Un noto giornalista, parlando agli studenti di uno di più prestigiosi licei milanesi, usò queste parole: “Lasciatemi essere pessimista, questa società non mi piace, non mi ci riconosco più…Voi che avete sedici anni non vi potete permettere il lusso del pessimismo. Voi invece dovete fare la rivoluzione. Cambiate in meglio il vostro paese, ma non fate come quelli del Sessantotto”. E pensare che quel famoso giornalista non era affatto uno di sinistra. Quell’esortazione non ha avuto alcun effetto. Negli ultimi anni in Italia, nonostante la condizione giovanile sia peggiore rispetto a quelle dei giovani delle generazioni precedenti, non sono nati movimenti di contestazione. Quando si parla dei giovani d’oggi, dai 16 ai 30 anni ed oltre, si usano degli strani termini per indicare la loro condizione: neet (not engaged in education, employment or training) per indicare i giovani che hanno rinunciato allo studio e al lavoro e nerd per indicare il giovane attratto dalle nuove tecnologie informatiche e socialmente isolato. Su Left del 24 ottobre Roberta Carlini, che di recente ha pubblicato per i titoli della Laterza il libro “Come siamo cambiati. Gli Italiani e la crisi”, mette a confronto la generazione che è entrata nei trent’anni nel pieno della grande recessione e quella che vi è arrivata negli anni Novanta del secolo scorso avvalendosi dei dati raccolti a tal proposito dall’economista Giuseppe Ragusa. Chi ha compiuto 27 anni nel 2012, ha calcolato Ragusa, ha guadagnato mediamente il 26% in meno rispetto ad un ventisettenne del 1993. Il suoi coetanei erano occupati nel 57,7% dei casi contro il 62% del 1993, sebbene fossero mediamente più istruiti. E’ aumentata del 17% la quota di giovani che vive con i genitori. Nel 1993 il ventisettenne doveva sborsare doveva sborsare 7 volte il suo reddito annuo per poter acquistare una casa, nel 2012 doveva moltiplicare il suo reddito annuo per 12. La loro condizione è drammatica perché sono consapevoli che non avranno la possibilità di ottenere quello che hanno ottenuto i loro genitori. Accade per la prima volta nella storia: una generazione attende rassegnata di vivere nei prossimi anni in condizioni peggiori di quelle dei loro genitori. Ci sono stati negli anni passati dei movimenti, come Occupy Wall Street negli Usa (nella foto), gli Indignados in Spagna e le Primavere Arabe, le ondate di protesta che hanno travolto regimi corrotti come quello di Ben Alì in Tunisia. Hanno avuto vita breve, ma comunque ci sono stati questi movimenti di contestazione prevalentemente giovanile. In Italia non è accaduto nulla di tutto questo.
Silvano Privitera
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