortuoso e vago. Le bandierine piantate sono quelle di 37 assessori usa e getta; del sostegno del PD a Crocetta a intensità variabile; di delusioni per riforme inadeguate, ma gridate come rivoluzione della Regione; d’uso del potere con logiche personalistiche commissariando per anni Enti e settori pubblici tenuti nel loro grigiore; di una spesa regionale che impiega risorse per nutrire l’inviluppo economico; delle zone grigie permanenti nella burocrazia regionale. Tutto ciò in un contesto territoriale i cui tratti sono gli strappi decisivi dall’Europa, dall’Italia e dal Sud stesso.
Insomma, la bomba ad orologeria della intercettazione in sé meschina esplode in una Sicilia stanca, delusa e critica su Crocetta. Se così non fosse, la risposta sarebbe stata di diverso tono, nel senso che avrebbe rivelato senza mezze frasi dubbi, oltreché dura condanna dello sciacallaggio politico, perfino rispetto verso chi può essere vittima. Così non è, soprattutto nell’elettorato del PD e della Sinistra siciliane che non celano il loro sconcerto e ira. Da tempo assiste impotente ad una sorta di convergenze parallele tra i Dirigenti PD e governo Crocetta. Mai volontà comuni, mai azioni collettive, mai politiche confluenti, mai strategie condivise. Solo accordi di potere e scontri senza esclusione di colpi, solo leaderismo presunto e tribù con cacicchi in lotta, solo alleanze verticistiche e presidi di notabili vecchi e nuovi. In Sicilia alberga non solo l’antipolitica ma, peggio, la “non politica“. È un virus micidiale che debilita il corpo del PD, i cui capi alle primarie erano quasi tutti dalemiani (detto con grande rispetto), ed ora stanno con Renzi per prontezza d’adattamento (detto con leggera insolenza). Per carità non è trasformismo, ma da noi è consuetudine storica, divenuta regola politica.
La “non politica“ è un contenitore che si svuota di idee e progetti di buon governo, di partecipazione attiva e passioni civiche, di linguaggi che indicano valori di sinistra, di voglia di rotture e di cambiamento. Si riempie, però, di figure dal protagonismo opaco, di alleanze politiche azzardate, delle zavorre degli interessi assistiti, del dispregio dei programmi, di scontri interni aggressivi e inconcludenti. Alle elezioni il PD indicò la sua politica, definibile il rac(h)itismo siciliano, i cui capitoli più corposi erano: Agrigento con candidato sindaco un esponente di F.I; Enna che acclama Crisafulli, nel 2013 impresentabile per Bersani; Gela ed Augusta, città offese da problemi irrisolti. Altri capitoli erano: l’ingovernabilità della Regione, l’Isola che consuma solo il presente, l’inaridimento dei territori. Una proposta elettorale bocciata in lungo e in largo! In Sicilia c’è un detto: calati iuncu ca’ passa a china, ossia abbassati giunco perché passa la piena. Iuncu starebbe per PD, e china per Crocetta. Il pericolo è che stavolta il fiume sradica la pianta.
A questo punto, le dichiarazioni di rito dei vicesegretari sono volatili e i tatticismi di Palazzo sono devastanti. Occorre un atto di discontinuità. Quale? Il segretario del PD Renzi, e non il capo di governo, presieda una grande Assemblea dei democratici con la quale ridefinisce un nuovo percorso per riavvicinarsi ai siciliani amareggiati ma vogliosi di sperare e lottare per una Sicilia che cambia verso.
Vincenzo Cimino
“O si è in grado di determinare una svolta vera e un rilancio del governo, con un coinvolgimento degli alleati con i quali preparare il futuro della Sicilia, oppure bisognerà trarre le conseguenze dell’impossibilità di andare avanti” questa, in sintesi, la posizione espressa nella tarda serata di ieri dal vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini alla segreteria regionale siciliana, ai segretari provinciali del partito nell’Isola, e ai deputati e agli assessori presenti all’incontro nella sede del Pd Sicilia.
“Ha ragione Guerini quando dice che è necessario governare, ma per governare, l’esecutivo ha bisogno di un aiuto. Accelereremo sulle riforme in Sicilia, però il Parlamento mi deve aiutare, così possiamo arrivare fino alla naturale scadenza della legislatura” la risposta di Rosario Crocetta al vicesegretario Pd Lorenzo Guerini