Le crociate dei Sindaci contro le Aziende sanitarie non sono più credibili
di Massimo Greco
La crociata dei Sindaci contro il management delle Aziende Sanitarie è ormai un fatto talmente prevedibile e ripetitivo che rischia di non fare più notizia. I Sindaci, costretti a difendere tutto ciò che dimora nel rispettivo territorio comunale si trovano sempre più spesso a promuovere forme di protesta ai limiti della sostenibilità e della credibilità. Certo è che fare il Sindaco in tempi di spending rewiev è diventato un compito veramente arduo e quasi sempre impopolare. Nel contesto della sostanziale ritirata dei diversi livelli istituzionali dai territori, per dirla con De Rita, in coerenza con una più o meno premeditata “disintermediazione del rapporto tra politica di vertice e singoli cittadini”, attraverso la delegittimazione delle varie sedi intermedie di confronto e di mediazione, il servizio sanitario siciliano, che notoriamente pesa più del 50% dell’intera spesa regionale, non può non risentire delle traumatiche rimodulazioni finanziarie ed organizzative.
La chiusura di ambulatori, punti nascita e presidi ospedalieri minori è diventato il leit motiv di ogni management che viene nominato nelle Aziende sanitarie dal Governo regionale. Di contro, i Sindaci, di qualunque colore politico, non esitano ad indossare la fascia per opporsi a qualunque soluzione che veda ridimensionate le strutture sanitarie dei rispettivi territori. L’unica occasione amministrativa che consente ai Sindaci di esprimere il proprio parere sulla programmazione provinciale sanitaria è quella della Conferenza dei Sindaci, chiamata ad esprimere un parere obbligatorio, ma non vincolante, sui Piani attuativi provinciali.
Da questo punto di vista i Sindaci sono da considerare certamente portatori di interessi istituzionali qualificati di tipo partecipativo in ordine al processo di programmazione sanitaria provinciale e come tali anche, all’occorrenza, legittimati ad agire in giudizio nei confronti di atti di programmazione che incidano direttamente sull’interesse delle rispettive comunità. Tuttavia, il grado di coinvolgimento è stato limitato dal legislatore regionale ad una “partecipazione influente” la cui assenza può anche inficiare il sistema procedimentale, ma non il sistema di governance che rimane ben saldo in capo alla Regione. La competenza in materia di assistenza ed organizzazione sanitaria è infatti della Regione che la esercita per il tramite dei suoi enti strumentali denominati Aziende sanitarie. Nella Programmazione sanitaria siciliana gli Enti locali vengono trattati alla stregua delle associazioni degli utenti o del privato sociale, chiamati solo a titolo informativo e/o consultivo.
Probabilmente la rabbia dei Sindaci deriva anche dalla consapevolezza di essere impotenti di fronte a scelte che, comunque, incidono non poco sulle sorti del territorio.
Sul fronte delle Istituzioni sanitarie bisogna però dire che le crociate contro i management delle Aziende sanitarie sono inutili per il semplice fatto che i pochi spazi di manovra politica non risiedono in capo agli strumenti attuativi aziendali, ma in capo a chi esercita la funzione d’indirizzo politico regionale. Invero, i vari Direttori regionali e/o i vari Commissari straordinari delle Aziende sanitarie rispondono a degli obiettivi ben precisi, il raggiungimento dei quali risente di un cronoprogramma ben definito nei modi e nei tempi dalla Programmazione sanitaria regionale. Sbagliano quindi i Sindaci a prendere di mira puntualmente il management aziendale attraverso forme più o meno improprie di sfiducia politica.
Ma vi è di più. I margini di manovra della nostra Regione in tema di organizzazione sanitaria risultano parecchio ristretti da diversi anni. Infatti, la Regione Siciliana, ancorchè dotata di autonomia statutaria in materia di assistenza ed organizzazione sanitaria, ha predisposto e concordato con il Ministero della Salute e con il Ministero dell’Economia e delle Finanze un Programma Operativo valido per il triennio 2013-2015, al fine del raggiungimento degli obiettivi strutturali individuati nel documento medesimo e per l’attribuzione in via definitiva delle risorse finanziarie già previste a legislazione vigente, condizionate alla piena attuazione delle misure concordate. Pertanto, in virtù del principio di leale collaborazione, la Regione non può unilateralmente introdurre interventi in materia di sanità non coerenti con il predetto Programma Operativo adottato, nella considerazione che eventuali scelte diverse potrebbero inficiare il conseguimento dei risultati economici e di sistema programmati con il documento concordato con i Ministeri.
La recente bocciatura del Piano Sanitario Regionale ad opera del Ministero della Salute è la dimostrazione di quanto qui affermato. Suggeriamo quindi ai Sindaci di non impegnare tempo e risorse per difendere i “contenitori”, ma di concentrarsi invece sui “contenuti”, cioè sulla qualità delle risorse umane che devono assicurare l’eccellenza delle prestazioni sanitarie, l’unico modo per ridurre la cronica mobilità sanitaria.
La gente non migliora, diventa solo più furba. Quando diventi più furbo, non smetti di strappare le ali alle mosche, cerchi solo di trovare dei motivi migliori per farlo.em>(Stephen King)