“La Bibbia ci dice quanto è bello quando il popolo di Dio vive insieme e in comunità”.
“La cosa più importante è che noi siamo protetti da Dio”.
“Dio benedica l’America”.
Solo un appunto: non facciamoci rubare l’orgoglio delle nostre radici cristiane. Non rinunciamo alla nostra identità. Lasciare troppo aperta la porta della laicità e sbandierarla come valore assoluto ci allontana da noi stessi. Ospitare e rispettare altre culture non deve cancellare la nostra storia, non deve umiliarci davanti a valori che non ci appartengono.

Il crocifisso ci ricorda chi siamo, per questo non deve scomparire dalle aule. Il presepe non offende nessuno, non ha mai fatto del male a uomini e donne di altre culture. Definire il presepe vivente “manifestazione in occasione delle festività natalizie”, anziché chiamarlo semplicemente “sacra rappresentazione”, dovrebbe farci vergognare, perché non siamo più padroni di noi stessi.
Arretrare significa lasciare spazio a chi avanza con coraggio. La nostra fede è troppo timida. Ci si vergogna di fare il segno della croce in pubblico. Si teme di essere giudicati bigotti e sfigati, per questo si evita di manifestare la propria cristianità.
Ecco, ora è chiaro perché, anziché sui propositi politici di Trump, la mia attenzione si è posata su quella parola: Dio, da lui ripetuta per ben cinque volte in venti minuti. Forse perché sono un’italiana, così poco abituata a sentire gridare l’orgoglio cristiano.
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