L’arma a doppio taglio dell’unione di Comuni
di Massimo Greco
Se in tempi di contenimento della spesa pubblica, l’esercizio associato di funzioni amministrative dei Comuni è certamente auspicato dal legislatore, un’oculata scelta del modello da utilizzare, tra quelli previsti dal TUEL (convenzioni, consorzi, unioni di Comuni), scongiurerebbe la lesione del costituzionale principio di autonomia locale. Il concetto di autonomia locale, quale diritto e capacità effettiva di amministrare la parte più importante degli affari pubblici, è stato espresso nella cd. “Carta europea dell’autonomia locale” che così statuisce: “1. Per autonomia locale, s’intende il diritto e la capacità effettiva, per le collettività locali, di regolamentare ed amministrare nell’ambito della legge, sotto la loro responsabilità, e a favore delle popolazioni, una parte importante di affari pubblici. 2. Tale diritto è esercitato da Consigli e Assemblee costituiti da membri eletti a suffragio libero, segreto, paritario, diretto ed universale, in grado di disporre di organi esecutivi responsabili nei loro confronti”;
In tale contesto, la scelta della forma associativa dell’unione dii Comuni è quella che più delle altre due presenta dei vulnus di costituzionalità come, peraltro, rilevato dal TAR Lazio con la recentissima ordinanza n. 1027 del 20/01/2017. Infatti, la necessaria aggregazione delle relative articolazioni burocratiche di ogni Comune associato nell’unione comporta delle rilevanti conseguenze sul normale funzionamento del circuito democratico. Gli organi gestionali non sono più sottoposti all’indirizzo politico degli organi esponenzialmente rappresentativi delle rispettive comunità locali, ma da organi di 2° livello che rispondono – il più delle volte – alle segreterie dei partiti politici. Nell’attuale ordinamento degli enti locali, gli organi politici (consiglio, giunta, sindaco) esercitano la funzione di controllo degli appararti burocratici essenzialmente tramite due strumenti: il potere di indirizzo politico – amministrativo (emanazione di direttive, piani e programmi) e il potere di attribuzione degli incarichi di funzione dirigenziale.
Ora, secondo la forma associativa dell’unione – che comporta la gestione associata di alcune funzioni amministrative fondamentali – mentre entrambi i poteri vengono sottratti agli organi politici comunali, i singoli uffici vengono a perdere la loro individualità, dando vita a nuovi uffici co-gestiti da tutti i Comuni associati e al conseguente accentramento delle funzioni di indirizzo, con vulnus del principio di responsabilità politica degli organi democraticamente eletti, espresso dagli artt. 95 e 97 cost. nonché dell’autonomia degli enti locali coinvolti. Già la Corte Cost., nella sentenza n. 52 del 1969 aveva sottolineato come “l’emanazione dei provvedimenti amministrativi demandati alla competenza degli organi rappresentativi del comune e della provincia si lega con nesso inscindibile all’attività preparatoria ed a quella esecutiva: e non si può non riconoscere, in verità, che la sfera di autonomia sarebbe compromessa se agli enti ai quali essa è riconosciuta e garantita fosse sottratta del tutto la disponibilità degli strumenti necessari alla sua esplicazione.”
Peraltro, sebbene l’esercizio associato di dette funzioni non provoca l’estinzione dei rispettivi Comuni, bisogna tuttavia interrogarsi sull’autonomia che, ai sensi degli artt. 114, 117, co. 6, 118 e 119, cost., residua in capo ai medesimi in termini di: a) potestà regolamentare; b) titolarità d’esercizio di funzioni proprie o conferite; c) autonomia finanziaria di entrata e di spesa. L’autonomia di un ente territoriale di governo non può essere disgiunta dalla titolarità di un “nucleo minimo” di attribuzioni e delle correlate potestà regolamentari e finanziarie. Questo nucleo minimo non può che essere rappresentato proprio dalle funzioni amministrative fondamentali, per le quali opera una riserva costituzionale di esercizio individuale.
La traslazione delle citate funzioni fondamentali ad un soggetto nuovo e dotato di propria personalità giuridica, spogliandone il precedente titolare, finisce per configurare una mascherata estinzione dell’ente locale per fusione o incorporazione in assenza del necessario coinvolgimento delle popolazioni interessate, alla stregua del disposto dell’art. 133, comma 2, della Costituzione.