Sicilia. Tutta in salita la strada degli affidamenti in house del servizio di gestione integrata dei rifiuti
di Massimo Greco
In attesa che l’anno nuovo ci consegni dei Sindaci che si assumano le responsabilità che il rispettivo mandato richiede con particolare riferimento all’esigenza/emergenza di dotare il sistema di gestione del servizio di raccolta rifiuti in Sicilia dei prescritti strumenti di governance e che il legislatore siciliano ripristini il principio di unicità degli ambiti territoriali ottimali violato da una nefasta normativa del 2013 che abilita i Comuni a frammentare il servizio integrato attraverso i cosiddetti ambiti di raccolta ottimale (ARO), vogliamo qui evidenziare il rischioso tentativo di alcune nuove società d’ambito (SRR) di gestire in housing il servizio attraverso delle società pubbliche appositamente istituite.
L’azione del legislatore nazionale, sulla spinta delle direttive e della giurisprudenza Comunitaria, è infatti da tempo orientata nel senso di accrescere la concorrenza nel settore. Da ultimo, l’intento è stato ribadito dall’art. 19 della legge delega n. 124/2015, dedicato, appunto, al riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di interesse economico generale che, richiamando i principi della tutela e della promozione della concorrenza, ha invitato il legislatore delegato a definire i criteri per l’attribuzione di diritti speciali o esclusivi, ove non sussistano i presupposti della concorrenza e del mercato. Peraltro, il legislatore ha intensificato le misure intese a limitare gli affidamenti diretti (tra queste, si rammenta il rafforzamento dei contenuti della relazione sulla sussistenza dei requisiti per la forma di affidamento prescelta, oltre all’obbligo di accantonamento pro quota di una somma pari all’impegno finanziario corrispondente al capitale proprio e a quello di redigere il bilancio consolidato con l’affidatario, in caso di affidamento in house.
L’inopportunità di alcune scelte siffatte deriva altresì dai vincoli assunzionali previsti per il reclutamento delle risorse umane nelle società pubbliche. Ammesso che l’ente di governo delle nuove società d’ambito riesca a giustificare (rectius, motivare) la scelta di un affidamento in house in luogo di una gara aperta al mercato concorrenziale, bisognerebbe interrogarsi su due aspetti tra loro strettamente connessi.
Il primo è quello relativo alle risorse umane. La società di regolamentazione (SRR) non potendo gestire direttamente il servizio è costretto a mantenere il solo personale necessario all’esercizio delle funzioni regolatorie e di vigilanza del servizio. Potrà il personale operativo, ereditato dalle liquidate società d’ambito, transitare direttamente nelle istituite società in house derogando alle procedure ad evidenza pubblica ormai estese anche alle società pubbliche? Dubitiamo che lo strumento alternativo del comando possa risolvere un problema che merita una risposta strutturale ed ordinaria e non certo emergenziale. Così come dubitiamo che il personale della liquidata società d’ambito possa essere trasferito, sic et simpliciter, alla nuova società di regolamentazione rifiuti, atteso che la normativa regionale del 2010 presenta una vistosa contraddizione. Da una parte viene separata nettamente la società di regolamentazione dei rifiuti dall’ente gestore del servizio, dall’altra si cerca di salvaguardare il personale che era in carico nella vecchia società d’ambito oggi liquidata. Delle due l’una, se la nuova società d’ambito ha solo una funzione regolatoria del servizio, il relativo personale non può contemplare anche profili professionali operativi e quindi tra i requisiti previsti dalla medesima normativa regionale andrebbe previsto anche questo. Se invece il personale abilitato al transito verso la nuova SRR è tutto, compreso quello operativo, vuol dire che la nuova società d’ambito potrà fare anche gestione diretta del servizio.
L’altro aspetto è quello relativo all’assenza di management, cioè di capacità operativa e gestionale in capo ad una società pubblica che, nascendo ex novo, altro non è che un contenitore vuoto. Come può l’ente di governo motivare adeguatamente l’affidamento in house del servizio verso una società sprovvista di risorse umane, di professionalità e di capacità tecnica-operativa? Al riguardo il Consiglio di Stato ha recentemente affermato che “la necessaria strumentalità dell’ente affidatario diretto presuppone evidentemente la sua capacità di svolgere le funzioni attribuitegli in via delegata dall’autorità vigilante, la quale dal canto suo non può prescindere da tale doverosa verifica preventiva, al fine di evitare che l’attribuzione di compiti di interesse pubblico rimanga una mera enunciazione formale, per la cui concreta attuazione occorre comunque stimolare l’offerta privata”. In sostanza, la capacità gestionale ed operativa dimostrata dalla propria partecipata concorre ad individuare quel controllo analogo che giustifica la deroga all’affidamento del servizio mediante gara aperta al mercato concorrenziale.