giovedì , Ottobre 10 2024

La pietas e il ludibrio

Recupero-relitto-marina militareLa Pietas era per i romani una divinità, un giusto uomo doveva aver pietas verso gli altri e, obbligatoriamente verso i genitori e la religione, penso ad Enea eroe primigenio della romanità ed alla sua pietas verso il vecchio padre.
Il cristianesimo fece sua e ampliò la pietà portandola a cardine dell’atteggiamento di compassione verso il prossimo e dedicando parte di questa necessaria attitudine del buon cristiano anche al sentimento verso i defunti, cari e meno cari. Per tutti noi, figli culturali del monoteismo mediterraneo, il defunto è comunque e sempre una “bon’arma”.
Questa premessa per dire che viene persino difficile scrivere di cose che vanno apparentemente contro questo fortissimo sentimento.
Arrivo però al dunque, in questi giorni abbiamo visto la nostra Marina Militare indaffarata nell’operazione fantascientifica di recupero del peschereccio della morte, adagiato sul fondo del Mediterraneo ad oltre 400 metri di profondità, circondato da ben 196 corpi di naufraghi e, quasi certamente, ripieno sino all’inverosimile dei resti di almeno altre 200 persone, forse anche 400.
A tutta prima l’operazione suscita condivisione e consenso verso questo gesto appunto pietoso che l’Italia sta porgendo a chi, spinto da motivi magari diversi ma sempre pesantissimi, lasciò la sua terra per tentare tra stupri, rapine, angherie, deserto e mare aperto, la fortuna sulle coste italiane.
Penso però a quello che effettivamente si sta facendo. Il relitto è stato a 400 metri di profondità per lunghi mesi, quei corpi sono stati sottoposti alla enorme pressione dell’acqua (circa 39 volte più forte che al livello del mare), quindi letteralmente schiacciati dal peso. Inoltre, le salme saranno state preda di organismi detritivori abbondanti in mare e capaci di arrecare danni inenarrabili ai corpi stessi.
La nave, recuperata con un complicatissimo sistema, è stata ghiacciata da azoto liquido e verrà portata in una apposita struttura refrigerata, nella rada di Augusta al molo NATO, per poter consentire ad una squadra di centinaia di Vigili del Fuoco e medici legali, di affrontare la massa dei corpi per isolare le singole salme, prelevare da queste il DNA, enumerarne ogni eventuale segno distintivo (tatuaggi, gioielli, ponti dentali etc, per poter riconoscere gli stessi e poi destinare i corpi alla sepoltura nei diversi cimiteri siciliani.
Che pietas.
Si sa già che gli addetti andranno incontro ad un trauma il cui impatto è praticamente impossibile da prevedere, è già pronta una equipe di psicologi per assistere quotidianamente le donne e gli uomini che si cimenteranno in questa orrenda avventura.
Ora dico, ma nessuna pietas per queste donne e questi uomini, e poi, nessuno ha pensato che trasformare il dramma lancinante in un percorso che, fatemelo dire, mascherato da umana pietas è un gigantesco baraccone mediatico, sia un’altra ulteriore morte?
Devono riconoscere i corpi, di chi? Di gente scappata da guerre, da paesi in cui non di rado non esiste l’anagrafe? Da famiglie esplose, da luoghi in cui la stragrande maggioranza degli adolescenti ha almeno un genitore morto per gli effetti dell’HIV?
A proposito, tutti gli addetti dovranno passare ogni giorno, a fine turno, da un percorso di decontaminazione con contatto con agenti sterilizzanti (che bene non fanno) per evitare che i batteri, le muffe, i funghi, i virus di questa amorfa massa di morte porta con se irrimediabilmente, li attacchino e sfuggano al cordone sanitario.
Fatemelo dire, si, fatemi fare la voce fuori dal coro, meglio la tomba in mare, meglio la sepoltura silente e dignitosa dei marinai, quella che prevede, proprio per non pensar più alla caduca corporeità, che persino alla tumulazione nessuno guardi il feretro inabissarsi nelle acque.
La gente di mare lo sa, il mare accoglie e si trasforma in tomba, e l’uomo non può sovvertire questa legge.
Bene, anzi male, parlo poi di costi, ad oggi almeno 10 milioni di Euro, a questi mettete il costo non contabilizzabile dell’aver distolto le unità della Marina, della Guardia Costiera, dei Vigili del Fuoco dai loro ben più importanti compiti istituzionali (per esempio spegnere gli incendi che uccidono i vivi), il costo delle tumulazioni in cimiteri per lo più senza loculi, il costo di chi, sottoposto al trauma di navigare tra i morti resterà segnato a vita da quel che l’uomo non vorrebbe mai vedere.
Se solo quei dieci milioni si spendessero nei paesi di origine dei migranti, nella lotta vera diretta ed efficace agli scafisti, nella realizzazione delle opere vere di risposta a quella che si profila come la vera piaga del ventunesimo secolo… invece no, l’orrorifico circo!

Giuseppe Maria Amato

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