Sulla sorte delle ex Province c’è chi è più speciale degli altri
di Massimo Greco
Abbiamo più volte cercato di far comprendere alla classe politica regionale che il problema della crisi finanziaria delle ex Province regionali non deriva dal mancato recepimento delle disposizioni contenute nella legge statale di riforma dell’ente intermedio (Delrio) ma dalla contrazione progressiva dei trasferimenti statali. Abbiamo pure evidenziato che il legislatore siciliano poteva anche permettersi, nell’esercizio della propria autonomia legislativa in materia di ordinamento locale, di mantenere l’ente intermedio (cambiandone solo la denominazione in liberi Consorzi comunali) a condizione, però, di provvedere autonomamente al suo mantenimento finanziario. Non ci siamo riusciti, e puntualmente i rappresentanti del Governo regionale, come se nulla fosse, si recano a Roma col cappello in mano nel tentativo di chiedere una deroga alla partecipazione finanziaria della Regione Sicilia al contributo “ad esaurimento” richiesto a tutte le regioni d’Italia per finanziare le funzioni amministrative delle sopprimende Province. In sostanza, ARS e Governo Crocetta pensano di essere più speciali delle altre Regioni a Statuto speciale che, al contrario, si stanno muovendo nella medesima direzione della legge statale e in armonia con la previsione della riforma costituzionale in corso di espungere dall’ordinamento l’ente intermedio quale ente territoriale di governo necessario. Nei giorni scorsi il Senato ha infatti approvato la modifica allo Statuto del Friuii Venezia Giulia attraverso la quale vengono soppresse le Province e trasferite le relative funzioni amministrative ai Comuni e alla Regione. In detta novella previsione dello Statuto viene altresì affermato che l’ordinamento degli enti locali della Regione si basa solo sui Comuni, anche nella forma di Città metropolitane.
Ammesso che ve ne fosse bisogno, è questa la chiave di volta per analizzare ciò che sta accadendo in Sicilia, in cui l’ordinamento degli enti locali continua a basarsi sui Comuni e sui liberi Consorzi Comunali. Da tale previsione statutaria (art. 15) emerge nettamente il pasticcio istituzionale, visto che per un verso l’ente intermedio costituito dai liberi Consorzi comunali viene mantenuto, e addirittura potenziato con la recente riforma, mentre le tre Città metropolitane di Catania, Messina e Palermo non trovano adeguata copertura statutaria perché non previste.
In tale contesto, in cui trovano spazio di considerazione istituzionale anche le otto sottofamiglie in cui viene suddivisa la famiglia dei bovidi, è veramente difficile sperare nel buon esito della vicenda.