Feste, sagre, eventi, mercatini in provincia di Enna
Gennaio
15 / 17 gennaio Troina – Festa di Sant’Antonio Abate a Troina – Tradizionale appuntamento con la festa dei “pagghiara” nell’ambito dei festeggiamenti liturgici invernali di Sant’Antonio Abate.
A Troina Sant’Antonio Abate viene festeggiato con due feste durante l’anno, la festa liturgica si svolge il 17 gennaio. La sera della vigilia della festa, il giorno 16, si accendono i pagghiara, dando vita a grandi e festosi fuochi. I “Pagghiara” sono enormi falò che vengono eretti in tutti i quartieri del paese e dove si allestiscono tavolate con molte leccornie tipiche del paese che vengono offerte alle persone che visitano i falò. Ad organizzare questo tradizionale evento la Confraternita di Sant’Antonio. Già da diversi giorni prima, soprattutto i più giovani, nei vari quartieri, raccolgono grossi cumuli di legna e altro materiale, che poi verrà bruciato nella giornata che precede la festa.
La seconda festa dedicata al santo, con solenne processione del fercolo e della Reliquia di Sant’Antonio Abate, si svolge nella seconda settimana di luglio con la partecipazione di molte Confraternite di Sant’Antonio Abate di altri paesi limitrofi.
SOLENNE TRIDUO – SOLLENITA’ LITURGICA DI SANT’ANTONIO ABATE
16 gennaio – La tradizione dei “PAGGHIARA”
ore 17.00 Spari di mortaretti e rullo di tamburi.
Ore 18.00 Solenne Celebrazione eucaristica nella chiesa di S. Caterina.
ore 19.00 accensione del “Pagghiaro” davanti alla chiesa di Santa Caterina
ore 19.30 Offerta dei biscotti, a seguire il giro per tutti i “Pagghiara” allestiti in onore di Sant’Antonio Abate nei vari quartieri di Troina.
19 / 20 gennaio – Cerami Festa di San Sebastiano Cerami, è ricco di festività religiose, quasi tutte concentrate nel periodo estivo, da maggio a settembre. Fanno eccezione le ricorrenze di calendario di Sant’Antonio Abate, San Sebastiano e San Biagio (in quanto la processione con l’uscita del simulacro viene fatta coincidere con il periodo estivo), per le quali in coincidenza delle relative festività del 17 gennaio, 20 gennaio e 3 febbraio rispettivamente, si esibisce il cosiddetto “Circu” che rappresenta un trofeo votivo di alloro, addobbato con ciambelle di pane ed arance.
Il Circu decorato di alloro, sorretto alle due estremità con due funi viene innalzato ed abbasstato per essere afferrato dai ragazzini che ne prendono le arance ed il pane, mentre dall’alto del campanile della cheisa vengono tirati fazzoletti pieni di caramelle, che i più vivaci spettatori afferrano al volo.
Feste estive
La grande festa estiva dedicata a Sant’Antonio si svolge l’ultima domenica di luglio, mente quella di San Sebastiano il 27 e 28 agosto, con la ” ‘Ntrata o lauru” (l’entrata dell’alloro), le tipiche bannere, alti e pesanti ex voto costruiti con rami d’alloro portati dai devoti sulla testa, e la processione della reliquia del santo.
Febbraio
Carnevale di Regalbuto – La manifestazione che i regalbutesi inscenano da oltre 130 anni esplode negli ultimi tre giorni antecedenti il mercoledì delle Ceneri e rallegra con musiche, danze e maschere.
Marzo
08 / 19 marzo – Festa di San Giuseppe a Leonforte – L’Artara di San Giuseppe a Leonforte è una tradizione lunga 400 anni. Le Tavolate sparse in tutto il territorio comunale vengono invase da tanti viaggiatori che giungono nella città della Granfonte per una delle feste più sentite dalla comunità
L’Artara di San Giuseppe a Leonforte è una tradizione lunga 400 anni. Le Tavolate sparse in tutto il territorio comunale vengono invase da tanti viaggiatori che giungono nella città della Granfonte per una delle feste più sentite dalla comunità.
Numerosi gli altari che a partire dal pomeriggio del 18 marzo vengono visitati da tantissime persone che giungeranno a Leonforte per trascorrere una serata all’insegna della devozione ma anche per gustare vini, cardi, sfingi, finocchi, “pupidduzzi” (il noto pane benedetto) ed altri prodotti tipici offerti e distribuiti gratuitamente dagli organizzatori.
Per tutta la notte fino alle prime luci dell’alba, una moltitudine di gruppi festosi si riversa per le antiche strade di Leonforte impegnata a “girari l’Artara”. Un lungo peregrinare alla ricerca degli altari segnalati, un tempo con una semplice scatola di scarpe foderata e illuminata su cui si leggega W S.G. (Viva San Giuseppe), oggi magari sostituita da una stella punteggiata di numerose luci.
Gli altari o tavolate sono realizzate da chi ha “fatto voto” e consistono in una grande tavola imbandita oltre che di pane lavorato in particolarissime foggie (le “cuddure”) anche dei più disparati alimenti, primizie, bevande, dolciumi. Il pane è sicuramente l’elemento fondamentale dell’altare, ed agli inizi doveva di certo rappresentare la ragion d’essere dell’altare stesso per il significato atavico che vi si attribuiva di “Grazia di Dio”.
Questi enormi pani che troneggiano sulle tavolate, vengono confezionati con squisita arte dalle massaie del vicinato e rappresentano vere e proprie sculture riproducenti santi o istoriati con fregi e motivi vegetali. La preparazione dell’altare, appunto, richiede l’apporto e lo sforzo dell’intero vicinato (S. Giuseppi voli traficu: S. Giuseppe esige un estenuante lavoro) oltre che per la lavorazione del pane, anche per la preparazione delle varie frittate di cardi e finocchi, di sfingi, fave, ceci bolliti, non tutta roba che andrà a finire sull’altare, bensì distribuita alle centinaia di visitatori durante la lunga veglia del 18 marzo. L’altare viene concluso dal “cielo”, ovvero da un drappeggio di veli da sposa disposti ad arte come un baldacchino, e da una immagine del Santo posta, tra i veli, proprio di fronte.
La lunga notte della girata dill’Artari
Quando Leonforte è letteralmente invasa da una moltitudine di visitatori provenienti da ogni parte della Sicilia. Per ogni parte si avverte il tramestio di persone e di gruppi che si incontrano, si aggregano, si separano. Si assiste ad una coloratissima, variegata umanità che, magari accalcandosi per guadagnare l’accesso ad anguste casette del centro storico, raggiunge faticosamente la stanzetta dove è allestito l’altare.
Lì ci si vedrà coinvolti nella particolarissima coreografia che accoglie i visitatori. I padroni di casa ed i vicini che hanno lavorato saranno in parte sobriamente seduti lungo il muro a fare da cornice all’altare, assiepati nel breve spazio che resta nella stanza; altri si noteranno affaccendati a distribuire pietanze tipiche.
Si potrà anche assistere alla recita delle raziuneddi: preghiere dialettali che narrano la vita di Gesù, di solito dette da intraprendenti ragazzini che così si guadagneranno i pupiddi da portare al collo tenuti insieme da uno spago fatto passare attraverso il foro centrale del pane, fregiandosi di questa insolita collana col medesimo orgoglio con cui un Generale sfoggia le sue mostrine.
A mezzogiorno del giorno 19, si giunge alla cerimonia conclusiva con la partecipazione dei santi ai quali verrà distribuito quanto imbandito sull’altare. Questi, all’inizio della tradizione, erano reclutati tra le famiglie più indigenti, quando la povertà endemica molto diffusa dava luogo a situazioni desolate di vera fame. Ciò consentiva, ai poveri di ricevere quanto permettesse loro di che sostentarsi per qualche settimana; e all’artefice dell’altare di assolvere al voto fatto. Ad ogni santo, con precisi rituali, viene distribuito un corredo di vivande consistente in un porzione o piatto di ogni cosa, non prima però che il padrone di casa, con un rito che vagamente ricorda quello dell’ultima cena, abbia provveduto loro alla lavanda ed al bacio dei piedi.
18 / 19 marzo – Festa di San Giuseppe a Catenanuova – Festa che gode di una forte devozione popolare. Tradizionali “Nuveri i San Giuseppi”, novene cantate in dialetto siciliano, le quali si concludono con la processione del Simulacro del Santo.
Tradizionali “nuveri i San Giuseppi”, novene cantate in dialetto siciliano. Istituita dai fondatori della Città (Catenanuova nacque intorno al 1733 circa), i Principi Riggio-Statella di Aci Catena, appunto perchè molto devoti alla Sacra Famiglia, tanto da intitolare l’unica Chiesa, da loro edificata, al Patriarca San Giuseppe.
Era il 18 marzo 1738 quando veniva consacrata e aperta al culto la Parrocchia, e quando nasce la prima congregazione (oggi comitato) di San Giuseppe, tanto che il convisitatore del vescovo di Catania (oggi appartiene alla Diocesi di Nicosia), il vicario generale Mons. Ferdinando Sapuppo, concedeva al primo parroco Don Pietro Caristo di erigere un congregazione di uomini che curassero la festa in onore del Santo la quale doveva svolgersi nella giornata del 19 marzo con 9 giorni di preparazione, con le cosiddette novene “i nuveri i San Giuseppi” le quali si concludono, con la processione del Simulacro del Santo, la quale già quel 19 marzo 1738 si celebrava.
Il Santo realizzato in legno intorno al 1738 da ignoto autore e custodito gelosamente per la sua bellezza all’interno dell’omonima parrocchia, allora veniva portato in processione su di un fercolo ligneo pesantissimo “a vara ranni”, un baldacchino sostenuto da sei colonne corinzie, portato a spalla dai devoti; detto fercolo, svanito nel nulla intorno agli anni ’60, è stato dunque sostituito dall’attuale a quattro colonne, tirato a corde perchè su di una macchina. In molti ricordano che quando il fercolo antico portato a spalla giungeva in corso Vittorio Emanuele, coloro che lo portavano iniziavano a correre fino ad arrivare davanti alla Chiesa Maria SS. Immacolata, quasi a creare un incontro tra il Santo e la Vergine Maria.
Quella di San Giuseppe, è una delle feste che gode di forte devozione popolare. Le cosiddette novene, iniziano nove giorni prima della festa del Santo, e si caratterizzano per i brani cantati in dialetto siciliano “coroncina e sette dolori ed allegrezze”, le quali in poche righe ci parlano della magnificenza di questo Santo; si dice che siano state introdotte a Catenanuova dal Parroco Don Giovanni Di Benedetto (1934?1946) un grande predicatore, che li portò dalla Calabria dove si recava spesso a predicare, una tempo le novene del Patriarca si celebravano alle prime luci dell’alba intorno alle ore 05:00, e nonostante l’ora mattutina la Chiesa era stracolma di fedeli. Oggi invece si celebrano nel secondo pomeriggio, ma anche adesso sono molto partecipate.
Da qualche anno, nel giorno della vigilia, è stata ripristinata la tradizione della tavolata pubblica allestita nella piazza antistante alla Chiesa Madre. Nel giorno della festa, invece, nel primo pomeriggio tra grida di tripudio, la commozione dei fedeli, e lo sparo dei mortaretti, il simulacro viene issato sulla vara, e portato in processione per quasi tutte le vie della Città.
19 marzo – Festa di San Giuseppe a Centuripe – Funzioni religiose con distribuzione di pane benedetto e tradizionali “Tavolate” collocate per le vie del paese.
La novena in preparazione alla festa dal 10 al 18 marzo segna l’inizio dell’incamminamento alla solennità attraverso la parola di Dio che ogni sera attraverso la santa messa viene proclamata.. Allestimento delle tavolate tradizionali collocate per le vie del paese. Ogni anno la Confraternita del Patriarca “San Giuseppe” organizza i festeggiamenti in onore del Santo, la festa ha inzio la mattina con le funzioni religiose a cui segue la distribuzione di pane benedetto.
La celebrazione di questa antica festa, le cui origini risalgono ufficialmente al 1777, gode della partecipazione dell’intera comunità centuripina che così gioisce per i festeggiamenti, manifestando sempre più vivo compiacimento e piena partecipazione sia alla solennità religiosa sia alla Novena in preparazione di tale evento. Il giorno di festa si celebra la solennità liturgica in onore del santo. La festa esterna, invece, in programma nel pomeriggio con la suggestiva processione che si snoda per le principali seguendo il famoso percorso “Giro dei Santi”, nel cuore dell’antico abitato di Centuripe. Immancabile a conclusione dei festeggiamenti il tradizione spettacolo pirotecnico che illumina il paesaggio centuripino
Tavolata di San Giuseppe
E’ tradizione che chi chiede a San Giuseppe la grazia, promette di fare una tavolata con 19 (giorno della festa di San Giuseppe) “verginelle”, cioè ragazzi e ragazze che offrono il loro digiuno per la famiglia che li ospita. A mezzogiorno il prete dopo la preghiera benedice la tavola e subito dopo, solo le “Verginelle”, consumano il “Pranzo”, la pasta che rimane viene divisa con i vicini di casa. Si usa, inoltre, fare una seconda tavolata con parenti amici e vicini di casa, che a loro volta hanno aiutato la padrona di casa a preparare il pranzo, chiunque può visitare la tavolata ed assaggiare le pietanze.
Pranzo di San Giuseppe: Pasta con i Ceci Riso con la ricotta Finocchietto selvatico bollito Pezzetti di ricotta fritta Baccalà fritto Frittelle di carde Polpettine di patate fritte Carciofi tagliati a metà e fritti Broccoletti ( spicuna ) di San Giuseppe bolliti Dolci: “bastoncini di San Giuseppe” – “ Sfinci Ammilati” – “ravioli di ricotta”.
Festa di San Giuseppe a Valguarnera Caropepe – Fede, folklore e tradizioni fanno della festa di San Giuseppe a Valguarnera Caropepe, una delle più belle ed affascinanti feste di Sicilia
L’intera comunità Valguarnerese, nel mese di marzo, festeggia il Patriarca San Giuseppe. La Festa viene preceduta da un Novenario, le cui meditazioni vengono guidate dal Parroco che invita i fedeli a riflettere sulla figura di San Giuseppe, uomo giusto, protettore della famiglia e dispensatore di grazie. Si prega e si implora il Patriarca per le famiglie, il popolo, i Benefattori, gli emigrati e gli ammalati.
LE TAVOLATE
Le Tavole di San Giuseppe a Valguarnera Caropepe per la loro peculiarità sono uniche in Sicilia, vengono allestite la vigilia della festa, dai devoti, in ringraziamento al Santo per una grazia ricevuta. La sua preparazione si protrae per circa 10, 15 giorni e per questo richiede la collaborazione di parenti ed amici che si prodigheranno per la preparazione di tutte le pietanze che la imbandiranno. La Tavola viene fatta in legno e ha una forma di scala di 4 – 5 gradini lunghi circa 3 – 4 metri ed un grande tavolo alla base, il tutto ricoperto con tovaglie di lino finissimo e ricamate.
Le pietanze che vi sono poste sono strettamente legate alla tradizione culinaria della festa di San Giuseppe e sono la pasta con il miele, la pagnuccata (pignolata con il miele) i cannoli con la ricotta e la crema, le sfinge, le cassatele, il torrone, le mandorle confetti, le fritture delle diverse verdure come i finocchietti, spinaci, mozzatura, broccoli con sopra una spolverata di mollica. Oltre a queste tradizionali pietanze nel tempo si sono aggiunti svariati tipi di dolci e pietanze più o meno elaborate che arricchiscono la tavolata.
Il protagonista assoluto è il pane che viene preparato dai panificatori locali con farina di grano duro che dopo essere stato lavorato a mano e modellato nelle diverse forme che simboleggiano gli attrezzi del falegname come la sega il martello la scala, ed altre forme come l’ostensorio, gli angeli adoranti l’uva l’asinello, viene poi rifinito con una spennellata di uovo e una pioggia di “paparina” (semi di papavero) e messo in forno. Altre forme di pane di dimensioni minori rispetto a quelle che vengono sistemate sulla tavola sono i Pupidd r San Giusepp questi vengono distribuiti sia nelle Tavolate dei devoti che in chiesa dove viene allestita la Tavolata principale. Tra ogni forma di pane e in mezzo ai piatti ad ornare saranno le arance, la lattuga, il sedano e i finocchi.
Il rito de “l’azena” (cena) si svolge la mattina della festa quando intorno alle 9.00 dopo che le tre persone che rappresentano la Sacra Famiglia avranno partecipato alla Santa Messa, si recheranno nelle abitazioni dove sono state invitate a rappresentare i Santi. Il rito della “Cena”, nasce dal fatto che San Giuseppe e Maria da poveri si videro rifiutare un rifugio per il parto, ma anche quando furono costretti a fuggire in Egitto e a vivere clandestinamente, ed ecco quindi che i devoti in segno di carità cristiana vogliono dare simbolicamente accoglienza e ristoro, alla Sacra Famiglia. Si inizia con la preghiera recitata da San Giuseppe che invita Gesù bambino ad unire le tre dita simboleggianti la Santissima Trinità ed insieme ripeteranno questa antica preghiera in dialetto locale per tre volte
B’n’ritta la zena
B’n’ritta Maddalena
B’n’rìtt tutt quant
U patr, u figghj e u spir’t sant…
An quant, an quant
c’è l’àngiul sant
U patr, u figghj e u spir’t sant
Benedetta la Cena
Benedetta Maddalena
Benedetti tutti quanti
Il padre il Figlio e lo Spirito Santo…
Di tanto in tanto
c’è l’Angelo Santo
il Padre il Figlio e lo Spirito Santo
Dopo aver recitato questa preghiera San Giuseppe sbuccerà una arancia e ne distribuirà dei pezzi a Gesù bambino e alla Madonna accompagnati da pezzi di pane benedetto per poi continuare con le altre pietanze. Alla fine della “cena” la tavolata sarà aperta a quanti vorranno degustare le pietanze tipiche della festa e svuoteranno i gradini della Tavolata tranne l’ultimo che viene riservato alle pietanze che verranno date ai Santi. Secondo un’antica tradizione la vigilia della festa in tutte le tavole viene posta una ciotola con l’acqua e una saliera, dove l’indomani mattina verrà trovata l’impronta delle dita di San Giuseppe che nella notte e passato a benedirla.
I M’BRACULI
Sono l’offerta di ceri o di grano che i devoti fanno a San Giuseppe in ringraziamento per una grazia ricevuta I ceri arricchiti da fiori di carta colorata vengono portati spesso anche a piedi scalzi. Il grano viene portato dentro a sacchi (bisacce) posti sul dorso di cavalli bardati a festa e accompagnati dalla banda musicale che puntualmente giunti all’inizio della salita che conduce alla chiesa di San Giuseppe eseguirà la tradizionale ed allegra marcia del Chichirichi colonna sonora della festa. Queste manifestazioni di devozione accompagnate dalla banda musicale, sono il modo di condividere la gioia di una grazia ricevuta con tutti i concittadini che durante tutta la giornata sosteranno nella salita che conduce alla chiesa in attesa dei “m’braculi”.
LA SACRA FAMIGLIA
Il giorno della festa alle ore 10.00 dalla sacrestia della Chiesa, si snoda il corteo della Sacra famiglia. Ansia, tensione, gioia, raccomandazione dei famigliari, accompagnano questi ultimi momenti prima del corteo. San Giuseppe è impersonato da un adulto con folta barba bianca ed indossa una tunica azzurra ed un mantello marrone, in mano porta il bastone con in cima il Giglio, simbolo di purezza. La Madonna viene scelta tra le ragazze più graziose del paese, vestita elegantemente con un abito bordeaux, un mantello ricamato e in testa una corona d’argento che viene sorretta dal padre, ha in mano una coroncina e il libretto delle preghiere. Gesù Bambino, indossa una tunichetta celeste ed ha intesta una aureola.
Questi tre personaggi, seguiti dalla banda musicale, dai parenti e da un folto numero di fedeli, dopo aver percorso le vie del paese rientrano in chiesa per assistere alla messa solenne. Alla fine della celebrazione eucaristica, la Sacra Famiglia si reca nella sacrestia della chiesa dove è stata allestita la tavola. Un tempo questa tavola veniva preparata in casa di Don Vito Boscarini che agli inizi dell’800 assunse l’impegno di solennizzare la festa. Egli regalò al santo nel 1811 un bastone d’argento. Fu la famiglia Prato, famiglia benestante e proprietaria terriera a continuare questa tradizione per molti anni che allestiva la tavola nel palazzo che si affaccia su Piazza Garibaldi, da dove la Sacra famiglia, dopo la cena partiva per andare nella Chiesa San Giuseppe ed assistere alla messa solenne.
LA PROCESSIONE DI SAN GIUSEPPE
La sera dopo la messa ha inizio la processione del Santo che viene portato sul fercolo per le vie principali del paese. Il fercolo, fatto costruire nel 1827 da Don Vito Boscarino e restaurato nel 1922, è un vero capolavoro d’arte. Presenta una cupola con rilievi d’orati e intarsiata di stelle e altri disegni particolari di ottima fattura, non si conosce l’autore, ma doveva essere un grande artigiano. Alla processione partecipano le confraternite delle varie chiese, vestiti con abiti particolari con i colori delle confraternite, le autorità civili e i fedeli scalzi con le torce votive in mano.
Aprile
La Casazza di Nicosia
Le Casazze sono processioni figurate, con personaggi in costume divisi in gruppi simboleggianti episodi dell’Antico e del Nuovo Testamento, fra le varie Casazze in Sicilia, quella di Nicosia era probabilmente la più grandiosa.
La Casazza di Nicosia è una rappresentazione sacra itinerante che, alla fine del 1800, rese celebre Nicosia in tutta la Sicilia. Le Casazze sono rappresentazioni itineranti figurate, con personaggi in costume d’epoca divisi in gruppi simboleggianti episodi dell’Antico e del Nuovo Testamento. Ebbero origine a Genova intorno al 1260. In Sicilia si diffuse nel Cinquecento grazie alle strette relazioni commerciali tra Genova e Palermo. Fra le varie Casazze, quella di Nicosia, era probabilmente la più grandiosa; alla fine dell’ottocento.
La Casazza di Nicosia, era composta da 35 scene del Vecchio e del Nuovo Testamento, veniva rappresentata il giovedì santo e durava circa 12 ore con la partecipazione di oltre 3000 figuranti. La Casazza fu descritta dettagliatamente nei dialoghi e nelle scene, come in una vera e propria sceneggiatura, dal Protonotaro Apostolico della chiesa di San Nicolò don Santo De Luca che ne fornì una dettagliata descrizione, ripresa ai giorni nostri nel libro curato da Giovanni D’Urso e Salvatore Lo Pinzino: “La Casazza di Nicosia”.
Far rivivere questa antica manifestazione per le strade di Nicosia, dopo circa 165 anni, è un sogno che è diventato realtà, un evento che già dalla prima riedizione del 2016, vede coinvolto il mondo associativo nicosiano e “TUTTI GLI UOMINI DI BUONA VOLONTÀ”, legati con amore alla propria cittadina e all’immenso patrimonio culturale, materiale ed immateriale, presente sul territorio.
Sagra Arancia rossa di Sicilia IGP a Centuripe– Enogastronomia, degustazioni, paesaggi, tradizione, storia.
Tre giorni di degustazioni e spettacoli che consentiranno di valorizzare uno dei prodotti di eccellenza del nostro territorio. Anche quest’anno, si svolgeranno nello splendido Comune di Centuripe i festeggiamenti della Sagra dell’arancia rossa di Centuripe, dedicata alle dolcissime arance locali, frutto coltivato da anni in grande quantità in queste fertili zone ai piedi dell’Etna. In dialetto locale chiamate “taruocco”, queste arance sono un prodotto tipico della Sicilia conosciute per la loro dolcezza e bontà.
Centuripe, uno dei “Comuni più belli d’Italia” è un glorioso centro siculo, che nell’occasione si trasformerà in un grande teatro grazie alle varie iniziative e spettacoli che animeranno i pomeriggi e le serate allietando i numerosi turisti e le persone del posto. La Sagra delle arance coinvolgerà artisti ed associazioni del territorio al fine di promuovere non solo la tradizione popolare e la cultura “siciliana”, ma anche le sue peculiarità turistiche.
Il programma della manifestazione prevede eventi di carattere culturale, spettacoli musicali e folcloristici, vendita delle arance e di altri prodotti a km zero, degustazioni gratuite di delicatezze alle arance, nonché percorsi enogastronomici.
La cittadina di Centuripe, in provincia di Enna è pittorescamente arroccata su un sistema montuoso disposto a stella ad un’altitudine di 733 m.sl.m. da cui si spazia a 360 gradi con la visione di una serie di panorami mozzafiato ed una splendida visione del versante occidentale dell’Etna. Tra i beni monumentali il Tempio degli Augustali (I-II secolo) che si affacciava, sopraelevato, su una via colonnata e due tombe monumentali a torre, la Dogana, di cui è visibile solo il piano elevato e il castello di Corradino. A nord-ovest del paese, in contrada Bagni, una strada lastricata conduce ai resti di un Ninfeo, sospeso sul vallone del torrente sottostante, di cui rimane una parete in mattoni con cinque nicchie, resti di una vasca di raccolta delle acque e parti dell’acquedotto.
Festa di Maria SS. di Piazza Vecchia a Piazza Armerina – Ultima domenica di aprile e 3 maggio
Tra le tradizioni popolari religiose e turistiche la Città di Piazza Armerina (EN) annovera la Festa del 3 Maggio o di Maria SS. di Piazza Vecchia, in onore della patrona Madonna delle Vittorie.
La festa si svolge il 3 maggio, giorno del ritrovamento del Vessillo papale (l’icona bizantina). Processione, spettacoli folkloristici e “albero della cuccagna”. Tale ricorrenza religiosa, particolarmente sentita dai cittadini piazzesi, ha origini antichissime: fra storia e leggenda si narra che nei pressi dell’odierno Santuario di Piazza Vecchia, intorno al 1348, fu ritrovata l’effige della Madonna delle Vittorie, Patrona della città di Piazza Armerina e della Diocesi alla quale si attribuì il miracolo della cessazione della pestilenza che stava colpendo la popolazione. Come tradizione l’ultima domenica di aprile la Sacra Immagine di Maria SS. di Piazza Vecchia viene portata in processione dal Santuario di Piazza Vecchia fino alla Chiesa degli Angeli Custodi, nel quartiere storico del Monte per essere venerata da tutti i fedeli e poi riportata indietro giorno 3 maggio, giorno di festa popolare.
La Madonna, un’icona dipinta da pittore piazzese Giuseppe Paladino ad immagine di quell’altra icona bizantina di Maria SS. delle Vittorie, vessillo normanno dei campi di battaglia che è custodita nella Cattedrale, resta un intero anno nell’eremo di Piazza Vecchia a ricordo, come si sa, di quella leggendaria storia che la volle ritrovata miracolosamente dal canonico Candilia (che abitava in un piccolo eremo della contrada omonima al piano Cannata).
Annualmente il 15 agosto, solennità dell’Assunzione di Maria Santissima al Cielo (Dormizione), Piazza Armerina festeggia solennemente la sua amata Patrona, la Madonna delle Vittorie. La festa viene preceduta dal famoso Palio dei Normanni, che si svolge il 14 agosto, mentre il 15 sera si svolge la solenne processione per le vie del paese con la sacra Icona della Madonna.
Maggio
Festa di San Filippo Apostolo ad Aidone1 maggio
Pellegrinaggio e Festa di San Filippo Apostolo ad Aidone (EN). La tradizione di San Filippo apostolo, santo venerato il primo maggio da fedeli che provengono da una cinquantina di paesi dell’Isola, risale in un periodo alquanto remoto. Il primo maggio di ogni anno la statua di San Filippo apostolo viene portata in processione per tutte le vie del paese. Il reliquario d’argento e la statua sono custoditi nell’apposita Cappella di San Filippo, all’interno della Chiesa di Santa Maria Lo Plano (La Cava), sede del Santuario dedicato a San Filippo, con tre chiavi, una delle quali la tiene il Procuratore e le altre due i maestri di detta Chiesa.
Quando esce dalla chiesa, la statua viene portata girata di spalle, per evitare che lasci il paese in direzione di Piazza Armerina: ciò a causa di un’antica contesa con tale paese e della tradizione secondo la quale il santo concederebbe più facilmente miracoli ai forestieri. I fedeli, provenienti da tutta la provincia di Enna e oltre, effettuano lunghi pellegrinaggi a piedi per chiedere grazia o ringraziare di grazie ricevute e, secondo l’usanza si presentano davanti alla statua con un cero acceso. Si narra che l’apostolo scacci con il suo bastone chi richieda insistentemente una grazia senza fede. Osservando con attenzione la restaurata statua si nota che il volto di San Filippo è molto simile a quello raffigurato in una moneta d’argento di Morgantina risalente al periodo 213-211 a.c. nella quale c’è Zeus.
I particolari interessanti di questa statua sono il bastone d’argento con la croce greca ed una rosa nella mano destra, mentre nella sinistra tiene il Vangelo con stampigliata una rosa, la veste dorata con un pettorale, il mantello azzurro con i quadrifogli a croce greca, una spilla grossa sul mantello ,il drappo rosso nella veste e l’aureola d’argento forse del “700. Certamente i colori azzurro, rosso, nero e verde ed argento sono da sempre i colori dello temma della città di Aidone, che è uno dei più antichi di Sicilia; ma sicuramente i vari committenti hanno voluto sempre che al collo di San Filippo una collana d’argento con una croce quale simbolo della fedeltà di questo apostolo di Betsaida al suo maestro e Signore Gesù Cristo.
U Signuruzzu du Lacu a Pergusa -Prima domenica di maggio
Festeggiamenti in onore del Signuruzzu la prima domenica di maggio a Pegusa. Nel pomeriggio la tradizionale processione benedizione delle acque del lago. La festa prevede attività ricreative, come i tradizionali giochi popolari, quali la minigimkana e le rotture delle pignatte e il Memorial, e eventi collaterali. Il programma religioso della festa prevede il pellegrinaggio del Crocifisso per i quartieri di Pergusa con la celebrazione della messa.
Il Villaggio Pergusa, altrimenti noto semplicemente come Pergusa, è la più importante tra le frazioni di Enna, se si esclude Enna Bassa. La località occupò un posto di rispetto nella letteratura classica, grazie ai versi che scrissero su di essa e sul suo lago poeti, oratori e scrittori tra cui si citano Ovidio, Cicerone e Claudiano.
Settimana Federiciana a Enna
Il sogno di una città medievale rivive a Enna, umbilicus Siciliae e cuore palpitante del Mediterraneo, durante la Settimana europea federiciana dal 5 all’11 maggio 2025, manifestazione che riporta il capoluogo più alto d’Italia indietro nel tempo, al 1.200, nei gloriosi anni del governo dell’imperatore Federico II che scelse Enna come sua dimora estiva.
La Settimana Federiciana celebra la figura di Federico II di Svevia, attraverso convegni, letture, giochi e mercati medievali, tornei di tiri con l’arco, esibizioni artistiche ed il grande corteo storico. La manifestazione, che si ripete ogni anno ad Enna nei luoghi storici dove dimorò il grande Imperatore Federico II di Svevia, vi porterà alla scoperta dei quartieri storici e dei siti monumentali di Enna, una festa con tanti eventi, incontri, occasioni di scambio culturale, feste e giochi. I quartieri di Enna saranno animati con eventi giornalieri e serali, permettendo così al visitatore di assistere a rievocazioni storiche, giochi e degustazione di antichi sapori.
Da non perdere: il Torneo degli Arcieri, il Palio dei Quartieri, i giochi medievali a squadre, la rievocazione storica “L’arrivo di Federico II a Castrogiovanni”, la sfilata della corte e dei cavalieri per le vie del quartiere, le degustazioni di antichi sapori, le visite guidate e gli spettacoli musicali.
Festa di San Filippo D’Agira – 11 / 12 maggio
Il popolo agirino, in sintonia con l’autore di una vita di San Filippo, l’Arcivescovo di Alessandria, Atanasio, ama collocare il taumaturgo siriaco Filippo, rappresentante della chiesa di Gesù Cristo, nel I secolo, quando si ritiene sia giunto ad Agira. Esiste, però, un’altra agiografia del santo, ad opera del monaco Eusebio, che colloca la vita di Filippo nel V secolo, al tempo dell’imperatore Arcadio, anche se presenta, per il resto, elementi comuni a quella di Atanasio. Filippo nasce in Tracia da anziani genitori, che avevano perso tutti i figli a causa di una disgrazia, annunciato in sogno alla madre da Dio. Ordinato diacono a 21 anni, parte alla volta di Roma, ove, appena giunto, viene convocato dal Pontefice. Il Papa lo ordina sacerdote e lo invia in Sicilia con la missione di evangelizzare Agira.
Raggiunta la città, insieme al suo compagno Eusebio, si sistema in un antro ove per tre giorni compie miracolose guarigioni. Sale, quindi, sulla sommità del monte ed impartisce una benedizione che fa precipitare tutti i diavoli che lì si erano rifugiati. Si prodiga poi per le persone bisognose, poveri, malati, emarginati. Presto si diffonde la sua fama di taumaturgo ed operatore di miracoli. La guarigione di una fanciulla indeminiata dà a Filippo nuovo prestigio e riconoscimenti e gli consente di indurre gli agirini a porre fine ai riti demoniaci. Innumerevoli sono i miracoli che compie il Santo: la resurrezione del fanciullo Giovanni; le guarigioni di Atanasio, di una donna partoriente, di una donna emorroissa, di Leonzio; la riparazione dei torti subiti dai dodici uomini di Agrigento e da uno dei tre uomini della Lidia; la nascita ed il miracolo di Filippo di Palermo. San Filippo muore a 63 anni dopo aver indicato a Belisario la forma della chiesa che a lui dovrà essere dedicata ed aver composto la commemorazione funebre da recitarsi in suo ricordo.
Il culto del santo, detto anche “San Fulippuzzu u niuru”, “San Fulippuzzu Trippuzzedda” o “San Fulippu u ranni”, sostituì da allora quello di Ercole: la sua figura fu incisa nello stemma cittadino al posto di quella del mitico eroe; il rito precristiano di offrire i ciuffi di capelli dei fanciulli ad Ercole, fu continuato in onore del santo. Nel XVI secolo, lo storico Tommaso Fazello visitò Agira e scrisse che in un solo giorno aveva assistito a centinaia di miracoli di San Filippo. In nome del santo, scrive Fazello, venivano cacciati i demoni dal corpo degli ammalati. Nel 1576, quando una terribile epidemia di peste colpì l’intera Sicilia, ad Agira si verificarono solo casi isolati e non mortali ed il merito fu dato al santo protettore. Il Santo fu seppellito nella grotta su cui a quel tempo sorgevano i resti di un tempio pagano, presso il quale Filippo si recava a celebrare i sacramenti.
Nel 1599 furono trovati i resti di San Filippo nella cateva sotto la chiesa dell’Abbazia, esattamente nel luogo indicato dalla tradizione. Nel IV secolo, infatti, la chiesa era stata Monastero di San Filippo, sorto proprio sulla grotta indicata dal santo. Questi resti furono, in seguito, custoditi in una cassa d’argento detta appunto delle SS. Reliquie, costata 1500 scudi di Spagna. Nel 1643 alcuni forestieri tentarono di rubare le reliquie di San Filippo, ma, allorché il sagrestano, svegliato dai rumori, suonò a ripetizione le campane della chiesa, giunsero cinquemila cittadini armati. L’11 Gennaio del 1693, giorno in cui la Sicilia intera tremò a causa del peggiore dei terremoti, Agira subì soltanto il crollo del mastio del Castello; non vi furono vittime né danni gravi. In questa data, oltre a maggio ed agosto, viene ancora festeggiato San Filippo.
Festa di Maggio
Su questa festa hanno scritto il Fazello, il Brandi e il Rubilotta, che raccontano dei miracoli avvenuti durante le processioni. Anche il Pitrè nell’opra “Feste patronali in Sicilia” insiste sulla potenza taumaturgica di San Filippo. In passato il fercolo, “a vara”, veniva portato in processione dai più devoti fedeli, tra i quali i “mastri”, che avevano il compito di indicare il percorso e di dare il ritmo alla processione, facendo uso dei “cianciana”, grossi anelli di ferro. Oggi la festa ha un tono solenne, ma meno sfarzoso e pittoresco del passato, anche se il popolo continua a parteciparvi con grande intensità. Le celebrazioni liturgiche della vigilia non si svolgono più la mattina, ma la sera ed hanno il loro fulcro nella celebrazione eucaristica. Dopo la messa, si snoda la processione con l’urna contenente le reliquie del Santo, che giunge dinanzi alla chiesa di S. Antonio per ritornare subito nell’abbazia di S. Filippo. Il 12 maggio, nelle ore antimeridiane, vengono celebrate diverse messe a cui partecipano numerosi fedeli, alcuni dei quali sciolgono i voti al Santo. Nel pomeriggio si svolge la processione con il “braccio di San Filippo”, che parte dalla chiesa del SS. Salvatore al calar del sole (a cuddata ‘o suli) e si conclude alla chiesa dell’Abbazia. Alla processione prendono parte il clero, le autorità cittadine, le rimanenti confraternite e la folla dei devoti, a piedi scalzi e recante grandi ceri votivi. Alla fine della processione i fedeli si riuniscono nell’abbazia di San Filippo, ove baciano la reliquia benedetta. La festa religiosa è sempre accompagnata da pittoreschi ed imponenti giochi pirotecnici.
11 Gennaio
In questo giorno il popolo di Agira ogni anno si raduna nell’abbazia di San Filippo per celebrare una solenne eucarestia come ringraziamento a Dio per la protezione accordata al paese per intercessione del Santo in due occasioni particolari. La prima è quella del terribile terremoto del 1693, che distrusse molta parte della Sicilia orientale e che registrò la più forte e distruttiva scossa tellurica proprio la sera dell’11 gennaio, ma che risparmiò Agira. Il ringraziamento si svolge con un triduo eucaristico, che si conclude con il canto del “Te Deum” ed il bacio alla reliquia. La seconda è quella della protezione ad una famiglia di Agira alla quale il Santo evitò la morte. Il ringraziamento degli agirini al Santo per questo particolare gesto taumaturgico si celebra a partire dal 1826.
Festino di San Silvestro a Troina – 15 maggio / 02 giugno
Festa di San Silvestro a Troina (EN) e Sagra della “Vastedda cu Sammucu” prodotto tipico troinese, il nome deriva dal francese antico “gastel”, con riscontri anche nel normanno “guastel” e “wastel”. La ricetta, risalente al XV-XVI secolo, è stata tramandata oralmente, da madre in figlia, fino ai giorni nostri.
Poche e frammentarie le notizie che si conoscono su San Silvestro monaco vissuto a Troina tra la fine del secolo XI e l’inizio del XII. In suo onore, tra maggio e giugno, si svolge il Festino di San Silvestro, un ciclo di feste molto suggestive – Rami, Ddarata e Kubbaita – più la consueta Uscita della Vara. La tradizione del Festino è molto sentita dalla gente troinese che vi riversa il suo profondo sentimento religioso: sono momenti in cui ci si riappropria dei valori più genuini della propria terra, riscoprendo le radici e riconfermando quella suggestione che evoca speranza e contribuisce a realizzare una sorta di liberazione dalle angosce e dai problemi quotidiani.
Pellegrinaggio a piedi il giovedì precedente la penultima domenica di maggio.
Festa dei Rami penultima domenica di maggio
Nella notte del giovedì che precede la penultima domenica di maggio, numerosi devoti, i Ramara, si radunano nella chiesa del Santo da dove ha inizio un toccante pellegrinaggio che a piedi li porterà fino alle lontane foreste nel cuore dei Nebrodi; qui, secondo il voto tradizionale, toccheranno e raccoglieranno le fronde dell’alloro. Alle prime luci dell’alba, dopo ore di faticoso cammino, i ramara giungono in una vasta radura, dove accendono i fuochi e preparano i bivacchi.
I pellegrini, dopo essersi ristorati e aver consumato prodotti genuini e caserecci accompagnati da buon vino, si dividono in due gruppi, alcuni rimangono al campo base, mentre altri si allontanano per andare a toccare l’alloro. Dopo alcune ore di cammino, giungono all’Anghira di Faccilonga (in territorio del Comune di San Fratello) quasi un Santuario naturale dove cresce l’alloro. Un alone soprannaturale e di letizia sembra incantare quel luogo, la voce della natura parla ai pellegrini. Tutto intorno è mistico: come ai tempi dei vecchi anacoreti si respira un profumo di delicati sentimenti e di santità.
Da tanti secoli i troinesi hanno trovato all’ombra selvaggia di questo sacro bosco un legame indissolubile con il mistero; si sentono figli di una stessa stirpe e fratelli tra fratelli. In questo luogo giungono ogni anno recando in cuore con devozione una preghiera di ringraziamento, un’implorazione di aiuto, il poter ritrovare la pace dello spirito e rinnovare il coraggio per continuare sulla via del bene e della virtù, chiedere grazie materiali e spirituali, per intercessione dell’umile concittadino San Silvestro. I ramara con l’ausilio di corde si calano giù per il pendio per raccogliere qualche ramoscello di alloro; un canto di ringraziamento spezza l’arcano silenzio del bosco.
Domenica mattina alte aste di legno adorne di alloro e ricche di addobbi: fiori, bambole, festoni colorati, immagini sacre e altro, vengono portate in offerta al Santo in una suggestiva sfilata per le vie di Troina, tra il ritmo dei tamburi e l’invocazione “viva Diu e San Suvviestu e lu Patriarca San Giusieppi e lu Santissimu Sacramientu”.
La Ddarata venerdì prima dell’ultima domenica di maggio
Nella notte del venerdì numerosi devoti a cavallo, i Ddarara, si radunano nella chiesa di San Silvestro. Da qui partirà un altro lungo cammino, la Ddarata. È un altro pellegrinaggio votivo altrettanto caratteristico: questa volta protagonisti sono cavalli e muli sfarzosamente bardati e carichi d’alloro. Lungo il tragitto di ritorno, che conduce al ponte di Faidda, i devoti che non hanno potuto partecipare al pellegrinaggio offrendo vino e biscotti danno ai ddarara la bon vinuta e sciolgono il loro voto.
Suggestiva è anche la Kubbaita, un corteo storico in costume. Tale termine di origine araba – qubbiat significa mandorlato – si usa in Sicilia per indicare il torrone. A Troina, invece, tale termine è passato per estensione ad indicare la Cavalcata storica. Un nutrito gruppo di cavalieri vestiti con costumi spagnoleggianti, preceduto da tamburini e trombettieri sempre in costume, apre il corteo; seguono i veri protagonisti della sfilata: sono tre cavalieri che cavalcano cavalli scelti e bardati con ricchi finimenti. I tre personaggi vestono un identico costume in stile cinquecentesco alla spagnola, e si differenziano tra loro per la colorazione dell’abito: uno è rosso-granato, uno blu e uno verde.
Ogni cavaliere porta sulla spalla sinistra una piccola bisaccia piena di confetti, torroni e dolciumi. Un valletto che accompagna il cavaliere ed un palafreniere che regge le briglie del cavallo portano, dentro bisacce di seta, le provviste di riserva. Il singolare corteo, dopo aver percorso le principali vie di Troina, giunge in Piazza Conte Ruggero. In questa singolare cornice del centro storico, tra gli applausi e le grida gioiose della grande folla in attesa, avviene la caratteristica distribuzione della kubbaita. La particolare manifestazione per i costumi e le modalità di svolgimento si considera legata alla venuta e al soggiorno a Troina dell’imperatore Carlo V nel 1535.
L’Uscita della Vara il sabato precedente la prima domenica di giugno
Non meno ricca di fascino è l’Uscita della Vara. Il sabato pomeriggio che precede la prima domenica di giugno il simulacro del Santo, raffigurato nell’atteggiamento liturgico benedicente della tradizione greca, viene condotto in processione dalla Chiesa Madre alla chiesa a lui dedicata in una pesante e sfarzosa Vara settecentesca rivestita elegantemente in lamine d’argento. Il lunedì successivo si concludono i festeggiamenti con il ritorno della Vara alla Chiesa Madre.
Eventi collaterali al Festino sono la Fiera di San Silvestro e la Sagra della Vastedda cu Sammucu (una focaccia aromatizzata con fiori sambuco).
Il 9 settembre, nella mattinata, il simulacro del patrono San Silvestro monaco basiliano viene portato in processione sulla Vara fino alla Chiesa di Sant’Agostino dalla quale, quindici giorni dopo, in processione verrà ricondotto alla Chiesa Madre.
I festeggiamenti si ripetono il 2 gennaio (giorno in cui è morto San Basilio Magno, fondatore dell’ordine basiliano) e sono prevalentemente folkloristici, come il lancio di noccioline dal campanile della basilica, denominata A’ bbiata di nuciddi, come momento propiziatorio per tutto l’anno, vogliono mantenere vivo nella memoria il ritrovamento del corpo del Santo e le elargizioni fatte dai padri brasiliani al popolo.
Pellegrinaggio dei Ramara in onore di San Silvestro presso la Chiesa San Silvestro – Benedizione dei pellegrini in partenza per i boschi
Festa dei Rami – Sfilata cittadina di Pellegrini – dal giovedì alla domenica penultima di maggio
Ddarata, pellegrinaggio votivo a cavallo – ultimo fine settimana di maggio
Ritorno dei pellegrini e incontro con la città al ponte di Faidda
Bonvegna e Bontruvata, tavolata di ringraziamento e processione
Processione della Vara di San Silvestro, discesa della Vara il sabato precedente la prima domenica di giugno, risalita della Vara il lunedì successivo.
Kubbaita corteo storico in costume
Sagra della “Vastedda cu sammucu” il 14 e 15 giugno 2025. Chi soggiorna a Troina può avere il piacere di gustare dei piatti unici nel loro genere, caratteristici di una cucina legata ancora ad ambienti agro-pastorali, propri delle zone montane; tra questi primeggiano alcuni piatti rustici, come la “vastedda cu sammucu”, denominata anche “vastedda ‘nfigghiulata”, e gli “’nfasciatieddi”.
La voce “vastedda”, con le varianti “vastella” e “guastella”, assume in Sicilia il significato di focaccia o scacciata, derivando dal francese antico “gastel”, ma la si riscontra pure nel normanno “guastel” e “wastel”. Quanto all’aggettivo “’nfigghiulata”, viene definita una focaccia farcita in abbondanza con tocchetti di salame e tuma. Pertanto, per le origini francesi del termine, tale focaccia può essere ricondotta al periodo medievale, ipotesi supportata anche dalla tipologia degli ingredienti impiegati, ottenuti dalla lavorazione della carne di maiale, quali salame, strutto e pancetta, quando quest’animale era tenuto in grande considerazione ed allevato prevalentemente allo stato brado, cibandosi di ghiande.
La “vastedda cu sammucu”, prodotta a Troina, può essere assaporata e gustata a partire dalla tarda primavera, in occasione della fioritura del sambuco (Sambucus nigra), un alberello delle caprifoliacee, che cresce spontaneo nei luoghi freschi o viene coltivato nei terreni fertili, i cui fiori bianchi e molto profumati sono impiegati, appunto, per aromatizzare ed insaporire questa tipica focaccia, elemento da non trascurare per la riuscita del piatto. Il prodotto in questione è di esclusiva produzione della cucina troinese, al punto che gli abitanti dei paesi vicini pur conoscendola, non riescono quasi mai a cimentarsi nella sua preparazione. Visitando la sagra, che si tiene annualmente nel mese di giugno, durante le tradizionali feste in onore di S. Silvestro Patrono della città, presso l’antico loggiato del monastero di Sant’Agostino, oltre a poter assaporare la rinomata “vastedda cu sammucu”, offerta dai locali panificatori e ristoratori, è possibile conoscere altri piatti della gastronomia troinese, tra i quali primeggiano i cosiddetti “’nfasciatieddi”, dolci da forno della pezzatura di circa 40-50 grammi, a base di vino cotto di fichidindia rivestiti o meglio, fasciati, da un involucro di pasta di biscotto.
Nicosia in Fiore – Infiorata
Ogni anno in primavera Nicosia si arricchisce con la tradizionale infiorata, durante la manifestazione molti fiori vengono spetalati ed utilizzati, insieme a caffè e verdure varie, e permettono a veri e propri artisti nicosiani di dare sfogo alla propria creatività. Vengono realizzati, infatti, con tale materiale naturale, piccole opere d’arte che ogni anno si attengono ad un particolare tema.
Le vie nicosiane, grazie all’infiorata, si trasformano, con i colori dei fiori e il profumo del caffè utilizzato. Il tutto è completato da mostre dell’artigianato ed esposizioni in cui altri artisti nicosiani espongono i propri quadri, foto, o altri prodotti artigianali. Il tradizionale appuntamento lungo le vie della città dei 24 Baroni vi permetterà anche di visitare le numerose chiese, il museo diocesano, i palazzi baronali e i vicoli della nobile città. Non mancheranno musica, sapori e colori.
Giugno
Festa del Sacro Cuore di Gesu’ ad Enna – Ultima domenica di giugno
La festa del Sacro Cuore di Gesù è organizzata dalla omonima confraternita fondata nel 1839 presso la chiesa di San Paolino dei frati Cappuccini, nella zona occidentale della città di Enna, e originariamente riuniva minatori e zolfatari. La prima Statua del Sacro Cuore fu acquistata e donata alla Confraternita dal confratello Giovanni Termine, la Statua in cartone romano è stata fatta fare a Napoli e si sconosce la data di fabbricazione. Attualmente si trova in buone condizioni nei locali attuali della Confraternita. Una nuova statua fu fatta fare nel 1897 dallo scultore Vincenzo Piscitello, in legno massiccio e alta circa due metri. Dello stesso anno il fercolo “Vara” che fu realizzata da un’ebanista ennese. La chiesa dei Cappuccini costituì la loro sede sino al 1942, anno in cui nel convento fu istituito il ricovero di mendicità; da allora la confraternita fu soggetta a continui spostamenti: dall’aprile del 1942 a giugno 1945 come sede ebbero la chiesa di S. Chiara, ma anche questa dovettero abbandonarla, infatti fu trasformata in Sacrario dei Caduti in guerra. Nello stesso anno il Consiglio di Amministrazione della Confraternita, accettò la richiesta fatta dal Rettore della Chiesa di S. Maria del Popolo. Nel 1978 però dovettero abbandonare la chiesa perché diventata inagibile a causa danni subiti dopo un violento temporale. Nel Marzo dello stesso anno chiesero asilo al Parroco della chiesa di S. Cataldo, il quale con gioia accolse la confraternita e ne divenne l’assistente spirituale. Il 27 Gennaio del 1985 fu approvato il secondo Statuto della Confraternita e sempre nel 1985 fu redatto il progetto di restauro della chiesa di S. Maria del Popolo e nel Gennaio del 1986 iniziarono i lavori di restauro. Il 27 Marzo del 1991 la Chiesa fu riconsegnata alla Confraternita. Il 7 Giugno 2007 viene fatto approvare il nuovo statuto della Confraternita secondo le nuove direttive della C.E.I. dal Vescovo Diocesano Mons. Michele Pennisi. La Confraternita del Sacro Cuore di Gesù fa parte del Collegio delle Confraternite Ennesi, partecipa attivamente ai Riti della Settimana Santa, l’Ora di adorazione e il Mercoledì Santo, inoltre festeggia l’ultima domenica di giugno, il Sacro Cuore di Gesù, portando, in processione con solennità la Sacra Immagine.
Il vestiario del confrate è composto da: camice bianco, visiera bianca, mantella di colore rosso amaranto di tessuto damascato recante a sinistra l’effige del Sacro Cuore di Gesù dipinto a mano, pettina di colore rosso amaranto, cingolo intrecciato bianco e rosso, guanti bianchi, corona in vimini intrecciata, pantaloni calze e scarpe nere; originariamente il camice dei confrati aveva la coda. Oltre le manifestazioni a carattere religioso è previsto un ricco calendario di eventi ricreativi: Mostre, degustazioni e la tradizionale Sagra della “Pittidda”
Luglio
Festa della Madonna della Visitazione ad Enna – 2 luglio
Nella prima metà del XIV sec. a.c., la città sostituì il culto pagano della dea Cerere con la festa cristiana di Maria S.S. della Visitazione. In questa festa gli antichi sacerdoti di Cerere si trasformarono nella grande compagnia degli “Ignudi”, con vesti bianche a forma di tuniche. La statua di Cerere è sostituita da quella della Madonna. Oggi la statua è abbellita da gioielli offerti dai credenti per grazie ricevute, e portata a spalla dai confrati su una “Nave d’oro” in solenne processione.
Il 29 Giugno, vi è l’apertura della Madonna; dalla chiesa di San Pietro, dopo aver recitato i vespri e presa la chiave che aprirà le ante della nicchia che custodisce il simulacro della Patrona, si parte in processione verso il Duomo dove il simulacro della Vergine della visitazione viene traslato dalla cappella dei marmi all’altare centrale su un piccolo fercolo portato in spalla da alcuni confrati. Il 2 luglio è il giorno centrale della festa della Patrona, solennizzata, dapprima, con messe in Duomo e poi, di pomeriggio, con la processione.
Il 2 luglio è il giorno dei grandi festeggiamenti. Anche se la Madonna della Visitazione, dal Concilio Vaticano II, viene ricordata in un’altra data, Enna ha ricevuto dal Papa il privilegio di festeggiare la sua patrona all’antica data, sia per non sconvolgere la tradizione radicatissima presso i fedeli, che per evitare festeggiamenti non estivi, perché il clima della Sicilia centrale potrebbe impedirlo per freddo o nebbia. Le celebrazioni cominciano con la Santa Messa tenuta in Duomo alle 6,30, culmine delle messe mattutine speciali che si susseguono in attesa della festa sin dal 2 giugno.
Mentre i fedeli, molti dei quali raggiungono la collegiata a piedi nudi in segno di devozione alla Vergine Santa, assistono alla celebrazione eucaristica in Duomo, nella Chiesa di Montesalvo, situata nell’altra parte della città alta, vengono sparate 101 salve di mortaretti, come si fa nelle monarchie quando nasce un futuro sovrano. Essendo la Chiesa da cui vengono sparati i 101 colpi, Montesalvo, il punto più alto di Enna dopo il Castello di Lombardia (970 m di quota circa), la loro eco raggiunge tutte le vallate sottostanti, compresa la conca dove sorge la città nuova, Enna Bassa, e la Valle del Dittaino. È questo il segnale che decreta ufficialmente l’inizio dei festeggiamenti. Alle 10,30 si svolge in Duomo una solenne Messa pontificale, ovvero una celebrazione eucaristica cantata officiata dal Vescovo della Diocesi di Piazza Armerina che siede in cathedra (trono), alla presenza delle massime autorità civili e militari della provincia di Enna. Intanto la banda municipale effettua un giro delle vie principali della città intonando marce festose, fermandosi sulle scalinate della collegiata.
In seguito i confrati della Confraternita di Maria SS. della Visitazione, deputati ai festeggiamenti patronali, procedono a montare il fercolo e le aste necessaire a far sì che i 124 uomini lo sorreggano e lo portino in processione per tutta Enna alta. Nel primo pomeriggio, i portali del Duomo vengono chiusi per consentire alla Guardia di Finanza di effettuare in massima sicurezza la vestizione della Madonna, ovvero l’addobbo della statua. Su di essa vengono collocati panni rossi in cui sono cuciti innumerevoli monili d’oro, collari, anelli, orecchini, bracciali, che i fedeli di tutti i tempi hanno donato come ex voto e che ricoprono interamente la statua. Sul suo capo viene deposta la famosa Corona in oro zecchino, cesellata finemente secoli fa da abili artigiani in stile barocco, con diversi medaglioni ciascuno rappresentante una scena sacra.
La corona è pertanto considerato il gioiello più prezioso mai prodotto dall’oreficeria sacra barocca in Sicilia. Alle 17,00 il duomo viene riaperto a turisti e fedeli per far vedere loro la statua di Maria addobbata dai preziosi gioielli in oro, smalti e pietre preziose, oltreché la vara, che in Sicilia designa il carro trionfale su cui i santi patroni vengono portati in processione, detta Nave d’Oro (1590) essendo rivestita d’oro zecchino. Essa verrà portata in processione lungo tutte le vie principali della città fino alla Chiesa di Montesalvo, con spari di cannoni, le cosiddette “sarbiate”, nelle tappe di sosta.
La seconda parte del viaggio è la più difficoltosa, perché la processione non segue i viali moderni del quartiere Monte che portano a Montesalvo, bensì l’antica, stretta e tortuosa via Mercato, nella quale la nave d’oro viene spesso calata e trascinata quasi a rasoterra, perché la strada è poco larga. L’angusta salita che precede Montesalvo (secondo punto più alto di Enna) viene effettuata dai 124 uomini che sorreggono la pesantissima nave d’oro a corsa, mentre la statua della Vergine ondeggia e vacilla e la statua di sua cugina Elisabetta esce da Montesalvo per accoglierla. Qui, la Madonna sarà venerata con messe mattutine e pomeridiane, veglie notturne e con le “lumine”, cioé speciali funzioni serali che sono offerte a Maria dai diversi ceti e mestieri di Enna.
Il 3 luglio è dedicato al compatrono San Primo, la seconda domenica di luglio, si svolge il rito della “Madonna a’ Muntata”, Processione di rientro in Duomo del Simulacro di Maria Santissima della Visitazione portato a spalla dall’omonima Confraternita.
Festa dei Quartieri a Regalbuto
Le “Feste di Quartiere a Regalbuto“, organizzate dall’associazione “Un sorriso per tutti” Associazioni riunite da C.A.V.E.N., Vol.Si., C.S.V.E. con il patrocinio del Comune di Regalbuto (EN) e la collaborazione della Parrocchia San Basilio, è l’evento che anticipa l’estate. Le “Feste di Quartiere si terranno nei giorni 20, 27, 31 luglio e 08, 17, 24, 31 agosto 2023.
Scopo dell’iniziativa è quello di rivalutare i quartieri e coinvolgere la comunità. Ogni festa ha inizio con la benedizione del quartiere (curata dalla Parrocchia San Basilio di Regalbuto) e si svolge tra balli, animazione e degustazioni varie; vengono apparecchiate delle tavolate con pietanze tipiche, tra dolci, salati e frutti che vengono offerte al pubblico intervenuto, mentre si balla liscio, latino americano, disco dance e balli tradizionali.
Festa Sant’Antonio Abate a Cerami – Ultima domenica del mese di luglio
Cerami onora il glorioso Sant’Antonio Abate con solenni festeggiamenti ben due volte nell’arco dell’anno, rispettivamente nel mese di Gennaio e nel mese di Luglio. I festeggiamenti invernali culminano giorno 17 Gennaio, giorno in cui la Chiesa fa memoria del Santo; i festeggiamenti estivi, invece, hanno luogo nelle ultime settimane di Luglio e culminano con la processione del Santo l’ultima domenica del mese.
Festa gennaio
Forte spessore antropologico caratterizza la festa invernale in onore di Sant’Antonio Abate: i festeggiamenti hanno inizio giorno 8 Gennaio con l’Intronizzazione del simulacro del Santo sull’Altare Maggiore e il Solenne novenario. La domenica che precede il 17 gennaio nella piazza antistante la chiesa di Sant’Antonio ha luogo la benedizione dell’aria, dei prodotti della terra, del fuoco e degli animali. Per l’occasione, sul sagrato della chiesa viene allestito un banco con una serie di prodotti tipici del territorio, viene acceso un modesto falò in corrispondenza della torre campanaria e dalle campagne vengono condotti in paese diverse specie animali; ad alcuni di questi animali viene riservata un’apposita postazione, altri invece, soprattutto cani ed equini sfilano davanti la chiesa condotti dai loro proprietari per ricevere la benedizione. Il canto dei Primi vespri e la preparazione del “Circu” la sera del 16 gennaio, preludono il giorno di festa che caratterizzerà la giornata seguente. Sin dalle prime ore del mattino di giorno 17 gennaio, il rullo dei tamburi, il suono festoso delle campane e i colpi a cannone annunciano che è arrivato il giorno dell’Abate Sant’Antonio; una serie di Celebrazioni Eucaristiche si susseguono nella mattinata e tra queste, quella che sicuramente ha una valenza maggiore è sicuramente la “messa dei fratelli”, ossia la Solenne Celebrazione Eucaristica con la partecipazione di tutti i confrati. Nel pomeriggio alle ore 15:30 nella piazza antistante la chiesa di Sant’Antonio si rinnova la tradizionale “calata du Circu”, manifestazione di forte valenza antropologica che affonda le sue radici nelle origine greche di Cerami.
‘U “Circu” è una struttura costruita su una base circolare (da qui il nome Circu) realizzata interamente in alloro tra i cui folti rami viene legato del pane a forma circolare (cuddura) con al centro un’arancia. ‘U “Circu” viene realizzato dai membri della Confraternita la sera della vigilia della festa e le tecniche di realizzazione vengono tramandate dai più anziani ai più giovani seguendo un ricambio generazionale che garantisce il tramando della tradizione; può essere offerto da singoli cittadini, per le cosiddette “prummisioni”, cioè per i voti religiosi – le promesse che i fedeli fanno in cambio di grazia ricevuta o da ricevere – oppure può essere offerto dalla stessa Confraternita e viene benedetto dal sacerdote al termine della Celebrazione Eucaristica dei Confrati. Nel pomeriggio del 17 gennaio, con il caratteristico rullo di tamburi, ‘u “Circu” viene prelevato dalla chiesa e viene issato con delle funi al centro della piazza; collocato sul posto, alcuni esponenti della Confraternita dal campanile della chiesa e dai balconi delle abitazioni che sia affacciano sulla piazza lanciano alla folla presente dei fazzoletti contenenti delle caramelle. Terminato il lancio dei fazzoletti le campane e i tamburi annunciano il cuore dell’evento, “a calata do Circu”; u “Circu” viene abbassato e issato al centro della piazza mediante delle carrucole mentre i giovani presenti, in una contrapposizione di forze, tentano di aggrapparsi con l’intento di, come si dice in gergo, “far Calare ‘u Circu” per riuscire a prendere quanto vi è stato appeso. Oggi “’a calata du circu” è senz’altro un momento di socializzazione e condivisione, ma fino gli inizi del secolo scorso, quando la miseria e la fame colpivano parte della popolazione ceramese, tale manifestazione rappresentava un aiuto concreto e un gesto di carità da parte della Confraternita Sant’Antonio Abate e dei devoti del Santo che con pane e arance cercavano di sfamare questa porzione di popolo. Anticamente, sempre il 17 gennaio, si svolgevano altre due manifestazioni oltre alla “calata du Circu”, ovvero a “’ntinna” o albero della cuccagna, spostata oggi a luglio sempre in occasione dei festeggiamenti del santo e un gioco, abolito perché cruento, che consisteva nel riuscire, in groppa ad un asino in corsa, a sgozzare una papera appesa a testa in giù.
Festa di Luglio
Nel mese di luglio, in un mix di fede, folklore e religiosità popolare, la cittadina ceramese festeggia nuovamente Sant’Antonio Abate con una serie di eventi che culminano con la processione del Santo l’ultima domenica di Luglio. La festa ha inizio il primo giorno della Novena con l’Intronizzazione del Simulacro del Santo che prelevato dalla sua nicchia viene collocato dai confrati sull’Altare Maggiore dove resterà per tutto il periodo dei festeggiamenti. Nei nove giorni che precedono la festa, il Santo viene omaggiato con una serie di iniziative quale ad esempio un pellegrinaggio che in suo onore si snoda dalla chiesa di Sant’Antonio Abate e lungo un percorso di 6 Km, giunge all’edicola votiva del Santo in C.da Timpone di Sant’Antonio. Giunti nel luogo,i pellegriniche hanno compiuto il pellegrinaggio in devota preghiera, alcuni anche scalzi, dopo l’omaggio floreale da parte del Superiore della Confraternita, partecipano alla Santa Messa.
Tra le varie manifestazioni che contraddistinguono la festa di Sant’Antonio Abate assumono particolare rilievo la tradizionale “’ntinna”, o albero della cuccagna e il gioco dei “pignati” o pentolacce. Entrambi i giochi si svolgono nella medesima serata anche se la tradizione prevedeva il loro svolgimento in occasione della festa del 17 Gennaio. Il gioco della “’ntinna” vede impegnate in genere 4/5 squadre, composte da 4 giocatori ciascuna, che si pongono l’obiettivo di raggiungere, giocatore su giocatore, la cima di un palo interamente cosparso di sapone per riuscire a conquistare un fazzoletto al cui interno è legato un biglietto su cui scritto il premio conquistato. In genere i premi consistono in animali come conigli, galline, agnelli e un maialino (premio più ambito) e prodotti locali quali salumi e formaggi; analoghi premi possono trovarsi anche in alcune delle pentolacce al cui gioco prendono parte ragazzini più giovani.
Un segno della devozione ceramese che merita di essere menzionato è l’offerta della cera; le “torce”, donate dai fedeli fino ad una diecina d’anni fa al passaggio del Santo in processione, vengono oggi portate direttamente in chiesa nei giorni precedenti la festa e collocate in un’apposita struttura che fiancheggia la statua del Santo. Con l’accensione della “Fiamma di Sant’Antonio”, lampada votiva che arde giorno e notte davanti il simulacro del santo, i fedeli oltre alle classiche torce di cera hanno cominciato a donare anche la cera liquida per alimentare questa lampada. Nella mattinata dell’ultimo sabato del mese di Luglio, vigilia della Festa, si svolge la tradizionale cavalcata in onore di Sant’Antonio Abate. Il corteo, guidato dal palio della Confraternita, muove dalla chiesa di S. Antonio e fa tappa al già menzionato “Timpone di Sant’Antonio”, giunto in questo luogo il sacerdote imparte la benedizione ai cavalli e ai cavalieri e dopo un breve ristoro, a base di biscotti e vino, riparte in direzione del paese. Arrivata nuovamente in paese, la cavalcata si snoda lungo le stradine del borgo nebroideo e fa tappa presso la contrada “San Leonardo”dove vengono distribuiti a tutti i presenti pane e formaggio offerti in onore del Santo e benedetti dal sacerdote. La cavalcata continua percorrendo i vicoli del centro storico per giungere nella chiesa di S. Antonio Abate dove i cavalieri rendono omaggio al Santo al termine del percorso. Alla sera, tra le stradine del centro storico di Cerami, si svolge la processione della Reliquia di Sant’Antonio Abate dove prendono parte tutte le Confraternite del paese; per questa processione tutti i Confrati della Venerabile Confraternita Sant’Antonio Abate hanno l’obbligo di “vestizione”, ossia l’obbligo di partecipare con il proprio abito. Al termine della processione, dopo il canto dei Primi Vespri, mentre tutte le Confraternite vengono congedate, la Confraternita di Sant’Antonio, mantenendo l’ordine processionale sfila all’interno della chiesa e ogni singolo Confate giunto davanti l’Altare Maggiore bacia la Reliquia. L’ultima domenica di Luglio Cerami entra nel vivo della Festa di Sant’Antonio Abate omaggiando il Santo con una solenne processione lungo le vie cittadine. Dopo la Messa Solenne il simulacro del Santo, tra il suono dei tamburi e le grida dei devoti, viene prelevato dall’Altare Maggiore e collocato sull’artistico fercolo processionale. Il fercolo ligneo, copia di un originale seicentesco,viene portato a spalla dai devoti e presenta nella parte sommitale 10 anelli, 5 per lato, su cui vengono agganciati i “lazzuna”, ovvero delle funi che, decorate da “giummi”, ossia delle nappe multicolori, e campanelle, vengono tirate dai devoti lungo il tragitto e in particolari circostanzeper far riguadagnare equilibrio al fercolo e facilitare alcune manovre. Di grande effetto è certamente a “’A Nisciuta”, ossia la trionfale uscita del Santo dalla propria chiesa; alle ore 12:00, sulle note dell’Inno a Sant’Antonio, tra le grida esultanti dei devoti, qualche pianto di commozione e lo sparo dei fuochi, Cerami riabbraccia il glorioso Sant’Antonio Abate e dà avvio alla processione. Lungo il tragitto il Santo fa sosta diverse volte per le cosiddette “bippite”, ossia le tradizionali offerte di biscotti a “S” e vino, fatte da alcune famiglie per sciogliere un voto dando sostentamento ai portatori del fercolo. Al mattino, il giro esterno, caratterizza la prima parte della processione che si conclude con la sosta del simulacro di Sant’Antonio all’interno dell’Abbazia di San Benedetto. Tale sosta, ormai divenuta tradizionale, consentiva alle suore benedettine di clausura di partecipare ai solenni festeggiamenti e godere della presenza del Santo per l’intero pomeriggio. La sera, dall’Abbazia di San Benedetto, il fercolo con il simulacro di S. Antonio esce nuovamente in processione percorrendo il giro interno, ossia le vie principali del paese, e giunto al Corso Roma, il Santo viene omaggiato con un suggestivo spettacolo pirotecnico.“’A cursa”, ossia la salita in corsa, per percorrere la faticosa Via Umberto caratterizza l’ultima parte della processione prima del rientro del Santo nella sua chiesa.
Agosto
Festa di San Giuseppe a Nissoria – Prima domenica di agosto
Festeggiamenti estivi in onore del Santo Patrono San Giuseppe a Nissoria (Enna). Come ogni anno la comunità nissorina si appresta a vivere la sua festa più bella, quella dedicata appunto al suo Santo Patrono. La festa in onore di San Giuseppe raggiunge il suo culmine la prima domenica di agosto e il lunedì successivo. La domenica il simulacro del Santo, dopo la Celebrazione Eucaristica serale, viene portato in processione lungo le principali vie del paese. Nella giornata di lunedì, i festeggiamenti hanno inizio con la Messa dell’aurora, dopo la quale il Santo ritorna in processione questa volta percorrendo ogni singola via di Nissoria e tra la numerosa presenza di devoti gira tutto il paese con l’accoglienza festosa degli abitanti. Il giro di processione del lunedì è molto particolare e profondamente sentito da tutti i fedeli e da tutti gli emigranti che ritornano nel loro paese natìo in occasione di tale festa. Tutto si svolge nel raccoglimento e la folla durante il suo cammino, trova ristoro presso quei fedeli che offrono il “pane di S. Giuseppe” come segno di devozione al Santo e durante il tragitto, la comunità nissorina dona anche offerte in denaro al suo Santo Patrono. Il 19 marzo, si svolgono ancora le le tradizionali “tavulate” che si ricollegano agli itinerari e alle manifestazioni della vicina Leonforte.
Festa di San Pietro in Vincoli a Calascibetta – Primo lunedì agosto
Festa del Patrono San Pietro a Calascibetta, prima domenica e lunedì di agosto. Solenne processione del fercolo del Santo Patrono portato a spalla dai fedeli.
Festa di San Vito a Regalbuto – 08 / 11 agosto
Festa di San Vito patrono Regalbuto. Tradizionele “Viaggio” e Processione dell’Alloro. Nella settimana che precede la festa, ma particolarmente i tre giorni che precedono la processione di giorno 8 agosto, i regalbutesi si recano ad Agira, a piedi o con dei mezzi, per acquistare “Rami di alloro”. Il “Viaggio” per l’acquisizione del segno che serve per la processione dell’alloro, viene fatto per voto e devozione. Nel passato il viaggio devozionale si svolgeva, da parte dei fedeli, per tutto il territorio circostante, si giungeva, ad esempio, fino a Mistretta a nord e fino ad Aidone a sud. Durante i giorni della festa, era consuetudine da parte degli uomini, che giravano in paese a cavallo, intonare dei canti in onore del santo secondo lo stile dei canti dell’aia. Di questi canti purtroppo non si conservano testimonianze di nessun genere.
8 AGOSTO – LA FIERA DEL BESTIAME E LA PROCESSIONE DELL’ALLORO
Presso la contrada calvario, in prossimità dell’ingresso del centro abitato sulla statale 121 in direzione di Agira, la mattina presto si svolge la tradizionale Fiera del bestiame. In questo giorno si svolge la Processione dell’alloro, in cui i fedeli esprimono i loro voti al santo mediante questo corteo processionale, che nel passato era la conclusione ufficiale e la raccolta di tutti coloro che erano andati a fare il ‘viaggio’ votivo per tutto il territorio circostante, oggi possiamo dire che è più un’espressione rituale introduttiva alla festività del santo patrono.
La presenza del segno dell’alloro richiama la già accreditata ipotesi di transignificazione del segno di gloria e onore pagano, ampiamente utilizzato nella Sicilia antica, confluito con gli stessi significati nella tradizione cristiana. Ma a questa ipotesi, personalmente ritengo se ne possa ricollegare un’altra. Infatti, oltre a tale transignificazione avvenuta in epoca paleocristiana, si è aggiunta una caratterizzazione sedimentatasi in Sicilia grazie alla presenza della tradizione cristiana bizantina mediante gli italo-greci, di cui i monaci basiliani ebbero un ruolo rilevante, sotto il profilo religioso, dal VI al XVI secolo della storia siciliana. Non è da trascurare il fatto che nell’area dell’antico val Demone, lì dove vi era la presenza più massiccia dei greci fin dall’epoca araba, nelle espressioni religiose l’uso dell’alloro è diffuso. Così come non va trascurato il fatto che a quest’area appartengono Troina, Cerami, Gagliano e Regalbuto, centri in cui dall’epoca normanna vi erano dei Monasteri basiliani dipendenti dall’abbazia di S. Michele di Troina. Non a caso in questi centri vi è lo stesso uso rituale del ‘viaggio’ per prelevare l’alloro e del corteo processionale dell’alloro in onore del proprio patrono. Il programma rituale di questo giorno a Regalbuto prevede che, a partire dal primo pomeriggio, i fedeli, recando in mano i rami di alloro, vanno a gruppi presso la Chiesa dei Cappuccini. I fedeli giunti presso la chiesa, entrano dalla porta centrale e si recano presso l’altare a rendere omaggio al luogo dove il santo operò i suoi prodigi, poi escono dalla porta laterale, nel pomeriggio ha inizio la processione dell’alloro. Il corteo è aperto da coloro che recano l’antinni, cioè dei pali rivestiti di alloro e addobbati con fazzoletti variopinti e nastri rossi, sono portati da un portatore e mantenuti in equilibrio con delle corde. Seguono tutti i fedeli che recano in mano i rami di alloro addobbati con nastrini rossi (zahareddi) simboli del martirio di S. Vito. Prima vi sono tutti coloro che seguono a piedi, di cui quelli che hanno fatto un voto particolare a piedi scalzi, quindi vi sono gli uomini a cavallo, riccamente addobbati, che fino ad una decina di anni fa, portavano pure i fucili e sparavano in aria a salve lungo il percorso. Da una trentina d’anni seguono anche coloro che partecipano in automobile. Lungo il percorso viene continuamente innalzato il grido di un solista che dice “E gridamu, e gridamu ccu cori cuntritu” e tutti rispondono: “Viva Diu e Santu Vitu”. La processione percorre tutta la via Garibaldi fino a piazza V. Veneto, quindi scende dal corso principale via G.F. Ingrassia fino a piazza della Repubblica, quindi sale per via Don G. Campione, via Catania, scende per via Roma fino a piazza V. Veneto per ridiscendere il corso principale fino a piazza della Repubblica dove, dal sagrato della Chiesa Madre, il sacerdote benedice con l’acqua benedetta l’alloro. Per tradizione tutti passano sotto il sagrato e, dopo aver ricevuto la benedizione, proseguono per via V. Emanuele per fare il giro attorno all’isolato della grande chiesa madre del paese.
9 AGOSTO – PROCESSIONE DELLE RELIQUIE
In serata, dopo la solenne celebrazione eucaristica, si svolge la Processione con le Reliquie di parte del cranio, di un braccio e un piede. Questo momento rituale è l’evento centrale della festività, in quanto fa memoria dell’arrivo a Regalbuto in questo giorno delle reliquie provenienti da Piazza Armerina nel 1547. Il legame liturgico a questa data ha determinato da allora la festa del patrono a Regalbuto. La processione, in cui vengono portati dai sacerdoti il reliquiario in argento del cranio di San Vito e le effigie in argento di Modesto e Crescenzia, parte dalla chiesa madre e si reca lungo tutta la via G.F. Ingrassia fino alla piazza S. Vito nel quartiere Tribona. Qui sorge la piccola cappella di San Vito edificata presso l’antico ingresso del centro abitato da sud, in memoria dell’evento dell’arrivo delle reliquie nel 1547. Giunti presso la cappella, i sacerdoti fanno una sosta al suo interno, quindi viene fatta la benedizione solenne con la reliquia del santo. Subito dopo la processione riprende rifacendo lo stesso percorso fino alla chiesa madre.
10 AGOSTO
In questo giorno e l’11, si svolgeva la Processione con la Statua del santo portato a spalla per le vie di tutto il centro abitato, sostava nelle ore più calde e si concludeva nella mattinata dell’11 presso la Cappella di San Vito alla Tribona. La sera dell’11 si svolgeva quella che era chiamata la processione solenne dalla cappella di S. Vito fino alla chiesa madre lungo la via G.F. Ingrassia. Questa processione conobbe due riforme: nel 1945, a causa degli abusi causati dai portatori del fercolo nel 1944, si stabilì che il fercolo venisse posto su un camion e da allora è rimasta invariata tale consuetudine fino ad oggi. Nel 1950 venne ridimensionato il percorso della processione secondo l’impostazione che troviamo oggi, e collocata solo nella serata di giorno 11. Questo si determinò a causa del fatto che il fercolo del santo si era ridotto a percorrere diverse vie del paese con la sola banda per raccogliere le offerte dei fedeli.
11 AGOSTO – PROCESSIONE DELLA STATUA DEL SANTO
Nell’ultimo giorno della festa, il rituale attuale prevede, dopo la celebrazione eucaristica serale, la solenne Processione con il Fercolo recante la statua del santo patrono. La processione, che esce dalla chiesa madre, percorre via Don G. Campione, via Catania, scende per via Roma fino a piazza V. Veneto, quindi percorre il corso principale G.F. Ingrassia fino a piazza della Repubblica dove si conclude.
Festa di San Giacomo a Villarosa 10 agosto
Festa S. Giacomo il Maggiore patrono del popolo di Villarosa (Enna) sin dai primordi del paese, che in parte fu eretto nelle terre intitolate a S. Giacomo e nei primi tempi si chiamò San Giacomo di Bombinetto, modificato nel 1761 in Villarosa in omaggio alla pittrice ed architetto nissena Rosa Ciotti. A S. Giacomo, che si diceva, proteggesse i forestieri, è intitolata la Chiesa Madre. La festa si svolge da sempre il 10 agosto, e non il 25 luglio giorno dedicato dalla Chiesa al Santo, con musiche, spari, fuochi d’artifìcio, bancarelle lungo le vie principali, dove si vendono oggetti vari, casalinghi, arnesi di lavoro, indumenti, dolci e giocattoli. Le celebrazioni religiose in onore del Santo assumono l’aspetto centrale e vedono il coinvolgimento dell’intera comunità. Dopo la Messa solenne nel pomeriggio e la processione del Simulacro, accompagnata dalla banda musicale Associazione Filarmonica “Città di Villarosa”, il tradizionale spettacolo dei fuochi d’artificio. San Giacomo Maggiore – Chiesa Madre
La monumentale chiesa si erge nel piazzale che prende appunto tale nome. Il piazzale, un tempo utilizzato come luogo dove seppellire i morti e più tardi a mercato ortofrutticolo, è oggi punto d’incontro e di ritrovo in alcune festività religiose. L’entrata al Tempio è preceduta da una maestosa scalinata, risalendo la quale si può ammirare la settecentesca facciata, ripristinata una prima volta nel dopoguerra per sopperire alle lesioni causate da un probabile movimento tellurico e in un secondo momento nel 1985, per la rimessa in luce dell’originaria pietra di costruzione. Il campanile, che affianca la chiesa, è di epoca ancora più remota ma, ancora oggi, il suono delle sue campane è un inno di gioia ed un invito alla preghiera. La chiesa fu eretta nel 1763 ad opera dei fondatori di Villarosa “I Duchi del Casato Notarbartolo” solo tra il 1783-1784 ricevette, in dotazione, il titolo di Parrocchia “San Giacomo Maggiore” con erezione alla il 22 luglio 1875.Nel 1924 uno degli altari, posti ai lati del corridoio centrale, venne dedicato a “San Giacomo”.
Palio dei Normanni Piazza Armerina – 13 / 14 agosto
Il Palio dei Normanni è la più imponente rievocazione storica del meridione d’Italia. Feste medievali, musiche e balli fanno da splendida cornice alla manifestazione medievale in costume, tra le più antiche del meridione d’Italia. Con questo nome e in questa veste dal 1952, poiché nei secoli precedenti era “La Cavalcata”, nasce appunto per rendere omaggio alla Madonna delle Vittorie, protettrice della città medioevale. Una festa religiosa, dunque, che trae spunto dalla guerra santa di liberazione che i Normanni del Conte Ruggero d’Altavilla sin dal 1061 combatterono contro gli infedeli arabi che occupavano la Sicilia da circa 150 anni. Ricostruzione dell’impresa che i Normanni compirono in Sicilia nel 1060, precisamente quando Ruggero d’Altavilla, fratello di Roberto, detto il Guiscardo, cacciò da queste terre i Saraceni. Il Palio dei Normanni si svolge ogni anno a Piazza Armerina dal 12 al 14 agosto, nella stupenda cornice del centro storico dove dame, cavalieri, truppe e milizie creano un suggestivo “ritorno al passato” con suoni e atmosfere del periodo medievale. Un’esperienza unica e irripetibile che l’intera città vive con passione in attesa della “Quintana” dove i quattro quartieri storici si affrontano in un’entusiasmante giostra. ll 12 agosto, Consegna delle armi, benedizione dei Cavalieri giostranti e dei Quartieri, giorno 13 La consegna delle Chiavi, giorno 14 La Quintana del Saracino.
12 agosto. Il Gran Magistrato, quale rappresentante del potere giudiziario e di governo della città, con un atto rituale consegna le armi ai Cavalieri giostranti dei quattro quartieri e il pubblico Bando al Banditore di Plutia. Dopo questa cerimonia, l’intero corteo storico si porta nella Basilica Cattedrale per la cerimonia religiosa della benedizione dei Cavalieri giostranti e dei Quartieri, la donazione da parte del Gran Magistrato di una lampada votiva che viene posta ai piedi dell’altare che custodisce la Sacra immagine di Maria SS. delle Vittorie e dai ceri da parte del Priore e dei capitani dei quattro Quartieri. Dopo la solenne cerimonia religiosa che rappresenta il momento più intimo che i Quartieri vivono, il Corteo storico attraversando le principali vie, si ritira nelle logge di contrada San Pietro.
13 agosto. Il secondo giorno viene ricostruito l’ingresso fastoso e trionfale delle truppe normanne in città. Il corteo composto dalle milizie appiedate, dalla cavalleria normanna e dal Conte Ruggero con il Vessillo papale di “Maria Santissima delle Vittorie”, fanno solenne ingresso in città da porta Castellina, dove percorrendo le principali vie giungono nella piazza della Cattedrale. Qui ad accoglierlo, annunziato da squilli di trombe e rulli di tamburi i rappresentanti della città: il Priore con il Magistrato dei Quartieri, i Notabili, le Dame, il Gran Magistrato con la Gran Dama, i Cavalieri giostranti dei quattro quartieri storici, Monte – Castellina – Canali – Casalotto. Sul sagrato della Basilica Cattedrale, al conte Ruggero si fa incontro il Gran Magistrato preceduto dai paggi, dal Cerimoniere e dal Banditore, il quale dopo avere assicurato la fedeltà della città, gli dona simbolicamente le chiavi di Plutia. Di seguito il Priore del Magistrato dei Quartieri dona al Conte un piatto d’oro cesellato dalle maestranze dei quattro quartieri. Dopo la cerimonia, l’intero corteo si ricompone e attraversando le principali vie del centro storico si ritira nelle logge di contrada San Pietro.
14 agosto. Il terzo giorno, presso il campo S. Ippolito si svolge il torneo medievale “La Quintana del saracino” che consiste in una serie di prove di abilità fra i cinque Cavalieri giostranti dei quattro quartieri storici, che si contraddistinguono con i propri colori sociali: Monte, (colore giallo) – Castellina, (colore azzurro) – Canali, (colore rosso) – Casalotto, (colore verde), Nella prima e nella seconda prova i cavalieri devono colpire lo scudo del saraceno, dapprima con una lancia e poi con una mazza chiodata; nella terza prova devono infilare con la lancia l’anello posto al braccio del saraceno; nella quarta devono colpire con un giavellotto un anello pendente da una forca. In ogni prova i cavalli vengono lanciati al galoppo. Alla gara assistono i personaggi che rappresentano il conte Ruggero e i dignitari cittadini, con i loro sontuosi abiti d’epoca. Alla squadra del quartiere che realizza nelle prove il maggiore punteggio viene assegnato il Palio, una copia del Vessillo papale raffigurante “Maria SS. delle Vittorie” che sarà conservato per l’intero anno nella parrocchia del quartiere. Alla fine l’intero corteo si ricompone e attraversando le principali vie, porta in trionfo per la città il Vessillo ed i vincitori.
Ultima domenica di aprile e 3 maggio: Processione Religiosa Maria SS. di Piazza Vecchia. I Cavalieri giostranti vincitori del Palio nell’edizione precedente, portano in città, dal Santuario di piazza Vecchia, la sacra Icona di Maria Santissima delle Vittorie.
Festa di Maria SS. delle Vittorie a Piazza Armerina – 15 agosto
Maria SS.ma delle Vittorie Patrona del Popolo Piazzese e della Diocesi di Piazza Armerina (EN). Annualmente il 15 agosto, solennità dell’Assunzione di Maria Santissima al Cielo (Dormizione), Piazza Armerina festeggia solennemente la sua amata Patrona, la Madonna delle Vittorie.
La festa viene preceduta dal famoso Palio dei Normanni, che si svolge il 14 agosto, mentre il giorno 15 sera si svolge la solenne processione per le vie del paese con la sacra icona della Madonna. L’icona bizantina di Maria SS.ma delle Vittorie, custodita in un artistico tempietto d’argento, sull’altare maggiore della Basilica Cattedrale, è una tavola, ricoperta da un supporto di tela sulla quale è dipinta la Madonna col Bambino fra le braccia. Identificata dalla tradizione locale con il Vessillo che il conte Ruggero ebbe consegnato, dal Papa Alessandro II.
La storia
La Sicilia araba non aveva più nell’XI secolo un governo unitario, ma esso si era frammentato, per le discordie interne, in tanti emirati tutti rivali fra loro. Una feroce discordia fu quella tra l’emiro di Catania Ibn ath Thumnah e suo cognato il kaid di Enna, Ibn al Hawwas al punto che il potentissimo emiro di Catania, si fece ricevere, nel 1061 a Mileto in Calabria, alla corte del Conte Ruggero per chiedere aiuto contro il cognato. Ai Normanni non parve vero che si fosse schiusa una finestra sul loro sogno, quello di visitare finalmente la Sicilia. I Normanni accondiscesero ad aiutare l’emiro e così, un piccolo esercito normanno capitanato dal Conte Ruggero d’Altavilla e dal fratello Roberto il Guiscardo con l’aiuto di Ibn ath Thumnah e da drappelli cristiani siciliani, nel 1061 sbarcò a Messina occupandola. Era l’inizio di un’epopea fortunata culminata nella totale conquista dell’Isola con gran gioia pure del papa Alessandro II a cui Ruggero inviò, dopo la battaglia di Cerami del 1063, una delegazione e l’omaggio di quattro cammelli tratti dal bottino di guerra.
Il Papa ringraziò e inviò, a sua volta, come dono un vessillo con l’effigie della Madonna da consegnare ai combattenti come protezione sui campi di battaglia, icona che la devozione vuole sia stata donata al municipio di Piazza dallo stesso Gran Conte e custodita nella cattedrale. I piazzesi, custodi del Vessillo pontificio dell’Assunta, donato dal papa al conte Ruggero, chiusero l’icona in una cassa di legno e la seppellirono in un luogo sicuro, sotto l’altare della chiesetta di S. Maria di Piazza Vecchia, dove fu ritrovata più tardi, nel 1348, anno della grande peste che decimò le popolazioni di tutta Europa. Il ritrovamento miracoloso della sacra icona della Vergine fu reso possibile, secondo la tradizione, da un sogno rivelatore del sacerdote Giovanni Candilia che abitava nella contrada omonima. L’icona ritrovata fu portata in trionfo dall’eremo di campagna alla Chiesa di S. Maria Maggiore di Piazza dai cittadini scampati alla pestilenza.
Ancor oggi in ricordo dell’evento, ogni anno nell’ultima domenica di aprile, i piazzesi si portano all’eremo di Piazza Vecchia per partecipare al trasporto in pellegrinaggio di una copia dell’icona in città, mentre il 3 di maggio successivo avviene il pellegrinaggio inverso.
Programma religioso
30 luglio
ore 12:00 Inizio dei festeggiamenti con il suono festoso delle campane e lo sparo di bombe
ore 19:00 Basilica Cattedrale: Solenne apertura del fercolo che custodisce la Sacra Immagine di Maria SS.ma delle Vittorie, celebrazione del Vespro unitamente alla Santa Messa
Dal 31 luglio al 14 agosto
ore 06:30 Funzioni religiose della Quindicina Mariana, nella Basilica Cattedrale, con preghiere e canti mariani che ricordano le vittorie riportate, con il glorioso Vessillo, dal Conte Ruggero sui Saraceni e la Materna protezione di Maria SS.ma attraverso i secoli sulla Città e Diocesi di Piazza Armerina
ore 19:00 S. Messa nella Basilica Cattedrale
5 agosto
ore 19:00 Il prezioso fercolo che custodisce la Sacra Immagine di Maria SS.ma delle Vittorie alla presenza del popolo in preghiera, dei giovani dell’associazione mariana, dei cavalieri dei quattro quartieri e dell’ Amministrazione Comunale, viene deposto dall’altare e collocato sul piano del Presbiterio. I giovani portatori, i cavalieri dei quattro quartieri offrono le lampade votive
Dal 6 al 14 agosto
ore 19:00 Novenario nella Basilica Cattedrale dinnanzi al fercolo della Madonna deposto dall’altare e collocato sul piano del Presbiterio
15 agosto – Solennità di Maria SS. Delle Vittorie
ore 08:00 Suono festoso di tutte le campane della Basilica Cattedrale e sparo di bombe
ore 7, 8, 9, 10, 18 e 19 S. Messe celebrate dinnanzi alla Sacra Immagine della Madonna
Nel pomeriggio Solenne Pontificale
ore 20:00 Solenne processione del Glorioso Vessillo di Maria SS.ma delle Vittorie donato dal Papa Nicolò II al Conte Ruggero il Normanno, e da questi portato sui campi di battaglia nella guerra di liberazione della Sicilia dai Saraceni. Parteciperanno Sua Ecc. il Vescovo, il Capitolo Cattedrale, il Clero, il Seminario, tutte le organizzazioni Religiose della Città, il Sig. Sindaco, la Giunta e le Autorità cittadine, i Presidenti delle Provincie Regionali di Enna e di Caltanissetta, i Sindaci e i Vicari Foranei dei comuni della Diocesi, il Sovrano Ordine Equestre del Santo Sepolcro Gerosolimitano
ore 24:00 Piano S. Ippolito – Giochi pirotecnici
Dal 16 al 22 agosto
ore 19:00 Ottavario di preghiera in ringraziamento alla Madonna
16 agosto
ore 19:00 Il prezioso fercolo che custodisce la Sacra Immagine di Maria SS.ma delle Vittorie alla presenza del popolo in preghiera, dei giovani dell’ associazione mariana e dell’Amministrazione Comunale, viene reposto sull’altare
22 agosto
ore 19:00 Chiusura dei festeggiamenti: Santa Messa solenne all’ottava dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, solenne chiusura del fercolo che custodisce la Sacra Immagine di Maria SS.ma delle Vittorie
Santa Maria del Carmelo a Leonforte – 16 agosto
La Madonna del Carmelo a Leonforte è celebrata il 16 agosto anziché il 16 luglio (giornata della festa liturgica) perché anticamente i cittadini, perlopiù contadini, erano impegnati nei campi per la raccolta del grano e non potevano festeggiare adeguatamente la santa patrona. La festa è preceduta da 9 giorni di preghiera, dove i devoti ringraziano devotamente la Madonna per ottenere una grazia, per grazia ottenuta, e soprattutto per ringraziarLa, poiché salvò il popolo leonfortese dall’epidemia della peste. Molte sono le nenie e i canti devozionali che i fedeli rivolgono alla Madonna, gran parte dei quali in dialetto, che esprimono intensamente il desiderio protezione e di ausilio e che culminano nella processione di giorno 16. La statua della Madonna (preziosa statua scolpita da Gaspare Lo Giudice), col beato Simone Stock è collocata su un bellissimo fercolo in argento e misture con decorazioni di pitture, che la rende ancora più maestosa. Dopo la messa solenne delle 18:30, la statua della Madonna esce dalla Chiesa Madre e, tramite due binari poggiati sui gradini della chiesa, viene fatta scivolare sul maestoso fercolo che costituisce un capolavoro d’arte. Ha quindi inizio la processione serale con la banda musicale e i fedeli che si affollano lungo Corso Umberto, riccamente illuminato, e in Piazza Cappuccini in attesa dello spettacolo pirotecnico. Il momento più importante della Festa, oltre al solenne pontificale presieduto dal Vescovo della Diocesi di Nicosia, è il passaggio del fercolo nel corso Umberto (la via principale del paese), dove la santa patrona viene venerata e salutata da ogni cittadino devoto, e accompagnata da canti e marce festose, che cercano di rendere la festa degna per la Madonna. La festa patronale si conclude il giorno dell’ottava, il 23 agosto, durante il giorno vengono celebrate sante messe, e alla sera la Madre ss del Carmelo viene salutata sul sagrato della Chiesa; a questo punto il popolo saluta la santa Patrona, con il tradizionale sventolio dei fazzoletti bianchi), prima che venga collocata sull’altare minore di sinistra della Chiesa Madre.
A partire da giorno 13 agosto si svolge una Fiera-mercato, generalmente lungo il Corso Umberto.
Sagra del Tortone e Corteo Storico della Castellana a Sperlinga – 16 agosto
Il 16 agosto di oggni anno nel suggestivo centro storico di Sperlinga (EN) si svolgono due manifestazioni: la “Sagra del Tortone” ed il Corteo Storico “Dama dei Castelli di Sicilia”. La Sagra del tortone venne istituita nel 1982, in occasione del 8° centenario della guerra detta dei “Vespri Siciliani”, non è altro che la trasposizione in chiave rievocativa, della vita che per secoli si protrasse nel chiuso delle grotte, antiche abitazioni del borgo rupestre. Dalla strada di ingresso alla città, ricca di bancarelle e venditori, si accede all’area storica, dove su antichi banchi di mercanti viene offerta merce di produzione artigianale locale. Il visitatore così assaggerà buon vino dall’oste, leccornie e dolci dal sapore antico, e piatti di minestre fumanti di legumi. Si troverà quindi in una piazzetta illuminata dalla tenue luce di fiaccole, dove maestri d’armi ed artisti di strada in costume d’epoca, inscenano gesta eroiche narrate da una voce antica. Ed infine, resterà ammirato nel vedere il maestoso castello scavato nella roccia. Sin dalla mattina le strade e le piazze del paese sono animate dagli spettacoli di sbandieratori, musicisti, saltimbanchi e falconieri. Nel pomeriggio ha inizio la sagra, con la distribuzione di vari prodotti locali tra i quali spicca il “Tortone”, un dolce tipico fatto di farina impastata e lievitata, olio d’oliva e cosparso di zucchero e cannella. Nel contempo ha inizio il Corteo Storico, formato da dame e cavalieri in abiti d’epoca rappresentanti le famiglie nobiliari che hanno dominato il castello di Sperlinga. Nel corso della serata nella piazza antistante il castello maestri d’armi inscenano gesta eroiche, richiamando l’episodio dell’assedio del castello, che ha reso nota Sperlinga durante la Rivoluzione del Vespro (1283). Alla manifestazione prendono parte circa 30 delegazioni dei paesi facenti parte delle Terre Gallo-Italiche. Il tutto si conclude ai piedi del castello medievale con la rievocazione storica del Vespro Siciliano, l’Elezione della Dama dei Castelli di Sicilia ed i fuochi piro-musicali. All’ interno della manifestazione molto è dedicato alla valorizzazione dello studio del dialetto Gallo-Italico.
Festino di San Giuseppe a Valguarnera Caropepe – 19 agosto
Folklore e tradizioni della Festa di San Giuseppe più bella di Sicilia a Valguarnera Caropepe (Enna) il 19 agosto. Il “Festino” è la versione estiva della Festa di San Giuseppe, più bella di Sicilia, celebrata il 19 marzo di ogni anno a Valguarnera. In questa occasione vengono riproposte, ai tanti emigranti e ai turisti, la sfilata dei Cavalli e dei Cavalieri Valguarneresi, la Processione della Sacra Famiglia, la “Tavolata” allestita nella Sacrestia della Chiesa. Nei giorni precedenti si svolge la Fiaccolata con partenza dalla cappella di “San Giuseppe degli abbandonati” ed offerta di grano con cavalli bardati a festa; il giorno 18 “u m’braculu” offerta di grano al patriarca con cavalli bardati a festa. Il giorno 19 la Visita della Tavolata e La “Cavalcata”; alle ore 20,00 ingresso Solenne e Processione della “Sacra Famiglia”, a seguire “Azena”, i Santi consumeranno la tradizionale “Cena” presso la Tavolata allestita nella sacrestia della chiesa, dove saranno messe in mostra le pietanze tipiche e le forme di pane frutto del lavoro e della maestria dei panificatori Valguarneresi. Dopo il rito dell’ “Azena” la Tavolata sarà aperta a quanti vorranno degustare le tradizionali pietanze della Tavolata di San Giuseppe.
Festa di San Sebastiano a Cerami – 27 / 28 agosto
Tradizionale processione con cavalcata di figuranti in costume romano. La mattina del giorno 27, vigilia della festa, si svolge la “‘A ‘ntrata u lauru” (entrata dell’alloro), storico corteo per la tradizionale offerta dell’alloro al Santo protettore, con le tipiche “bannere” portate dai devoti sulla testa, al seguito delle quali stanno i cavalieri al dorso dei loro cavalli che, partiti da Piazza San Sebastiano, si recano a ossequiare Sant’Oliva, cugina presunta del Santo protettore. Qui viene degustato pane e formaggio, il tutto accompagnato con un buon vino. La cavalcata termina non appena si ritorna alla Chiesa di partenza. Un tempo potevano partecipare alla cavalcata solo i “Massara”, oggi la partecipazione viene estesa a chiunque voglia aderire, coinvolgendo anche i paesi vicini. Il rituale è organizzato dalla confraternita di San Sebastiano e affonda le radici nella famosa “Battaglia di Cerami” (1063). Durante la battaglia i Saraceni subirono la prima grande sconfitta ad opera dei Normanni guidati da Roberto il Guiscardo e Sarlone. Nel pomeriggio si svolge la solenne processione delle Reliquie del santo. con la partecipazione del clero e delle confraternite religiose. La mattina del giorno 28, “Festa di San Sebastiano”, avviene la traslazione del “Sacro reliquario del Santo”, dalla chiesa Madre alla Chiesa di San Sebastiano, a seguire la processione del santo e del Sacro reliquario sull’artistica “Vara” (giro esterno), che sosta nell’Abbazia di S. Benedetto. Nel pomeriggio ha luogo la seconda parte della processione del santo (giro interno), al termine della quale, il clero e le confraternite religiose, trasferiscono il Sacro reliquario e la reliquia del santo nella chiesa madre. Il Santo – Secondo la leggenda il santo ebbe un ruolo importante presso Diocleziano. Quando l’Imperatore lo scoprì cristiano lo fece condannare ad essere trafitto da frecce, dopo questo martirio fu abbandonato perché i carnefici lo credettero morto, ma non lo era, e fu amorevolmente curato e riuscì a guarire. Ritornato da Diocleziano per rimproverarlo, questi avrebbe ordinato di flagellarlo a morte, per poi gettarne il corpo nella Cloaca Maxima. La memoria liturgica ricorre il 20 gennaio. Sebastiano veniva invocato come protettore contro la peste. Attualmente, in Italia, è il santo patrono della polizia municipale. È particolarmente venerato in Sicilia fin dal 1575, anno in cui infuriò la peste e in molte città veniva invocato contro la terribile epidemia.
Festa di San Cataldo a Gagliano Castelferrato 29 / 31 agosto
La festa di San Cataldo, patono di Gagliano Castelferrato (EN) si svolge ogni anno, gli ultimi tre giorni di agosto, dal 29 al 31. Da un punto di vista strattamente religioso la preparazione alla festa inizia con il “mese” dedicato al santo, vale a dire partecipando per tutto il mese alla messa e recitando le “coroncine” a S. Cataldo.
Il 22 agosto, in serata, avviene la “vanniatu u ddavuru” cioè viene pubblicamente annunciato che è possibile andare a raccogliere l’alloro, che poi verrà portato in processione al santo. Il giorno 23 ci si reca, in pellegrinaggio, a raccogliere l’alloro presso Caronia, in provincia di Messina.
Il 29 agosto Processione con l’alloro per le vie del paese, i rametti d’alloro saranno portati fino alla chiesa del santo e quindi benedetti. Particolarmente interessanti sono le “verghe”, tronchi di albero rivestite di carta velina colorata, e arricchite con figure del santo. Solitamente le verghe sono poggiate sulla spalla del devoto seduto sul dorso di un asino. Il 30 agosto, in serata, processione delle reliquie di S. Cataldo. Di particolare interesse, il reliquiario in argento con angeli adoranti, e la statua-reliquiario, sempre in argento. Le reliquie, chiuse in capsula d’argento, visibili dietro un cristallo di forma ovale, vengono portate in processione la sera del 30 agosto ed il giorno 8 marzo di ogni anno.
Il 31 agosto, al termine della messa del panegirico solitamente officiata dal Vescovo, inizia la solenne processione. Di mattina si visita la cappella di S.Cataldo al Piano Puleo, e si conclude presso la chiesa dell’Annunziata. Nel pomeriggio, si percorre la restante parte del paese. Di rilievo artistico la statua e il fercolo del santo, entrambe datate, fine cinquecento. Liturgicamente, la festa di S. Cataldo cade l’8 marzo, giorno in cui il santo rese l’anima a Dio. In questa giornata si replica la processione del 30 agosto. Come ex-voto, oltre all’alloro, si è soliti andare in processione a piedi scalzi portano in mano un cero. Tradizione vuole che ciò si ripeta per tutti gli anni necessari affinchè il cero si consumi.
Festa di Maria SS. di Valverde a Enna – Ultima domenica di agosto
Festa di Maria SS. di Valverde a Enna, patrona del popolo ennese fino al 1412. La storia ha tramandato l’inizio della festività collocabile attorno alla nascita del cristianesimo ad Enna. Il promontorio dove si erge attualmente il Santuario della Madonna di Valverde, ospitò fino al 300 d.C. uno dei templi dedicati a Cerere più importanti della Sicilia.
A CUGLIUTA
La festa della Madonna di Valverde si celebra l’ultima domenica di agosto, ma sin dall’inizio del mese ne fervono i preparativi che diventano appariscenti all’orquando in ossequio ad un’antiqua tradizione si compie la “questua” la ricerca delle offerte votive necessarie per rendere le cerimonie liturgiche più fastose e i festeggiamenti più solenni. Un tempo la curavano i procuratori, fedeli che particolarmente devoti alla Vergine di Valverde ne avevano a cuore il decoroso mantenimento del culto; oggi il loro compito lo hanno assunto, con immutato fervore, i membri del collegio di Valverde, ricostituito nel 1935 per far rivivere un’omonima confraternita fondata alla fine del ‘700. Le modalità di svolgimento della questua nonostante lo scorrere del tempo e le mutate condizioni di vita, sono rimaste fedeli alla tradizione che prevede l’impiego di muli per il trasporto del grano, che in passato costituiva l’offerta più comune, sia quasi a ringraziamento del buon andamento del raccolto da poco conclusosi, sia delle prevalenti vocazioni cerealicole delle contrade ennesi. I Procuratori accompagnati da muli bardati con finimenti caratteristici e dalla ciaramella sono condotti per tre giorni tra vicoli, stradine e piazzette, accompagnati dalle note suonate dai tanto rari suonatori delle zampogne al fine di sollecitare le offerte.
L’ APERTURA
La settimana precedente l’ultima domenica di agosto il simulacro ligneo della Vergine Maria, viene svelato ed esposto. La Nicchia, ristrutturata negli anni ’90 dall’artigiano ennese Mastrandrea, dove il simulacro della Vergine è conservato, si compone dal grande sportello centinato, decorato, dal pittore ennese Lodato nel 1949, con l’artistica immagine della Madonna che riproduce con gran fedeltà le fattezze. L’atteggiamento della statua lignea policroma, fù scolpita nel 1646 da l’ennese Giovanni Gallina. Egli scolpì nell’atto di tenere in braccio con gesto amorevole il bambino. La statua della Madonna è ornata di argento e corona, coperta da un prezioso mantello confezionato nel 1855 dalle devote del quartiere Fundrò, che su un lucente tessuto di seta, eseguirono accurati ricami; è rivestita di luccicanti gioielli, viene portata dai confrati dalla cappella votiva, dove il simulacro stesso è custodito durante l’anno. Tale cerimonia, ufficializza, l’apertura dei festeggiamenti in onore della Vergine Santissima.
LA VIGILIA
La mattina del sabato precedente la festa, ancora oggi, come da tradizione, alle ore 9:30 ha luogo la santa messa delle “Verginelle” (fanciulle che rievocano l’episodio vissuto dalle antenate, scampate ad un crudele sacrificio grazie a San Pancrazio), invitate da alcune famiglie che hanno ricevuto grazie particolari dalla Madonna. Queste digiunano fino a mezzogiorno e poi consumano un frugale pranzo preparato tra le mura domestiche dalle famiglie che le ospitano. Le verginelle restano a pranzo anche la domenica, giorno della festa. In passato vi era un’altra figura, quella del “Nudiddu” (fanciulli d’animo puro come il vestire), vestiti di bianco con dei nastri multicolori allacciati alla vita; l’ultimo «Nudiddu » che ricordiamo è stato, nel 1967. La vigilia della festa si conclude con i Vespri Solenni.
LA FESTA
Di buon mattino sull’ampio pianolo di Enna una fragorosa esplosione di assordanti mascuna (101 colpi di cannone) improvvisamente lacera l’aria azzurrina d’una serena giornata di fine agosto, il gioioso crepitio segnala che è spuntato un giorno di festa dedicato alla “Madonna di Valverde”. La relazione della datazione della festa è legata al culto di cerere i cui festeggiamenti trovavano il loro culmine alla fine di agosto, poichè, in tale periodo, aveva termine il ciclo agrario. In passato, dopo le messe del mattino si celebrava e si celebra tuttora il Pontificale; dopo di che, il fercolo con la Madonna veniva portato a spalle dai Confrati in abito civile fino alla Chiesa Madre. Nel pomeriggio aveva luogo la processione vera e propria; i confrati questa volta dovevano indossare l’abito tradizionale: camice bianco, cintola verde, fazzoletto verde a tracollo, a piedi nudi. Oggi il fercolo dorato (realizzato da Gregorio Mazzarino, eseguito nel 1957 su progetto di Francesco Paolo Notaro, ristrutturato nel 1997; si compone di una struttura in legno rivestita da foglie d’oro 18k ), non viene più portato nella Chiesa Madre al mezzogiorno.
La processione, oggi, parte dal Santuario omonimo, ed è diretto al Duomo per la celebrazione della Messa Solenne, e destinato poi, a dirigersi alla chiesa di San Tommaso tra le grida di giubilo che di tanto in tanto i confrati in camice bianco e piedi scalzi fanno echeggiare. Ad accompagnare il fercolo, la “Nave d’Oro” della Madonna di Valverde, nel suo percorso processionale, precedono il simbolo della Trinità, i fercoli di S. Michele Arcangelo e S.Giuseppe, le verginelle vestite di bianco, il clero; la seguono le autorità locali, i Procuratori, la banda cittadina, i fedeli. La processione attraversa, a seguito della Messa Solenne, via Roma, piazza S. Francesco, arriva in piazza Balata (oggi piazza Matteotti) prosegue lungo la via Roma, giunge in Piazza San Tommaso e da qui fa ritorno al Santuario di Valverde. La festa si conclude con musiche, giochi e fuochi d’artificio.
Sagra del Nocattolo e dei Prodotti Tipici a Nicosia31 agosto e 1 settembre
Percorso enogastromico degustazione prodotti del territorio. Esibizione Carretti Siciliani, mostre e musica. Un grande evento dedicato non solo a questo prodotto ma a tutti i prodotti tipici nicosiani. Manifestazione dedicata al dolce tradizionale dalla storia antica, dal sapore unico profumato. Percorso Enogastronomico, visite guidate, musica popolare.
Il “Nocattolo” è un dolce tradizionale dalla storia antica, dal sapore unico, profumato.
Con base in fragrante pasta frolla e con sopra un eccellente impasto di mandorle aromatizzate, il “Nocattolo” è un dolcetto unico nel suo genere. I nocattoli appartengono alla tradizione gastronomica natalizia tramandati con cura di madre in figlia e sono famosi non solo per il loro delizioso gusto ma anche per la forma. Nel coro della manifestazione diversi appuntamenti, in una splendida cornice che è quella di Nicosia, Città d’Arte e Natura, Sapori e Nobiltà.
Settembre
Festa della Madonna del Buonriposo a Calascibetta – Primo lunedì di settembre
A Calascibetta, in provincia di Enna, il primo sabato di settembre si svolge la festa della Madonna di Buonriposo, tradizionale Sagra della salsiccia. Durante i tre giorni Cristianesimo e paganesimo si mescolano in questo evento che si svolge in occasione delle celebrazioni della Madonna di Buonriposo. Si rivivono le antiche commistioni religiose di Calascibetta, dove cristiani, arabi ed ebrei hanno vissuto e convissuto. Il Palio è una manifestazione sportivo-folcloristica che affonda le sue origini nelle antiche corse berbere.
FESTA DELLA MADONNA DEL BUONRIPOSO
La sacralità della festa della Madonna del Buonriposo si combina con l’anitichissimo Palio dei Berberi.
Era l’800 a.C. quando i coloni arabi si stabiliscono nelle vicinanze della fortezza Kalat-Shibet costruita per espugnare Enna. Queste genti berbere amavano le feste con le immancabili giostre e i pali corsi da abili cavalieri con stupendi cavali tra percorsi alternati da boschi, ruscelli, salite e pianure per giungere all’attuale “chianu a cursa”, dove oggi rivive la corsa berbera. Con la cacciata degli infedeli, la festa pagana, ormai radicata, cominciò ad indossare panni cristiani.
Verso la fine del secolo scorso, nelle miniere, proprio sotto il pianoro della festa, venne ritrovata una roccia con le fattezze della Madonna. Sorse immediatamente una diatriba tra chi voleva la roccia in paese e i minatori che viceversa volevano tenersela. A risolvere la questione intervenne il miracolo: la Madonnina diventò pesantissima e i furbi minatori, dopo essersi riposati, non poterono più riprendere il cammino verso il paese.
Proprio lì venne costruito l’odierno santuario, dove ogni primi sabato, domenica e lunedì di settembre, si onora.
Spesso i contadini macellavano sul posto le bestie arrostendone la sera le carni succulente. Deriva proprio da quell’usanza la “Sagra della salsiccia” che si svolge a partire dalla giornata di sabato che, con “l’antinna”(albero della cuccagna) e la rottura delle “pignateddi” (rottura delle pignatte) completano la festa di Buonriposo.
Festa della Madonna della Lavina a Cerami – 07 / 08 settembre
La ricorrenza della festa è preceduta da una novena che ha inizio il 30 agosto. In questi nove giorni, all’alba, lo scampanio del Santuario e della chiesa Madre chiamano i fedeli alla messa. Al tramonto, i fedeli, alcuni a piedi scalzi, si recano “a fare i viaggi a Lavina”.
La mattina del 7 settembre ha inizio la festa. Fino a non molto tempo addietro, numerosi fedeli si sottoponevano ad ogni sorte di penitenza, tra cui la strisciata della lingua sul pavimento della chiesa, dall’ingresso all’altare maggiore, chiamata “a lingua a strascinuni”. La processione dell’effige si svolge in due riprese. La mattina dal Santuario della Lavina alla Chiesa Madre, dopo la messa solenne viene portata alla Chiesa di S.Benedetto, al cui interno si trova l’icona di origine Bizantina del 1300 che si venera sotto il titolo di “Santa Maria di Lavina”.
Il palio e le “bandiere di alloro” precedono la processione, fino ad alcuni decenni addietro venivano appesi alle bandiere conigli, lepri, frutta di stagione e fazzoletti colorati, in segno di promessa dei devoti; inoltre, la processione veniva ‘accompagnata’ dal suono di tamburi, fischietti e cornamuse. Oggi sono rimaste le bandiere di alloro. Il suono dei fischietti e delle cornamuse è stato sostituito dalla banda.
Il quadro della Madonna è posto su un “baialardu”, portato a spalla nuda da numerosi portatori. Nel tardo pomeriggio la processione riprende, precedono le quattro confraternite ceramesi, nei caratteristici abiti, e il gonfalone della città, con in testa il Sindaco e l’Amministrazione tutta, che accompagnano la sacra effigie per tutte le strade del paese. Numerosi i botti e la muscattaria, che diventano sempre più intensi e rumorosi nel viaggio di ritorno al Santuario. Il giorno successivo, ricorrente la festività della natività della Vergine, in mattinata tutta una serie di liturgie al Santuario. Il giorno 8 fino a tarda notte si svolge la “Sagra della salsiccia”, durante la quale, oltre alla salsiccia cotta nelle caratteristiche “loggie” è possibile degustare anche, le fave abbrustolite e il torrone tipico del luogo.
La devozione alla Madonna della Lavina è legata all’evento prodigioso del ritrovamento, nel XVII secolo, forse intorno al 1630, di una sacra icona tra le acque di un piccolo torrente. Sulle origini del quadro della Madonna della Lavina e sulla storia del suo ritrovamento pochi sono attualmente i documenti rinvenuti che ne permettono una fedele ricostruzione. Una pia tradizione, vuole che la Madonna sia apparsa più volte in sogno ad una delle suore Benedettine, che si erano nel frattempo trasferite nel monastero annesso all’Abbazia di San Benedetto e l’abbia invitata a riferire all’arciprete del luogo di curarsi della dissotterrazione dalle rovine del vecchio monastero di una sacra immagine che la rappresentava. L’invito fu accolto con scetticismo dal sacerdote, e dopo la terza apparizione cadde una pioggia torrenziale e dalle macerie del monastero rinvenne galleggiando la trave su cui era inchiodato il quadro della Madonna. L’indomani un contadino, che attraversava il luogo del vecchio monastero, notò che la sua mula, si inginocchiò sul posto dove giaceva, sotto il fango e la melma, la sacra immagine.
Il contadino, stupito ed impressionato dall’atteggiamento dell’animale, chiamò a raccolta quanti lavoravano nelle vicinanze. Si cominciò a scavare e, con stupore dei presenti, si rinveniva il quadro della Madonna. Ancora oggi molti anziani del paese riferiscono il fatto che sulla sacra icona ritrovata vi e impressa l’impronta dello zoccolo della mula. Non appena l’arciprete ebbe notizia dell’episodio, scosso e pentito, fece suonare le campane a distesa e assieme ad una gran folla di fedeli si recò a Lavina e con grande devozione fu raccolta la sacra icona. (A ricordo di questo evento si celebra nel mese di maggio in Cerami la festa dell’Incontro in cui viene portata in processione l’icona bizantina custodita nell’Abbazia di S. Benedetto, insieme ai simulacri dell’Arcangelo Michele e San Giuseppe).
Fu quindi chiamata “Santa Maria di Lavina”, dal luogo del suo ritrovamento, in dialetto “u lavinaru” che significa torrente, per le acque che vi scorrevano e vi scorrono tutt’ora. Si dava così origine ad un titolo, non nuovo ma di certo raro almeno per il circondario, sotto il quale invocare l’ausilio della Madre di Dio. La tradizione ci dice ancora che il ritrovamento del quadro è stato coronato da alcuni eventi miracolosi: uno dei più noti narra di un certo Giuseppe, cieco da tredici anni, che, appena sparsasi la notizia di quel che era avvenuto a Lavina, fu condotto dai parenti laggiù e baciata la Sacra Immagine, riacquistò la vista.
Festa della Madonna delle Grazie a Centuripe – 8 settembre
Tra fede, tradizione e folclore si svolge la festa della Madonna delle Grazie a Centuripe (EN). L’antico quadro raffigurante la beata Vergine, viene portato in processione per le vie del centro storico. In piazza Lanuvio si trova la chiesa di Sant’Agostino, la cui costruzione risale ai secoli XVII E XVII. Quella degli agostiniani a Centuripe è stata una presenza importante, legata al frate Andrea del Guasto e al culto della Madonna delle Grazie, che si sviluppò nel XVI secolo e trovò sede all’interno di una grotta, poi trasformata in santuario intitolato a Santa Maria delle Grazie, la piccola chiesa, costruita dentro una grotta, ancora oggi mantiene l’antica struttura. Essa fu la prima sede del convento degli Agostiniani e custodisce al suo interno, sull’altare principale, un bellissimo quadro della Vergine che allatta Gesù Bambino, con accanto Santa Monica e Sant’Agostino, oggetto di studi che potranno definirne la cronologia e l’attribuzione. La Madonna delle Grazie viene tradizionalmente datata tra il fine ‘500 e primi ‘600: rappresenta la Vergine, incoronata da angeli, con il Bambino Gesù che regge in mano il globo terrestre. La festa è una buona occasione per visitare l’antica cittadina che fu grande e maestosa sotto la Roma Imperiale. Da vedere i monumenti ed i quattro piani espositivi del Museo Archeologico Regionale; il museo etno-antropologico sito nel plesso che fu sede dell’ex convento di San Basilio, distrutto dall’invasione araba nell’800 d.C. custodisce gli attrezzi della civiltà contadina.
Festa Compatrona Maria SS. della Stella a Barrafranca – 8 settembre
Festa della Compatrona Maria SS. della Stella a Barrafranca (Enna). Carretti Siciliani, sbandieratori, Processione quadro Madonna della Stella e fuochi d’artificio. Il culto per la Madonna della Stella, compatrona di Barrafranca, ha origini antiche: risale agli inizi del 1500 per volontà di Matteo Barresi. La tela originale, che si trovava presso la chiesa omonima, era distesa su legno e con l’andar del tempo i tarli la rovinarono lasciado integri soltanto i volti dei Santi Giovanni Battista, S. Alessandro, della Madonna e del Bambino Gesù. La notte tra il 19 e il 20 giugno 1977, il quadro venne rubato da ignoti ladri e mai più ritrovato. Per disporre di un nuovo dipinto fu bandito un opposito concorso, la commissione scelse all’unanimità il quadro del pittore barrese Gaetano Vicari. La festa si celebra annualmente l’8 di Settembre. Una secolare tradizione è la sfilata dei “ritini”, ossia il trasporto nella chiesa della Madonna del grano offerto in obolo, che viene fatto tramite muli e cavalli bardati a festa con variopinti pennacchi e sonagliere. Precedeno la sfilata dei “ritini” il corteo con la Banda musicale e gli Sbandieratori. Il grano promesso dalle famiglie in ringraziamento di una “Grazia” ricevuta dalla Madonna, viene raccolto nelle case e dopo il giro del paese, davanti la piazza della chiesa, stracolma di gente, i cavalli percorrono l’ultima parte del tragitto al trotto, per poi lasciare il grano raccolto. La sera viene portato in processione, per le strade della città, il quadro della Madonna. La festa è molto seguita dai barresi, tanto da richiamare il ritorno degli emigrati, in varie parti del mondo. Di solito si organizzano festeggiamenti che durano una quindicina di giorni.
Festa Madonna della Catena a Villarosa – 8 settembre
E’ la festa che conclude l’estate a Villarosa. Si svolge nella chiesetta dedicata alla Madonna della Catena, ed è una tradizione molto sentita dai villarosani. La chiesetta si apre una settimana prima della festa e vi si celebra ogni sera la Messa, alla quale partecipano molti fedeli. Il giorno della festa alla prima Messa del mattino partecipano anche molti cittadini di Villapriolo, frazione del comune di Villarosa, alcuni dei quali fanno la strada a piedi scalzi. Anche da Villarosa molti fanno “U viaggiu scauzi”. Dopo la Messa della mattina una delle due statue, che si conservano nella chiesetta, viene portata in processione nella Chiesa Parrocchiale della Concezione, da dove riparte nel pomeriggio e, dopo avere attraversato le principali vie del paese ritorna nella chiesetta campestre. La caratteristica della festa è la sera, con la tradizionale carne e salsiccia arrostite alla brace, che gli abitanti cuociono nei dintorni della Chiesa con improvvisati barbecue, o che si può comprare dai venditori che allestiscono griglie nelle vicinanze.
Chiesa della Madonna della Catena: il culto mariano rivolto alla Madre della Catena è più antico della sua ricorrenza. La festa viene celebrata ogni anno presso il Santuario sito all’ingresso del paese, il luogo era uno dei punti di confine tra Val di noto e Val d’Imera, che allora rappresentava la suddivisione geografica della Sicilia. A quel tempo Villarosa era quel borgo agricolo dedicato a San Giacomo, defilato rispetto alla Trazzera e quindi punto di sosta dei forestieri in transito. Su questa altura a un chilometro dal paese è stato più volte ipotizzato ci fosse una dogana, un passaggio obbligato, sin dal tardo medio evo dove si pagava dazio per il passaggio da una regione amministrativa all’altra. In quel luogo oggi sorge una casetta in pietra a secco, probabilmente edificata o istituita ad opera degli spagnoli. Nel tempo, in una nicchia a fianco della porta, venne posizionata una piccola statua della Madonna che guardava alla strada e che serviva a rincuorare i viandanti per il lungo viaggio, ma anche a scoraggiare atti di brigantaggio molto diffusi a quel tempo in luoghi cosi isolati. Da questa associazione tra luogo e culto mariano nascerebbe la denominazione Madonna della Catena. La catena era fisicamente il mezzo, il simbolo del transito e ne esisteva probabilmente una, ancorata su entrambi i lati della strada che pagato il dazio veniva abbassata. La piccola chiesa campestre rimane aperta una settimana prima della festa, 8 settembre, che a conclusione della processione celebrativa, si conclude tra giochi d’artificio e suono di banda musicale.
Madonnari di Sicilia a Nicosia – 13 / 15 settembre
“Madonnari di Sicilia” a Nicosia, dal 13 al 15 settembre il concorso con la partecipazione di vere firme dell’arte del gessetto, artisti provenienti da tutta Italia e dalla stessa Sicilia.
Il concorso sarà un evento all’insegna della tradizione: la memoria popolare, infatti racconta che questa antica arte ha avuto origine lungo la Via Francigena,con alcuni pellegrini poveri che offrivano le loro abilità artistiche in cambio di ristoro e riparo durate il cammino verso la Terra Santa, utilizzando materiali poveri come carbone, pietre e crete di fiume ed altre materie naturali, oggi sostituiti dai più moderni gessetti colorati.
L’incontro dei Maestri dell’effimero si svolgerà nell’ambito dei Solenni Festeggiamenti che la cittadinanza nicosiana offre alla sua Madonna dell’Aiuto. Attraverso l’iconografia sacra, i partecipanti potranno affrontare anche la tematica sociale prendendo spunto dal tema proposto da MegaPixel “La Madonna, un esempio di donna e di mamma. La dolcezza non merita violenza”.
Festa del Santissimo Crocifisso di Papardura – 13 / 14 settembre
Si svolge nei giorni 13 e 14 settembre la storica Festa di Papardura, che come ogni anno, attira centinaia di fefeli che nel segno della tradizione e della fede, si recano in pellegrinaggio e in preghiera presso lo storico Santuario, per celebrare una delle feste più antiche e suggestive della zona. Una tradizione che affonda le radici lontano nei secoli, e voluta dai numerosi agricoltori e pastori che anticamente abitavano l’area, dove secondo la trazione popolare, i fedeli videro l’immagine miracolosa del Cristo impressa sulla roccia, e decisero di edificare un Santuario dedicato proprio all’immagine miracolosa, ancora oggi visibile in una nicchia nei pressi della chiesa. Già dal primo settembre i “massari” ovvero i contadini effettuano il giro della città per la raccolta delle offerte e la tradizionale distribuzione dei “santini”, con a seguito ciaramelle o pipite ed alcuni muli addobbati a festa. Degustazione delle “cudduredde”, un classico impasto di acqua e farina, cotto al forno,che vengono preparate dalle massaie della zona e distribuite ai fedeli. I riti religiosi si concludono il giorno 14 settembre sul calvario, dal latino Calvaria che significa “luogo del cranio”, ovvero la collinetta appena fuori Gerusalemmen su cui salì Gesù per esservi crocifisso. Come da tradizione, nel Calvario di Papardura, in ricordo della vita di Gesù Cristo, viene effettuata la benedizione con la reliquia della Spina Santa. Tradizionale Fiera di settembre in piazza Europa e dintorni.
Festa di Santa Rosalia e San Prospero a Centuripe – 16 / 19 settembre
Tra fede, tradizione e folclore si svolgono annualmente dal 16 al 19 settembre le feste in onore di Santa Rosalia e San Prospero Patroni di Centuripe (Enna). Durante i festeggiamenti si svolge la “Fiera degli animali”, solenni processioni per le vie del paese, spettacoli musicali e tanto altro. Una buona occasione per visitare l’antica cittadina che fu grande e maestosa sotto la Roma Imperiale. Da vedere i monumenti ed i quattro piani espositivi del Museo Archeologico Regionale; il Museo Etno-antropologico sito nel plesso che fu sede dell’ex convento di San Basilio, distrutto dall’invasione araba nell’800 d.C. custodisce gli attrezzi della civiltà contadina. Di notevole importanza il rinnovo del più antico gemellaggio documentabile della storia tra Centuripe e Lanuvio, comune del Lazio. Una tela seicentesca d’autore ignoto, recentemente restaurata che si trova nell’altare di destra del transetto della Chiesa Madre di Centuripe, ritrae Santa Rosalia incoronata dagli angeli davanti alla grotta scelta per il suo eremitaggio ( la grotta è visitabile ancora oggi, nei boschi della Quisquina in provincia di Agrigento ). San Prospero martire è rappresentato da una statua in dimensioni reali con una splendida armatura d’argento e fiero nel portamento e viene festeggiato il 18 e il 19 settembre. Un ornamento particolarmente significativo è sicuramente il vessillo di San Prospero. Sembra addirittura che di esso ne esistano quattro differenti tipi. Quello attualmente utilizzato è stato donato nel 1913 dai Centuripini emigrati in Argentina, come testimonia la scritta posta sul retro della bandiera. Il giorno 16 è dedicato a Santa Rosalia, nel pomeriggio si svolge la processione in suo onore per le vie principali del paese. Il giono 17 in serata si svolge la Processione delle reliquie di San Prospero. Il giorno 18 San Prospero viene portato in Solenne Processione fino alla chiesa di Sant’Agostino e nel pomeriggio la visita ai quartieri. Il giorno 19 rientro, tradizionale “Fiera di San Prospero”; rientro del di Santo in Chiesa Madre e Santa Messa.
Sagra dello Zafferano a Valguarnera – 28 / 29 settembre
Degustazioni di prodotti tipici locali e risotti, arancini, cannoli e altri dolci tipici rigorosamente a base di zafferano, incontri, giochi e intrattenìmento, visite guidate al centro storico della città. Valguarnera Caropepe è la terra dell’Oro Rosso di Sicilia, la nota spezia usata sin dall’antichità, dalle molteplici proprietà terapeutiche. Comune in provincia di Enna, Valguarnera Caropepe è situata a 600 metri di altitudine sul livello del mare, sulle pendici dei monti Erei. Le prime notizie del feudo di “Caropipi” risalgono al 1296 quand’era un semplice casale appartenente a Lamberto di Carupipi, da cui poi ebbe nome il feudo. Da visitare a Valguarnera sono le numerose Chiese, con i ricchi quadri, affreschi, antichi paramenti sacri, statue, testimonianza di una fervida fede religiosa. La Chiesa Madre dedicata a San Cristoforo, protettore del paese, ha la facciata costruita con pietre calcaree. L’interno della chiesa è diviso da colonne a tre navate, all’entrata, a destra, è situato il battistero. Ai muri sono appesi quadri di grande valore. In fondo c’è l’altare maggiore e ai lati tre cappelle. Ci sono tre lunette sulla facciata che sono state abbellite con vetri mosaici rappresentanti Gesù risorto, San Cristofero e la Madonna. Altre chiese: San Francesco, San Giuseppe, San Giovanni Bosco, S.Anna e S. Antonino.
Sagra del Cavatello a Cerami – 28 / 29 settembre
Sagra du “Pipi ceramisi e du Cavatieddu atturratu” di Cerami il 28 e 29 settembre 2024. Come ogni anno, tradizionale appuntamento per tutti i buongustai a Cerami, grazioso paese di antiche origini sito all’interno del Parco dei Nebrodi. La tradizionale sagra du “Cavatìeddu Atturratu” (dolce tipico), è un’importante manifestazione gastronomica per chi vuole tornare al passato con il desiderio di consolidare le buone abitudini alimentari. Nel corso della serata, il Peperone di produzione locale, arrostito sulla brace e condito con olio e sale sarà accompagnato dal Cavatieddu, dolce tipico di antichissima ricetta, un biscotto imbevuto di acqua e zucchero, ricoperto con granella di mandorle tostate e tritate, cannella e zucchero. Antiche sono le origini di Cerami (EN) che si fanno risalire ai Greci. I reperti archeologici venuti alla luce nei saggi di scavi effettuati in via Roma nel 1971 fanno collocare le origini di Cerami tra il IV ed il V secolo a.C. La carenza di impedisce la ricostruzione della storia delle origini di Cerami. Erano ben ventiquattro, fino al secolo scorso le chiese. Oggi ne esistono solo nove di cui sette nel centro abitato: la matrice, dedicata a San Ambrogio, sant’Antonio abate, Madonna del Carmelo, San Sebastiano, San Benedetto, San Giuseppe delle anime del purgatorio, San Biagio, e due insone rurali, anche se oggi risultano lambite dall’espansione edilizia: la chiesetta del Crocifisso (detta del Signore della Santetta) ed il santuario della Madonna della Lavina. Inoltre sono ancora visibili, ai piedi della rocca del castello, lato nord-est, i ruderi della chiesa di San Michele, e dell’omonimo convento.
Festa di San Prospero a Catenanuova – Ultime due domeniche di settembre
Festa in onore dei Santi Patroni San Prospero martire e Maria SS. delle Grazie a Catenanuova. In questo arco di tempo la città muta il suo aspetto nel modo più assoluto, appunto perché in pochi giorni si addobbano le vie cittadine, arrivano le bancarelle e le giostre, e nella piazza principale si susseguono spettacoli di vario genere; e mentre le strade danno vita ad eventi pagani, all’interno del duomo si inizia a preparare l’aspetto fondamentale della festa stessa, e cioè quello religioso; il quale ormai dal 1752 è diventato il momento più atteso dell’anno.
La penultima domenica si celebra la festa della Madonna delle Grazie compatrona di Catenanuova, la quale è raffigurata da una preziosa statua lignea del XVIII sec., con il drappo ricco di preziosi ed ex-voto donati dai fedeli alla compatrona da oltre due secoli di storia, in serata, più o meno intorno alle 20.00, quindi dopo la S. Messa, viene portata in processione per le principali vie della città, tra le note della banda musicale, i giochi pirotecnici, le autorità cittadine, e soprattutto dai fedeli che in numerosi chiedono grazie alla Vergine. Subito dopo questa processione, nella principale piazza, iniziano gli spettacoli (concerti-cabaret) che si susseguiranno per tutta la settimana. Nel giorno dell’ultima domenica di settembre, invece, si celebra la solennità di San Prospero martire. Muore martirizzato intorno al 200/300 d.C. viene seppellito nelle catacombe di San Callisto a Roma; diviene Patrono di Catenanuova il 27 luglio del 1752, grazie al fondatore della città, il Principe Andrea Riggio; nell’arte è raffigurato con vestiti da nobile del ‘700, portante nella mano destra la palma simbolo dei martiri e nella sinistra il vessillo color porpora indicante la vittoria nel martirio). Già dalle prime ore del mattino la gente è svegliata dal festoso suono delle campane e dai tradizionali 21 colpi a cannone, che esplodono fragorosi per salutare il giorno di festa, mentre il corpo bandistico attraversa le vie cittadine. Intorno alle 18.30, nel duomo viene celebrata la S.Messa, e subito dopo tra un clima festoso di gente, ecco il settecentesco simulacro del Santo uscire dalla chiesa madre; è un momento gioioso, i fedeli s’inginocchiano, nel cielo i bengala colorati la fanno da padroni, nell’aria echeggiano le note melodiose della banda musicale e delle campane, mentre la gente a gran voce grida “Evviva San Prospiru”. Il Santo attraversa le vie cittadine, fino ad arrivare nella zona sud dell’abitato, dove viene fatto brillare lo spettacolo pirotecnico. Subito dopo, la vara tirata a forza di braccia, si riaccompagna al duomo, e negli occhi della gente, è la commozione, nel salutare al prossimo anno il loro protettore. Dopo di ciò avviene il maggiore spettacolo concertistico della settimana con l’esibizione di celebri cantanti; ecco l’unione del sacro al profano, che ancora una volta si è consumato nella bella città di Catenanuova; l’indomani lunedì, viene allestita la cosiddetta “Fiera di San Prospero” nella quale si acquista un pò di tutto, si apre alle 8 del mattino e si prolunga fino a tarda sera.
Ottobre
Sagra delle Pesche a Leonforte – 05 / 06 ottobre
La manifestazione a ricorrenza annuale, che si svolge il primo fine settimana di ottobre, ha l’intento di promuovere e valorizzare i prodotti tipici leonfortesi. Leonforte (EN), è famosa per le sue pesche che maturano tra la fine di agosto e l’inizio di novembre con una concentrazione nel periodo che va da settembre a ottobre. Sono esternamente gialle con polpa molto aromatica. La caratteristica peculiare che contraddistingue la peschicoltura a Leonforte è la pratica dell’insacchettamento sulla pianta dei singoli frutti, a partire dalla seconda metà di giugno, quando le pesche verdi vengono inglobate in sacchetti di carta (manualmente). Con questa pratica si evita di dover intervenire con prodotti antiparassitari in quanto il frutto è naturalmente protetto dentro il suo sacchetto di carta pergamenata che lo accompagnerà fino alla sua completa maturazione, tra la fine di settembre e gli inizi di ottobre quando, uscitone dolcissimo, la sua fragranza potrà diffondersi per il piacere dell’olfatto. Una sagra dedicata ad uno dei prodotti della produzione italiana, premiato per la qualità e ritenuto da proteggere.
Palio Nicosiano – 12 ottobre
Corteo Storico “Carlo V visita Nicosia”. A Nicosia sfila il Corteo storico che rievoca la visita di Carlo V in città nel lontano 14 ottobre 1535, Rievocazione storica con sfilata in costume, un evento che rientra nel ricco calendario dell’estate nicosiana. Un lungo corteo di cavalieri, Dame e Signori e di Confratelli di 12 quartieri di Nicosia (nel 1700 c’erano ben 34 confraternite), sfila per le vie della citta’. I cavalieri con le difficoltà degli animali nel mantenere una corretta marcia sul pavimento in alcune vie del centro, precedono il resto del corteo che con costumi d’epoca rappresentano le principali casate nobiliari rinascimentali. In mezzo al corteo un gruppo di giovani musici, allietavano gli spettatori con strumenti e musica in stile barocco. Infine il gruppo dei quattro arcieri in Piazza Garibaldi, ha dato vita ad un torneo per eleggere la castellana che parteciperà alla sfilata del corteo a Sperlinga. La manifestazione si conclude a sera inoltrata in piazza Garibaldi, dove le confraternite si sfidano facendo volteggiare con destrezza u palio un bastone di 4 metri con appeso un drappo riccamente decorato, simbolo della confraternita.
Festa del Ragu’ di Cinghiale a Leonforte – 26 / 27 ottobre
A Leonforte in piazza IV Novembre, la II edizione della Festa del Ragù di Cinghiale con la pasta fresca. La manifestazione è organizzata dalla Squadra Trinacria e patrocinata dal Comune di Leonforte. Leonforte si trova nel cuore della Sicilia a 625 metri sopra il livello del mare. Si colloca sulle pendici meridionali dei monti Erei a sud del monte Altesina. In posizione amena, al centro di una zona ricchissima d’acqua. Secondo alcuni storici in questi luoghi sorgeva l’antica città sicula di Tabas o Tavaca. Durante il dominio Bizantino ed in seguito quello Arabo, poco lontano, fu edificato un castello, detto di Tavi, e si formò un casale nelle sue vicinanze; furono introdotti sistemi razionali per l’irrigazione delle colture e numerosi mulini sfruttavano l’abbondanza delle acque. Leonforte, dunque, fu fondata nel 1610 dal barone di Tavi N. Placido Branciforti sul cui stemma gentilizio troneggiava un leone coronato d’oro. Il nome Leonforte fu scelto per eternare la stirpe dei Branciforti.
Sagra della Mostarda a Gagliano Castelferrato – 26 / 27 ottobre
Sagra della Mostarda di Ficodindia il 26 e 27 ottobre 2024 l’avvenimento culturale-culinario più importante del paese di Gagliano, la ridente cittadina è pronta ad accogliere tutti coloro che desiderano assaggiare le prelibatezze e ammirare le bellezze paesaggistiche e atistiche del luogo. Il Fico d’india da sempre, anche nei tempi più lontani, è stato l’alimento di riferimento per il popolo gaglianese. E’ sicuramente catalogabile come il “frutto pregiato” di Gagliano Castelferrato. Durante la manifestazione è possibile degustare la mostarda; sono molti i turisti che ogni anno si recano a Gagliano, per assistere a questo avvenimento, ormai simbolo della cultura culinaria gaglianese. Galaria, oggi Gagliano Castelferrato (EN), fu fondata nel 1900 a.c. da MORGETE SICULO (re dei Sicani), e fu già abitata in epoca preistorica. Galaria raggiunse il suo splendore in epoca romana come testimoniano Cicerone e Fazello. La Rocca (Antico Castello), oggi è un masso enorme, imponente, gigantesco, maestoso come un monumento solido, massiccio che cade a picco slanciato, avente accanto altre rupi e circondato da montagne. Questo meraviglioso panorama, si ammira e si guarda come in un proscenio da teatro, con le sue luci e riflessi con i suoi vividi colori, nella superba grandiosità dell’apparato naturale-artistico proprio a Gagliano.
Novembre
Festa di San Martino a Villarosa – 11 novembre
Festa di San Martino: l’Osteria in piazza, organizzata dal comune di Villarosa (EN) l’11 novembre 2024. Degustazioni, musica, folclore e i giochi di una volta. In serata la piazza si trasformata “‘nna “Putia Do Vinu”, circondata da stand nei quali si potranno degustare pietanze e prelibatezze della tradizione: porchetta, cieci, fave, cudduruni friuti, sfingi il tutto accompagnato da un buon e sano bicchiere di vino novello. L’attuale centro di Villarosa è di giovane fondazione e risale infatti al 1761. Il paese ebbe un proprio insediamento in epoca medioevale, sotto, Federico III di Aragona con il nome di “Casale di Bombunetto”, che per tutto il secolo XIV appartenne alla famiglia Petroso di Castrogiovanni. Visitare il Treno Museo Villarosa, le miniere di zolfo di Villarosa e le Case Museo di Villapriolo rappresenta un’esperienza indimenticabile, ricca di contenuti educativi importanti oltre ad essere una sana occasione per trascorrere una bella giornata all’aperto in luoghi di accecante bellezza per la natura che li circonda. Il Treno Museo dell’Arte Mineraria e della Civiltà Contadina è unico nel suo stile in Europa. Potrete ammirarlo su un binario costeggiato da un viale alberato. E’ interamente dedicato all’esposizione Etnoantropologica su vagoni merci appositamente adattati all’interno della Stazione di Villarosa.
Sagra della Cassatella per le vie di Agira – 15 / 17 novembre
Stand, musica, folklore, gastronomia. Durante la manifestazione sarà possibile degustare e conoscere la Cassatella di Agira e altri dolci eccellenti della tradizione agirina più altri prodotti enogastronomici siciliani, lungo un itinerario del gusto eccellente.Sarà inoltre possibile visitare un comune dal grande patrimonio culturale e paesaggistico grazie a chiese, musei e palazzi aperti al pubblico. Le cassatelle sono dolci tipici della gastronomia ennese, di origini molto antiche, origin.ari della cittadina di Agira. Hanno forma di mezzaluna, preparate con pasta di frolla, tenera e color giallo oro spolverata di zucchero a velo, con un prelibato e gustoso ripieno di un impasto di cacao, mandorle tritate, farina di ceci, zucchero e scorza di limone essiccata, con eventuale aggiunta di cannella. Alle cassatelle di Agira, è dedicata una sagra che si svolge nel paese natio di Diodoro Siculo, Agira appunto, ogni anno in autunno. Risulta difficile documentare la storia della cassatella perché non esistono fonti scritte a riguardo. Le fonti orali che si possono ottenere sul territorio di Agira, sono perciò relative ad una conoscenza empirica dell’argomento e spesso si riferiscono a un periodo di tempo abbastanza limitato, coincidente con le esperienze personali dell’artigiano. Almeno nella sua versione più antica oggi scomparsa chiamata pasticciotto, possedeva forma circolare ed era caratterizzata da un bottone posto al centro del disco superiore, quasi a ricordare un altro dolce siciliano, le minni ‘e vergine, dolce dedicato a Sant’Agata. Nella millenaria storia di Agira, la cultura che senza dubbio ha influito maggiormente sulla nascita della cassatella è quella spagnola alla quale si sono aggiunti elementi agropastorali e baronali, commistioni ricche e povere che avrebbero fatto convergere nella tradizionale cassatella di ricotta elementi nobili come mandorle e cacao, con la farina di ceci ad adempiere a ruolo di condensante naturale, ampiamente disponibile ed economico del ripieno. Un’ipotesi suggestiva sulla quale non abbiamo documenti storici a conforto, ma del tutto compatibile con gli elementi a nostra disposizione. L’importanza culturale ed economica della cassatella di Agira ha convinto l’amministrazione comunale a dotarsi di Denominazione Comunale (De. Co.).
Dicembre
Centuripe nel Presepe – 8 dicembre / 6 gennaio
Rassegna di Presepi artistici allestiti nei rioni dell’antica Centuripe. Fede, tradizione, folklore, degustazioni e accoglienza per un gran Natale. Con la manifestazione Centuripe nel Presepe il Natale è divenuto un appuntamento ancora più importante ed atteso, sia dai centuripini, sia dai tanti turisti che invadono il paese per l’occasione, attraversandolo in lungo ed in largo alla ricerca dei suggestivi presepi. In uno scenario natalizio affascinante, ricco di melodie, luci, addobbi, golosità e curiosità, i cultori del presepe potranno anche godere della generosità e dell’accoglienza del popolo centuripino.
Natale a Barrafranca – 8 / 29 dicembre
Natale a Barrafranca, un calendario ricco di eventi quello del Natale Barrese, tra preziosissimi presepi artigianali, street food, Mercatini di Natale, Zampognari e Babbo Natale in Piazza. Da non perdere anche l’antica e unica tradizione delle Novene cantate. Durante il periodo natalizio La Strada dei Presepi, esposizione di preziosi presepi artigianali a cura dei Presepisti barresi, il tutto immerso in una magica atmosfera natalizia. Barrafranca, sorge in una zona collinare interna sul versante sud-ovest dei monti Erei, fra i fiumi Tardara e Braemi ed è posta a 448 metri sopra il livello del mare. Nell’antichità queste vallate, la più importante delle quali era la valle del Braemi, hanno rappresentato altrettanto vie di comunicazioni. Il nome del comune è composto da Barra, derivante dal barone Matteo Barresi di Pietraperzia, fondatore della città, e da Franca, in quanto la città era un porto franco, ad indicare le franchigie e le esenzioni di servizi e balzelli concesse ai nuovi venuti. Interessante è la settecentesca Chiesa Madre, del tardo barocco siciliano, che custodisce una Santa Maria della Purificazione, attribuita al Paladino ed il vasto edificio settecentesco dei Putieddi (botteghe).
Festa di Santa Lucia a Valguarnera – 12 / 13 dicembre
Un appuntamento secolare e solenne in cui sacro e profano finiscono con l’essere un tutt’uno per esaltare la santa degli occhi. Scoprire Valguarnera solcata dalla luce delle fiamme e vedere il quadro di Santa Lucia con la processione di fuoco del pagghiuolo gigante e dei pagghiola che attraversa le vampe dei burgia che bucano la notte lungo a strata i santi, è qualcosa di semplicemente affascinante e forse unico nella provincia di Enna. Il fuoco è elemento purificatore: affascina, incanta e diventa cuore della festa, appuntamento con una tradizione capace di fare rivivere l’atmosfera e la magia di una serata che sa d’altri tempi. La Sagra della cuccìa è l’altro momento esaltante della festa. La cuccìa – pare che la parola derivi da còcciu – è un’altra atavica tradizione. Pietanza realizzata con grano saraceno bollito che viene consumato come un piatto povero, quasi penitenziale, con un filo d’olio e un pizzico di sale e pepe. Un rito che resiste sino ai nostri giorni anche se non mancano le trasformazioni in dolce con la crema pasticcera, la crema di ricotta e quella di nutella. A questa esplosione di folklore si è voluto dare anche un deciso taglio culturale con una mostra artistica e con un convegno etnoantropologico su Santa Lucia con la partecipazione di qualificati artisti e di eminenti personalità del mondo culturale isolano. Infine il tredici dicembre è la ricorrenza religiosa che segna il tempo della festa con la celebrazione eucaristica, la distribuzione dei panuzzi di Santa Lucia, che rappresentano gli occhi della santa, e la processione con il fercolo. La festa di Santa Lucia a Valguarnera è molto sentita, in particolar modo dalle famiglie La Cagnina e Trovato, che ormai da decenni nonostante il trasferimento in Germania di buona parte dei componenti delle famiglie, ogni anno il 12 dicembre rientrano a Valguarnera per sciogliere il loro voto a Santa Lucia preparando il pagliolo, arbusto di paglia (ddisi o buje) assemblati con del fil di ferro, con il diametro di un metro ed un’altezza di cinque metri, una sorta di candelora o cero votivo che viene poi acceso in cima e portato per le vie del paese con il seguito del quadro raffigurante la Santa Martire Siracusana e la banda musicale. Nelle varie piazze dei quartieri valguarneresi si alzano le fiamme di grandi falò (i burgia) realizzati dalla gente in onore della Santa. Il 13 dicembre anche a Valguarnera per tradizione si consuma la cuccia, un piatto preparato con il frumento, rievocazione del miracolo avvenuto nel 1646: a Siracusa, colpita da una grave carestia durante la dominazione spagnola, giunge una nave carica di frumento. Da quel momento alla devozione per Santa Lucia è stato associato l’uso del mangiare cuccia il 13 dicembre di ogni anno, tradizione che si è diffusa ormai in tutta la Sicilia. Nel tardo pomeriggio, dopo la celebrazione della Santa Messa ha inizio la processione con il simulacro di Santa Lucia Vergine e Martire Siracusana invocata quale protettrice della vista.
Festa dell’Olio d’Oliva a Regalbuto – 13 / 15 dicembre
Manifestazione che mira alla valorizzazione dei prodotti locali del settore alimentate e dell’agricoltura biologica. Nei giorni della manifestazione saranno presenti produttori di olio e derivati, varie le iniziative: laboratori artigianali, hobbisti e artigiani, esposizione e vendita di prodotti tipici del territorio. Regalbuto. Siamo al centro della Sicilia, in quella parte dell’isola che i Romani chiamarono “umbilicus Siciliae” e che gli Arabi segnarono nelle carte geografiche come ideale spartiacque tra la Val Demone e la Val di Noto. Una piana sconfinata dove un incredibile silenzio si accompagna a una natura quieta e delicata. Per queste terre transitò intorno alla fine del Settecento Wolfgang Goethe provando grandi emozioni dinanzi a natura e paesaggi incantati. Un’immensa radura che fu per lunghi decenni un fertilissimo granaio sino all’operosa trasformazione che del luogo fu avviata poco dopo il 1950. Essa offre brani di pace silente e visioni d’incanto. Il tutto arricchito a distanza dalla massiccia mole dell’Etna ammantato di neve che sembra suggellare un panorama di rara bellezza.
Fiera di Natale a Aidone – 20 / 22 dicembre
Fiera di Natale nel borgo della Dea di Morgantina il 20, 21, 22 dicembre 2024 per potervi fare respirare l’aria di Natale, stand di artigianato e Street food, degustazioni, eventi, spettacoli e tanta magia Natalizia. L’evento si svolgerà nel centro storico del paese, piccolo borgo medievale ad Aidone, paese inteso “Balcone dell’ Etna”, per il suo scenario intorno a se’, i suoi paesaggi con la sua natura e luoghi incantevoli. Tutto il borgo sarà allestito a festa,saranno presenti i classici Mercatini di Natale,le bancarelle oltre che una area Food davvero Natalizia con degustazione di Vin Brulè, ricotta calda, caldarroste, hamburger di pecora, frittelle natalizie e tanto altro. Saranno quattro giorni pieni di intrattenimento per grandi e piccini, con i musici delle Novene Natalizie e gli zampognari, con Babbo Natale che verrà dal Polo Nord per raccogliere le letterine, con tanta musica e sorprese.
Antico Natale a Valguarnera – 21 dicembre
Consueto appuntamento con l’evento “Antico Natale a Valguarnera” nel caratteristico quartiere di Sant’Antonino, in via Sebastiano Arena,14 all’interno di un luogo unico nel suo genere che si presta perfettamente alla tematica da realizzare. L’evento intende proporre un Natale vero, creativo, sostenibile, rispettoso della tradizione con la rappresentazione di vita quotidiana della festività natalizia in una Valguarnera dei primi del novecento, con l’obiettivo di stimolare la riscoperta del patrimonio storico-culturale locale. All’interno della manifestazione si realizzerà anche la rappresentazione della natività
Presepe Vivente di Agira – 24 dicembre
Il 24 dicembre, come ogni anno, ad Agira, viene rappresentato quello che è stato definito “Il presepe più originale d’Italia”. Un evento che permette agli spettatori di rivivere quella notte, la notte di Natale. Migliaia i visitatori, provenienti da diversi luoghi della Sicilia, che decidono di trascorrere la notte di Natale nei caratteristici luoghi che dal 1989 ospitano il Presepe vivente organizzato dall’associazione “Amici del Presepe”. Il Presepe vivente di Agira incantata tutti, una manifestazione unica, non tanto per il tema centrale, la storica notte di Natale spesso ripercorsa anche nel più disperso sito dell’universo, bensì nella location, la vecchia roccaforte medievale, il Castello, che con gli spettacolari giochi di luci, si adatta perfettamente ad ospitare un remake di quanto accaduto ormai più di due millenni fa. Interessante la scena iniziale: la storia di Abramo chiamato a sacrificare il figlio Isacco e poi fermato dall?angelo perché premiato da Dio per la sua ubbidienza. Poi, come sempre l’Annunciazione ed il Censimento, prima della scena principale, quella della Natività, arricchita agni anno da nuovi effetti scenici.
L’evento prende il via nel tardo pomeriggio della vigilia, con la rappresentazione degli antichi mestieri all’interno delle capanne costruite nel quartiere più alto di Agira. Dopo la messa di Natale, alle 23 circa, il numerosissimo pubblico presente nei pressi della chiesa di Santa Margherita può assistere alla rappresentazione della scena della consegna delle tavole dei 10 comandamenti a Mosè. Il colpo di scena, poco prima di mezzanotte, con l’arrivo dell’asinello con Maria e Giuseppe.
Presepe Vivente e mercatini a Calascibetta – 26 / 27 dicembre
“Il Presepe nella roccia…tra luci e storie xibetane”, Presepe Vivente nel centro storico di Calascibetta. Un’esperienza unica in cui le scene si svelano nelle suggestive grotte naturali, trasportando il cuore e l’anima nella storia più significativa del Natale. Nella splendida location naturalistica che la città di Calascibetta offre, rivive la misteriosa notte che cambiò le sorti dell’umanità. L’itinerario rinnovato, rispetto alle precedenti edizioni, é estremamente panoramico, ricco di aggrottati e scenari naturali che fanno da background ad un paesaggio quasi surreale che rappresenta uno spaccato di vita vera, dove gli oltre 100 figuranti reinterpretano antichi mestieri e in due giorni fanno rivivere l’atmosfera che duemila anni fa si respirava a Betlemme… Una città con le sue contraddizioni… Le Sue frustrazioni e sofferenze…Ma che spera e attende l’arrivo del Messia. Il visitatore verrà accompagnato passo passo all’interno del percorso e si sentirà parte di quel viaggio… Perché vivrà tra la gente di allora… Respirerà i profumi di allora… Assagerà i sapori di allora ed alla fine si sentirà profondamente arricchito da un’esperienza che non ha eguali… “.
Mercatini di Natale a Calascibetta. Un’ottima occasione per conoscere, apprezzare e supportare piccoli artigiani, artisti e produttori del territorio. Degustazioni di prodotti tipici. Calascibetta comune in provincia di Enna, si trova sui monti Erei, sullo spartiacque fra i bacini dei fiumi Simeto e Imera. La cittadina vanta diversi siti archeologici caratteristici, ma ancora oggi è una perla sconosciuta del centro della Sicilia. Il nucleo storico mantiene il suo impianto medievale e vanta origini normanne legate a Ruggero d’Hauteville (Altavilla), dal quale ricevette un primo grande apporto allo sviluppo urbano.
informazioni by siciliainfesta.com