Enna. Fragili e rischiose le società in housing per la gestione dei rifiuti
di Massimo Greco
L’art. 4, d. lgs. n. 175/16 (T.U. sulle società partecipate) ha sancito un principio generale: gli Enti locali non possono, né direttamente né indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. Il comma 2 del medesimo articolo, poi, interviene a completare il perimetro di azione degli enti locali nei riguardi delle società partecipate: la P.A. può costituire società esclusivamente a taluni fini, tra cui quello di gestione di un servizio d’interesse generale attraverso un contratto di partenariato di cui all’180, d. lgs. n. 50/2016.
Se questo è il vigente quadro normativo, ci si chiede come possano giustificarsi le società a totale partecipazione pubblica che stanno nascendo, come funghi, per la gestione in housing dei frammentati servizi di gestione dei rifiuti all’interno degli ambiti di raccolta ottimale (ARO). Ora, il fatto che il lungimirante legislatore regionale abbia nel 2013 legittimato la frammentazione degli ambiti territoriali ottimali non significa che il Comune (o i Comuni associati) possa costituire in qualunque momento società pubbliche alle quali affidare direttamente il servizio senza valutare preventivamente la stretta correlazione con le proprie finalità istituzionali. Sulla base di quali motivazioni un Comune può ritenere indispensabile la propria partecipazione in una società appositamente costituita per la produzione di servizi a rilevanza economica per i quali esiste un indubbio mercato concorrenziale? E ancora, come può risultare compatibile con le finalità istituzionali del Comune la scelta di un modello di gestione del servizio manifestamente incapace di assicurare economie di scala?
Abbiamo il sospetto, più che fondato, che la costituzione delle società pubbliche costituite in provincia di Enna per la gestione in house dei servizi in questione, impregiudicati ulteriori vizi di legittimità, risulta carente di motivazione, per non avere i Comuni supportato la scelta del modello di gestione rispetto alle due ipotesi più aderenti alle regole del mercato concorrenziale (gara aperta e società mista pubblico-privata).