La fine delle Province come antipasto alla morte della Sicilia
Il capriccio istituzionale n. 1 è quello di avere un’Assemblea Regionale Siciliana che legifera in assenza di un vero ufficio di controllo di qualità della produzione legislativa. Ma non poteva essere altrimenti! Ogni Assemblea elettiva ha quello che si merita: e noi siciliani meritiamo sicuramente un alto livello di mediocrità istituzionale e rappresentativa quale quello che attualmente abbiamo davanti a noi.
Non dobbiamo neanche dimenticare che persa l’occasione storica di una riforma strutturale in grado di ridisegnare completamente la geografia territoriale siciliana nel senso di dare a questa terra originalità, efficienza, reale produttività e capacità di valorizzare le proprie risorse territoriali che senza un progetto degno di tal nome costituiscono solo una inutile rendita di posizione, non ci resta altro ad affidarci a bizantinismi interpretativi istituzionali nei quali, sicuramente, primeggiamo non richiedendo questi ultimi alcuno sforzo di innovazione e prefigurazione di futuri diversi.
Ma non potevamo aspettarci niente di nuovo da una classe politica che è stata forgiata dal puro ed anacronistico localismo utile solo a mantenere posizioni di potere autoreferenziale. E se altrove, al di la del faro, le Regioni riorganizzano i territori accorpando e fondendo comuni senza che si sentano le levate dei campanili, reclami di identità, ricorsi a presunti primati storico-geografici, solo per sterili ripicche politiche, truccate di origini storiche da noi continua a dominare la migliore ammuina. Siamo sempre alle solite: la povertà progettuale di una classe politico-amministrativa regionale può camuffarsi solo nel dannoso ed inutile rivendicazionismo esistenziale. Tanto i siciliani sono abituati alle sconfitte storiche ed a girare le spalle a coloro i quali richiedono un impegno reale nella direzione del cambiamento. Certo non poteva essere diversamente poiché ancora oggi fedeli alle parole del Gattopardo quando ricorda al piemontese che le peggiore colpa dei siciliani è “il fare”.
La riforma delle Province che poteva essere l’occasione di determinare un più forte accorpamento territoriale, il solo in grado di sconfiggere l’inefficiente polverizzazione amministrativa nella direzione di nuove aggregazioni che dovevano non solo ridisegnare oramai asfittici e desertificati territori provinciali ma anche avere una nuova capacità aggregativi di tutte quelle piccole e dispendiose realtà comunali prive adesso di qualsiasi senso dell’esistenza se non quello di continuare a mantenere inutili elitès locali ignoranti ed arroganti, è stata, invece, un’altra occasione perduta per questa Sicilia e, soprattutto, per il futuro delle giovani generazioni che hanno di fronte solamente una non regione e una non classe dirigente.
Se nella legge di riforma vi era contenuto un seppur debole tentativo di riallineamento funzionale della Sicilia al resto d’Italia, lo stesso oggi è di fatto depotenziato dalla circostanza che ci si trova di fronte ad una Sicilia che, come dicono autorevoli esponenti del mondo economico, è tecnicamente fallita.
Ed ecco allora il vero nodo del problema: invece di soffermarsi, come sempre accade in queste occasioni ed in questa Sicilia ed in questa Provincia (spesso disegnata come genius loci di alta cultura giuridica quando, al contrario, è il luogo fertile di grovigli – usiamo un eufemismo – giuridici ed amministrativi) alla causa del male enumeriamo solamente la conseguenza. E’ vero che soldi non ve ne sono più – e senza soldi non si cantano messe andando in barba al giubileo bergogliano della misericordia, ma è altrettanto vero e scandaloso non dirlo che di fronte alle necessità finanziarie di un importante livello istituzionale la Regione e quei 90 sbandati che vi siedono si apprestano a votare una legge vergogna che distribuisce soldi pubblici e mance a destra ed a manca con la precipua caratteristica che i beneficiari sono solamente tutti quegli enti privati gelosi delle loro prerogative ma ipocriti nell’accettare i grossi e il più delle volte immeritati regali di una cattiva politica. Succede solo in Sicilia ad esempio che enti pubblici erogano i loro servizi in favore di istituzioni private. Succede solo in Sicilia che 90 sbandati continuano a mantenersi il privilegio tutto siciliano di un vitalizio reversibile che altre regioni hanno abolito da tempo. Anche per loro l’Assemblea Regionale Siciliana è un concreto ammortizzatore sociale.
Di questo passo assistiamo adesso al fallimento delle Province ma presto assisteremo al generale crollo della Sicilia ed allora saranno veramente brutti tempi per tutti anche per i contorsionismi ed i contorsionisti giuridici.
Giuseppe C. Vitale – Urbanista