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L’Università Kore di Enna. L’incubazione

L’Università Kore di Enna. L’incubazione.

di Massimo Greco

Il modello organizzativo dell’Università Kore di Enna non rientra né in quello napoleonico né in quello inglese. Non è infatti una creatura dello Stato, anzi, al contrario, è preclusa ogni ipotesi di statalizzazione. Ma non è neanche espressione della società civile, atteso che nessuna organizzazione esponenziale della società civile, intesa come componente privata, ha contribuito alla nascita dell’Università. E questa sua atipicità la differenzia, quindi, anche dal modello intermedio humboltdiano, in cui risulta presente, come già detto, una componente statale ed una più propriamente comunitaria. La funzione pubblica dell’UKE ci porta dritti al principio di sussidiarietà quale faro orientativo per individuarne genesi e natura giuridica. Ma, in questo caso, proprio perché è stata esclusa la presenza diretta della società civile è più appropriato parlare di sussidiarietà “funzionale”, cioè quella sussidiarietà – né orizzontale né verticale – che, come già detto, caratterizza le autonomie funzionali. In coerenza con il principio contenuto nell’ultimo comma dell’art. 33 della Costituzione, secondo il quale, “le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato”, l’UKE, il cui impianto originario è stato per lo più mutuato da quello della Libera Università non statale di Bolzano, può quindi farsi rientrare a pieno titolo tra le autonomie funzionali, perché riesce ad essere nel contempo organizzazione pubblica locale per l’esercizio delle citate funzioni costituzionali e organizzazione rappresentativa della società civile e delle rispettive comunità di riferimento. Siamo infatti in presenza di un’iniziativa certamente voluta dal territorio – e per il territorio – e promossa dagli enti territoriali che hanno saputo interpretare al meglio il ruolo che l’evoluzione del sistema istituzionale (rectius, costituzionale) affida loro.

Gli enti territoriali di governo hanno infatti saputo fare sistema, creando il Consorzio Ennese Universitario (CEU) prima e la Fondazione Kore dopo per ottenere il riconoscimento ministeriale della Libera Università degli studi non statale Kore di Enna. Il CEU è stato infatti il modello consortile di diritto pubblico che, nel 1995, ha permesso all’ex Provincia reg.le di Enna, al Comune di Enna e alla Camera di Commercio di Enna di promuovere lo sviluppo degli studi universitari nella Sicilia centrale. A tale progetto hanno poi aderito i Comuni di Assoro, Agira, Barrafranca, Centuripe, Leonforte, Nicosia, Piazza Armerina e Regalbuto.

Il CEU, dopo avere per otto anni gestito diversi corsi di laurea decentrati dalle Università di Catania e Palermo – alcuni dei quali sperimentali – diventando il polo decentrato più frequentato della Sicilia, e dopo aver preso atto della volontà del legislatore regionale di istituire (finanziandone lo sturt-up) il quarto polo universitario siciliano in Enna, ha quindi costituito la Fondazione Kore attraverso la quale ha poi richiesto, ed ottenuto, dal competente Ministero il riconoscimento della “Libera Università non statale Kore di Enna”.

Rispetto a questo quadro genetico non può non evidenziarsi il tentativo, sfumato, di costituire nel mese di giungo 2010 il IV° polo universitario statale ad opera del suo Comitato promotore formato da rappresentanti del Ministero dell’Università e della Regione Siciliana, dai tre Rettori delle Università statali siciliane, dal Rettore dell’UKE e dal Presidente della Provincia regionale di Enna. L’Intesa sottoscritta dal citato Comitato mirava infatti ad aggregare i poli decentrati di Ragusa e Siracusa a quello ennese secondo un modello di “ateneo a rete”. Dopo ampi e dibattuti confronti nelle sedi politiche e istituzionali, la proposta veniva respinta formalmente dalla Fondazione Kore con apposito parere del 7 luglio 2010 trasmesso a tutti i componenti del Comitato su richiesta del Consiglio dell’Università dell’UKE precedentemente riunitosi il 19 giugno 2010. La proposta è quindi rimasta nel cassetto del Ministero dell’Università che, invero, al momento del riconoscimento dell’UKE aveva richiesto l’impegno formale della Fondazione Kore, assunto con apposita dichiarazione scritta del 6 agosto 2004, a mantenerne lo status di ateneo non statale. L’abbandono immediato dell’iniziativa ha nel tempo irrobustito il sospetto in coloro che vedevano in detta “Intesa” solo l’occasione per usufruire del riconoscimento formale e del radicamento strutturale dell’UKE al fine di far ottenere ad altri benefici pubblici (e forse anche personali) altrimenti irrealizzabili.

 

 

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