sabato , Ottobre 5 2024

Le controversie sulla TARSU rischiano di contagiare la TARI

Le controversie sulla TARSU rischiano di contagiare la TARI

di Massimo Greco

 

In assenza di mirati interventi del legislatore regionale, l’annosa e vessata questione in ordine all’organo comunale competente per l’approvazione della tassa sui rifiuti solidi urbani è destinata a rimanere aperta e soggetta a fisiologiche oscillazioni della giurisprudenza amministrativa e tributaria. Gli indirizzi prevalenti sono quattro e tutti ben argomentati. Il primo, e più antico, riconosce all’organo consiliare l’attribuzione di approvare le tariffe di detta tassa nell’esercizio della funzione d’indirizzo politico sottesa alla disciplina dell’istituzione e ordinamento dei tributi locali. Il secondo riconosce alla fonte statutaria comunale la facoltà di individuare l’organo competente. Il terzo, riconosce in capo al Sindaco tale facoltà in forza del potere residuo e della natura vincolata dell’atto di determinazione delle tariffe a fronte dell’esigenza di coprire integralmente il costo del servizio. Il quarto indirizzo, a cui ci sentiamo di aderire – ancorchè meno esplorato -, focalizza l’attenzione nel rapporto tra l’atto d’indirizzo consiliare che stabilisce modalità e criteri per la determinazione delle tariffe e atto applicativo-gestionale di competenza dell’organo esecutivo. In sostanza, il Sindaco (o la Giunta) può approvare “a valle” anche una variazione in amento delle tariffe solo se “a monte” c’è un atto consiliare d’indirizzo che non si limiti solo ad impiantare il tributo nell’ordinamento locale.

 

Ora, dubitiamo che la controversa tematica sia destinata ad esaurirsi con l’avvenuta sostituzione della TARSU e dei pendenti contenziosi, atteso che la TARI non sembra preservata da un verosimile, quanto probabile, contagio giurisprudenziale. E questo per due ragioni di fondo: la prima perché la competenza dell’organo consiliare espressamente individuato dalla normativa statale istitutiva della TARI non è applicabile in una Regione, come la Sicilia, dotata di competenza esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali; la seconda, perché l’individuazione acritica di un organo di governo comunale in forza di una specifica previsione statutaria rischierebbe d’infrangersi sul principio, di derivazione costituzionale, di separazione delle competenze tra organi politici e organi gestionali.

 

E dire che a un legislatore regionale attento basterebbe veramente poco a risolvere un problema che si trascina orma da anni e che continua a dividere dottrina e giurisprudenza.

 

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