Prove tecniche di scontro tra Comuni e Soprintendenza ai Beni Culturali
di Massimo Greco
L’azione della Soprintendenza, quale ente preposto alla tutela dei beni culturali presenti nei nostri territori, non ha mai trovato la piena condivisione dei Comuni. Questi ultimi, preposti al governo del territorio, hanno infatti subito malvolentieri il condizionamento della Soprintendenza nella pianificazione urbanistico-edilizia dei rispettivi territori per la presenza di vincoli di varia natura alla cui cura è preposto proprio l’Ufficio periferico dell’Assessorato Reg.le ai Beni Culturali. Ma, l’ambito di tutela che sta mettendo a dura prova i rapporti tra Soprintendenza e Comuni è quello dei centri storici, classificati zona omogenea “A” dai locali strumenti urbanistici. In questi contesti urbanistici la regolamentazione dell’attività edilizia non ha mai trovato una chiara e compiuta disciplina né nella legislazione regionale né in quella, di rango amministrativo-regolamentare, costituita dalla strumentazione urbanistica. Se a ciò si aggiunge quanto introdotto più recentemente dal legislatore regionale con la specifica legge sui centri storici e col maldestro recepimento del Testo Unico statale sull’edilizia, diventa facile comprendere lo stato d’animo di tutti coloro che si avventurano nella progettazione d’interventi in queste zone e, soprattutto, di coloro che sono preposti all’esercizio di funzioni amministrative di controllo e vigilanza.
Motivo di un probabile scontro tra Comuni e Soprintendenza di Enna è l’attività edilizia nelle piazze e nelle vie dei centri storici con particolare riferimento agli spazi esterni ai pubblici esercizi (dehors). La controversia concerne la preventiva (o meno) autorizzazione della Soprintendenza prevista dal Codice dei beni culturali per lavori da realizzare (o già realizzati) sui citati spazi pubblici che hanno superato settanta anni. Ora, senza entrare nel merito specifico della questione e considerato che, ancora una volta, le difficoltà nell’applicazione della complessa tematica deriva da una scadente qualità del legislatore siciliano che non è stato in grado di comporre il concorso delle diverse competenze in gioco (tutela dei beni culturali, valorizzazione dei beni culturali, commercio, artigianato, turismo, governo del territorio), la natura unitaria delle esigenze di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, giustifica (e richiede) l’applicazione del principio di leale collaborazione che deve, in ogni caso, permeare di sé i rapporti tra gli Uffici periferici della Regione e il sistema delle autonomie locali. In sostanza, l’attribuzione alla Regione della salvaguardia delle esigenze primarie della tutela – che costituisce il fondamento di tutta la normativa sui beni culturali – non presuppone l’oscuramento delle peculiarità locali. Pertanto, è auspicabile che alle specifiche esigenze di “tutela” si accompagnino contestualmente, attraverso mirate intese interistituzionali, anche quelle di “valorizzazione” dei beni culturali de quibus, comprensive delle attività di “promozione” del medesimo patrimonio culturale.