Q- Borghese. PANE AMORE E TERREMOTI

PANE AMORE E TERREMOTI
(QUALCHE VOLTA CE LA CERCHIAMO)

 

Era il 10/1/2015 e abbiamo pubblicato un articolo irriverente e “non allineato” sulla tragedia del Charlie Hebdo, dal titolo satirico: “Oui, je suis Catherine Deneuve”, che faceva il verso all’imperante “Je suis Charlie”, con cui tutti ma proprio tutti si indignavano, la sinistra invocava la libertà di satira e la destra la pena di morte.
A distanza di un anno e mezzo, la rivista satirica francese non colpisce più la religione ma i morti italiani e ci indigniamo contro di loro. Italiani mafia e maccheroni anche nel momento della tragedia.
Questa vicenda merita qualche riflessione, ma non sulle vignette quanto sulla nostra pelle.
Intanto la prima vignetta, quella con le pasta e le lasagne. Sono d’accordo, è intollerabile: mancano la pizza e il mandolino e questo è un’offesa gravissima al nostro “brand”. La seconda, invece, ce la siamo proprio cercata, e non tanto con le proteste unanimi e giuste (una cosa può essere buona o cattiva, bella o brutta e questa vignetta è certamente bruttissima) ma con la ordinaria gestione delle tragedie che ormai facciamo sul campo e sui media qui in Italia.
Il terremoto è terremoto e basta. Ci sono le cose da fare subito per salvare le persone e aiutarle nell’immediato, ci sono quelle da fare immediatamente dopo per mostrarci un paese civile che sa affrontare il post-emergenza, e ci sono le cose da fare dopo ancora, a regime, quelle che avremmo già dovuto fare, per evitare che queste cose avvengano in futuro sempre allo stesso modo.
Ma queste sono cose che non riguardano gli scrittori, i filosofi o gli opinionisti: queste cose riguardano la politica, i ministeri , gli ingegneri, i tecnici, i mastri muratori, etc.
Ci riguardano semmai quando ci accorgiamo che tutti costoro non imparano mai nulla: una volta è il Belice o l’Irpinia o l’Aquila, oggi Amatrice, centri antichi spesso messi male per conto proprio ed è normale che le case fatte di pietre l’una sull’altra vengano giù; altre volte è l’Emilia e sono i capannoni moderni fatti senza accorgimenti sismici a cadere, un’altra volta ancora sono le montagne del messinese a scendere a valle.
Ma quando le cose si ripetono ad intervalli regolari e scopriamo che siamo sempre allo stesso punto, allora è proprio un problema politico, di politica delle priorità, perché prima di tutto ci interessa il risparmio energetico (giusto), la sicurezza degli impianti (sacrosanto), l’accessibilità dei luoghi pubblici (ottimo), e ce ne stiamo con le mani in mano per la sicurezza degli edifici e la stabilità dei paesi e delle montagne.

Fermo restando quanto abbiamo appena scritto passiamo alla seconda vignetta che è parente della prima: le case non le ha fatte Charlie Hebdo ma la mafia. Qui ce la siamo meritata tutta, perché è il nostro “sistema” che permette, addirittura induce a pensare e dire queste cose all’estero.
Immediatamente dopo una tragedia come questa scattano le inchieste. Quasi quasi assieme a Vigili del fuoco e soccorritori arriva la magistratura ad aprire inchieste, a sequestrare macerie, a cercare colpevoli, delinquenti, e i media a ruota con i titoloni. E se non bastasse arriva pure la nuova inquisizione, quell’Anticorruzione che è diventata più potente pure della stessa magistratura, paragonabile solo all’oracolo di Delfi, perché tutti si rivolgono al superuomo (magistrato anche lui, ma oggi molto ma molto più potente) per conoscere la Verità, pure se una sindaca, magari un po’ inadeguata – diciamolo, deve nominare questo o quel direttore generale, come è successo a Roma. Ma questa è un’altra storia.
Perciò da noi e per il mondo intero i crolli del terremoto non sono l’effetto di sventura, di geologia, di scelte generali politiche e tecniche, non sono l’effetto di una incapacità di programmare il futuro (risorse permettendo) e dunque degni comunque di rispetto per le vittime, ma sono prima di tutto il frutto del malaffare, della delinquenza, della corruzione e dunque colpa nostra.
In due o tre casi (case, ho detto “casi”, non case, vabbè lasciamo perdere), sarà pure vero ed è giusto che la magistratura faccia il suo lavoro. Oramai interviene su tutto, anche ‘ncapu u scrusciu do carrettu, ma per favore lo faccia con discrezione davanti a tragedie in cui certamente che una scuola o un municipio cadano è un fatto grave, ma è più grave se l’obbligo dell’adeguamento non c’era, e qui il povero sindaco non c’entra, ma soprattutto lo faccia lontano da giornali, televisione e internet, almeno fino a quando i morti non sono stati sepolti e i vivi non sono stati accuditi!
Perché altrimenti passa in secondo piano la tragedia e diventa importante Charlie Ebdo.

 

Q – G.L. Borghese


Q è la quindicesima lettera dell’alfabeto italiano e la diciassettesima di quello latino ed è l’unica lettera che nella nostra lingua non si può leggere da sola, se non accompagnata dalla “u”.
In questa ottica Q è una lettera “singolare”, nel senso di particolare, unica, e “plurale” nel senso che non può stare da sola.
Q è pure il titolo di un romanzo scritto da quattro autori sotto lo pseudonimo multiplo di Luther Blisset, e che si definiscono “nucleo di destabilizzatori del senso comune”.
Q è dunque “plurale” anche in un senso più ampio. Lascerà di volta in volta a voi lettori informatici il compito di completare ed interpretare, secondo la vostra libera scelta o inclinazione politica, le provocazioni che vi verranno proposte dall’autore, un ennese che da lontano ma puntualmente segue, attraverso internet, gli eventi che travagliano questa terra.
Q è “plurale” anche in un senso più ampio.

Check Also

Q-Borghese. UNA SCELTA D’AMORE. I primi cento giorni del Dipietro bis

Q – Enna. UNA SCELTA D’AMORE. I primi cento giorni del Dipietro bis Niente di …