Un anno di medicina senza test d’ingresso, il sogno di tutti gli aspiranti dottori a pochi chilometri da casa. Nessuna “migrazione” all’estero, la delusione per non essere riusciti a superare lo sbarramento italiano si può facilmente cancellare, basta chiedere un sacrificio ai genitori, 17.980 euro per un anno a Città di Castello, in provincia di Perugia. Qui dal 23 novembre è sbarcata la sede distaccata della Medical University of Sofia, l’ateneo bulgaro da anni punto di riferimento per tutti gli studenti italiani respinti, grazie alla partnership con Cepu.
E proprio l’istituto di assistenza nel percorso di studi e per gli esami, in grave crisi economica con passivi di milioni di euro, da anni si fa tramite per garantire un ingresso nel mondo accademico anche ai ragazzi che non riescono a farcela in Italia. Le iscrizioni per la nuova sede, iniziate in sordina per non dare troppa pubblicità alla novità che rischia di stravolgere il sistema italiano di formazione dei futuri medici, si sono chiuse in meno di due settimane e il numero dei previsti settanta frequentanti è stato ampiamente raggiunto. Tanto da indurre Cepu a varare, di concerto con la Medical University di Sofia, altre due sedi, sempre in Italia, a Novedrate, vicino Milano già oggi punto di riferimento per il campus di Chiasso, e a Roma, con uffici all’Eur e nella periferia della città. Con i posti per l’anno accademico 2016/2017 tutti occupati.
Subito bisturi in mano, lezioni di teoria ridotte all’osso, la pratica a farla da padrone, l’emozione di vestire un camicie e di simulare operazioni e incisioni dopo appena tre mesi seguendo precise indicazioni in inglese. Non solo sui manichini ma direttamente sui cadaveri messi a disposizione per l’utilizzo universitario. Un approccio diametralmente opposto a quello insegnato nelle università italiane, fondato su un robusto apprendimento sui libri da trasferire poi negli interventi quotidiani , tanto da non mettere mai piede in corsia se non dopo una solida preparazione.
Corsi tra i più ambiti dagli studenti stranieri (oltre 1.600 universitari provengono da altri paesi dell’Unione europea, nella stragrande maggioranza italiani), disposti anche a trasferirsi per un biennio a Sofia pur di riuscire a perseguire il sogno di una professione nell’ambito sanitario, che ora potranno frequentare in Italia.
Il costo, “all inclusive” di 17.980 euro comprende tutto, dall’assistenza nella ricerca dell’appartamento, «meglio se insieme ad altri studenti», suggeriscono da Cepu, alle tasse universitarie. E significa un risparmio netto di diecimila euro rispetto a un primo anno a Sofia e una grande comodità, in Italia con lezioni dal lunedì al venerdì e la prospettiva, concreta e avallata dalle ultime sentenze, di accedere al secondo anno nelle facoltà di Medicina delle università italiane con il riconoscimento degli esami. Cancellando per sempre il timore della “tagliola” dei test d’ingresso.
E la semplice garanzia di accedere agli atenei pubblici nazionali basta ad accendere gli entusiasmi. Per farlo sarà necessario attendere la fine del primo anno, quindi fare richiesta nelle sedi con posti disponibili e rigare dritto. Collezionare 40 crediti, circa cinque esami di media difficoltà, e mantenere una media voto di 28. Condizioni ampiamente alla portata dei ragazzi che sognano di diventare medici. Una novità che rischia di scatenare la dura contrapposizione delle università, come già accaduto a settembre a Enna per la sede distaccata dell’università romena “Dunarea de Jos” di Galati. All’annuncio erano seguiti l’alt del ministro, le diffide a proseguire, le ispezioni e il sequestro dei locali del policlinico Umberto I da parte della Procura di Enna pochi giorni fa.
Un timore che non sembra sfiorare Cepu, decisa a proseguire nel progetto di introdurre anche in Italia la sede distaccata della Medical University of Sofia. Che i ragazzi hanno già preso d’assalto al ritmo di diciottomila euro ciascuno, per evitare i test d’ingresso e vivere il sogno di diventare medico.
Riccardo Porcù per Il Secolo XIX