Enna. Crolla il Viale Paolo e Caterina Savoca, un altro pezzo dell’Enna del dopoguerra va giù, con la panoramica anche l’ardito viale costruito come se nulla potesse mai cambiare, alto sul ciglio della rupe, con muraglioni eseguiti a regola d’arte ma tanti, troppi anni fa, con terrapieni mai più controllati, forse zeppi di acqua.
Crolla ma “gentilmente” senza tirar giù vite umane, senza portarsi dietro auto o case, lasciandoci nello sconforto di questa infinita frana che è oggi questa terra di Sicilia.
Stamane sulle cronache nazionali la polemica del Supersindaco Bianco che si indigna dell’allarme meteo diramato forse troppo cautelativamente da un servizio che egli ritiene incapace di stabilire cosa sia prevedibilmente pericoloso e cosa invece no, e qui, così tra una pioggerellina ed un tuono accade l’irreparabile.
Forse allora dovremmo decidere che siamo sempre in allarme rosso, che il meteo, che piova o ci sia il sole è nero cupo, che l’isola sia oramai irredimibilmente preda dello sfascio più assoluto.
Già fioccano i cori dei “vergogna”, chi se la prende con tizio e chi con caio, chi grida allo scandalo e chi si indigna col vicino di casa reo solamente di essere un altro diverso da se.
Capiamoci, le opere pubbliche non durano in eterno, cadono, invecchiano, si rovinano, hanno bisogno di interventi grandi e piccoli, di attenzioni, di programmazione, di soldi, di attenzioni tecniche e non di casuali bandi ai quali attingere (forse) danari e forze per intervenire.
Questo è il grande vacuum della nostra terra, nessuna programmazione e soprattutto nessuna programmabilità degli interventi. Anche se le passate amministrazioni comunali (perchè in questo caso la strada è comunale) avessero programmato, cosa avrebbero potuto fare? Con quali fondi?
Provate a leggere i Piani Triennali delle Opere Pubbliche, magari fatti male ma pieni zeppi di buone intenzioni e persino di cose inutili, tanto sappiamo tutti che neanche un decimo di quel che si scrive si potrà mai almeno progettare, almeno rendere cantierabile.
Così adesso non avremo neanche questo collegamento interno, sarà un’impresa salire e scendere da largo Rosso in poi, e se domani, come spesso accade in inverno, la SP di san Calogero, dovesse rimanere chiusa, potremmo assistere ad una città divisa ulteriormente in pezzi, chi sta di qua e chi sta al di là di Piazza Colajanni.
Però, mi raccomando, continuiamo imperterriti ad accusare lo Statuto regionale di tutto questo, continuiamo a perder tempo per vedere se e quanto sia lecito e condivisibile sopportare che si progetti di utilizzare gli oltre 80 milioni di Euro che dovrebbero giungere per contrastare il dissesto idrogeologico, non per programmare interventi seri magari eseguiti dalle maestranze oggi in forze alla forestale ed ai consorzi ma, semplicemente, per pagare giornate lavorative.
Mi raccomando si, puntiamo ancora la bussola dell’azione governativa di Crocetta, PD, PDR, Sicilia Democratica, dei nostri locali deputati, alla banale, risibile, dannifica ricerca del consenso quotidiano, dell’importantissimo ottenimento del “sabbanadica onoré”, nel frattempo verrà giù il belvedere o il Corso Sicilia.
Comunque nelle tante sale giochi aperte ed in apertura (tanto oggi l’azzardo è ultima spes) è possibile puntare somme anche considerevoli sulla prossima frana, addirittura si sta progettando il Fantaprotezionecivile, vince chi ha la squadra più efficiente.
Su, giochiamoci, cari concittadini crollati
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