Nell’ottobre 2009 Stefano Cucchi “fu colpito dai tre carabinieri che lo avevano arrestato con schiaffi, pugni e calci”. La procura di Roma per la prima volta ipotizza il reato di omicidio preterintenzionale. Sette anni e tre mesi di ingiurie, sospetti, frustrazioni e umiliazioni per la famiglia Cucchi, colpevole di “lesa maestà”. Ore e ore e migliaia di pagine scritte e attività investigative e depistaggi per coprire i carabinieri coinvolti: i militari dell’arma. I carabinieri sono parte della polizia giudiziaria per ciò collaborano attivamente con i magistrati in tutte le indagini, anche in questa dunque. Ci vuole prudenza, dunque, e pazienza se a volte si sprofonda nell’omissione. Sette anni e tre mesi in cui si è indagato sui drogati del parco degli Acquedotti, sui rapporti amicali e familiari, sulla sana e robusta costituzione del morto, sui medici, sui poliziotti penitenziari, sugli infermieri, ma mai, mai, su quei carabinieri: scomparsi, protetti. L’allora comandante della stazione Appia: Mandolini, coinvolto nei fatti, oggi a quei tre carabinieri dice: “testa alta, petto in fuori, non demordete, non data soddisfazione al partito dell’antipolizia e a chi si sta arricchendo coi soldi sporchi”. Questa indagine, dice Mandolini, costituisce un attacco all’Arma, il nemico: è il morto e tutti quelli che con lui solidarizzano. Cucchi è morto di droga o epilessia o malasorte, così come Regeni è morto di arresto cardiaco. Il deviante è una non persona per ciò il potere può farne ciò che vuole. Taccia Ilaria Cucchi. Tacciano quanti chiedono verità per Giulio: spia dell’establishment e organico ai Bilderberg. Indossare una divisa o un camice, in Italia, esonera da ogni possibile responsabilità: G8, Uva, Aldovrandi,le stragi senza colpevoli… L’articolo 13 della nostra Costituzione al comma 4 impone la punibilità nei confronti di chi esercita qualunque tipo di violenza contro chi è privato della propria libertà eppure Mandolini, che alla Costituzione ha giurato fedeltà, teme per l’Arma offesa dagli schizzi dei pestati. Il nemico è il carabiniere disonesto o Andrea Cerino, morto di tortura nelle carceri italiane. Così ha sentenziato la Corte Europea dei diritti dell’uomo. Morto da solo in una stanza che puzza di piscio e paura, ma zitti che la verità muore nei segreti e la gente ha la memoria corta anche se la coscienza soffre e Mandolini non demorde.
Gabriella Grasso
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