Il modo in cui viene affrontato l’orrore del femminicidio, in Italia, da istituzioni e associazioni, è, ancora una volta, un modo difensivo e colpevolmente cauto. Che non sembra tenere in adeguato conto l’enormità del fenomeno, la sua efferatezza, la sua novità, quasi epocale, di moderna barbarie.
In esso, infatti, prevalgono:
– le analisi (pseudo) sociologiche e psicologiche sulle cause che lo determinano;
– la rilevanza descrittiva e di cronaca centrata più sulle donne che ne sono vittime, che non sui loro aguzzini;
– l’enfasi posta più sulle misure di dissuasione/ rieducazione/ convincimento, che non su quelle di prevenzione/ repressione/ attuazione delle leggi/ autodifesa delle donne/ controllo del territorio ad opera dello Stato e delle forze sociali sane.
Le frasi pronunciate dalla Presidente della Camera, Boldrini, nel giugno 2016, appaiono, a mio avviso, pur nel loro sincero e lodevole intento, sintomatiche di questa “strategia”; soprattutto nell’invito, fatto agli uomini “violenti”: “rassegnatevi, perché le donne non rinunceranno mai ad usufruire dei loro diritti di libertà”.
Ora, tale invito, (già di per sé e in quanto tale, improprio, rispetto alla ferocia dei fatti), è connotato dal ricorso a elementi di dignità, compostezza, e maturità emotiva che sono assolutamente estranei al sentire e all’agire di tali abbietti individui.
Si rassegnano i deboli, gli onesti, i vinti, i falliti, coloro che, senza colpa, subiscono ingiustizie da altri (e non reagiscono, talvolta, per non turbare equilibri delicati)… Non è dei criminali la rassegnazione, ma dei giusti. Essa ha una valenza che evoca sentimenti nobili e socialmente adattivi (pur nella rinuncia, e, talvolta, proprio in virtù di essa); sentimenti di misericordia, gratuità, e redenzione.
Quale possibilità di redenzione vogliamo dare a coloro che massacrano, avvelenano, bruciano, sfregiano, stuprano le donne?
Quella che, dopo qualche anno, gli consentirà di reiterare il crimine? O quella di un (impossibile) “dialogo” con le loro vittime e con le componenti sane della società?
Appare molo più adeguata la necessità che la società difenda sé stessa e – soprattutto – le donne e i bambini da tale ferocia criminale. E che lo faccia utilizzando tutti i mezzi che ha a disposizione. Nel rispetto delle leggi e dei valori che le sono propri, certo; ma anche nella loro immediata attuazione, cogenza, intransigenza. E, se necessario, adeguamento e inasprimento, rispetto alle situazioni concrete e di volta in volta configurantisi.
Troppo spesso dimentichiamo, infatti che la vita di donne, uomini e bambini vale di gran lunga di più del rispetto di valori, ideali, princìpi (siano pur essi fondanti di una civiltà, come quella occidentale). Questi ultimi possono essere modulati, adattati, ampliati, e, se talvolta violati, ricostituiti. Non così la vita umana.
Giovanni Rotolo