L’allegra gestione del patrimonio immobiliare degli enti pubblici (parte I)

L’allegra gestione del patrimonio immobiliare degli enti pubblici

(parte I)
di Massimo Greco

L’infedeltà nell’esercizio di quelle funzioni pubbliche che la Costituzione affida a coloro che sono chiamati a curare gli interessi pubblici in nome e per conto della Pubblica Amministrazione, si manifesta anche nell’uso disinvolto del patrimonio immobiliare di cui dispone l’ente pubblico. Ancora oggi, nonostante le raccomandazioni della Corte dei Conti, buona parte delle quali contenute in sentenze di condanna per danno erariale, numerosi enti pubblici non solo non curano, secondo i principi del buon padre di famiglia, il rispettivo patrimonio immobiliare, ma lo mettono generosamente, e spesso anche gratuitamente, a disposizione di altri enti pubblici, privati e del terzo settore. Una corretta gestione dei beni patrimoniali pubblici non direttamente utilizzati per i fini istituzionali dell’ente richiede invece la messa a reddito dei medesimi. Il concetto di redditività và visto sia sotto il profilo che i beni devono assicurare un’entrata all’ente, sia sotto quello della destinazione dei beni ad esigenze della generalità dei cittadini. L’ente pubblico proprietario deve infatti sostenere costi manutentivi sul patrimonio, oltrecchè carichi tributari, e nel caso che non faccia godere dei beni i cittadini, deve operare acchè essi producano un congruo reddito per alimentare il bilancio.

In tale contesto, non sono affatto legittimi i tentativi di eludere tali principi attraverso formule innovative (rectius, creative) di accordi, partenariati e intese, adesioni ad associazioni o fondazioni, atteso che la generalità degli enti pubblici, in quanto destinatari di apposite norme legislative, non possono allontanarsi dai moduli positivi in base ai quali sono organizzati né distrarre le proprie entrate (dirette ed indirette) dagli scopi strettamente istituzionali, a meno che tale facoltà non si espressamente prevista nelle leggi che li governano.

Gli unici enti pubblici che risultano dotati di un margine discrezionale maggiore sono quelli territoriali di governo (quindi Comuni, Province e Città metropolitane), atteso che la copertura costituzionale di cui dispongono (autonomia politica, finanziarie e amministrativa) consente loro di esercitare funzioni a fini generali per lo sviluppo sociale ed economico delle rispettive comunità. Solo per gli enti locali, il principio di redditività del bene pubblico può essere mitigato o escluso ove venga perseguito un interesse equivalente o addirittura superiore rispetto a quello che viene perseguito mediante lo sfruttamento economico dei beni.

Tutti gli altri enti pubblici, diversi dagli enti locali, farebbero cosa buona e giusta a fare tesoro degli enunciati principi, anche al fine di scongiurare il solito, quanto spiacevole, intervento delle competenti autorità giudiziarie.

Niente provoca più danno in uno Stato del fatto che i furbi passino per saggi.

(Francis Bacon)

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