Erano belli gli anni ’60… anche perché potevamo definire, con Caterina Caselli, questo mondo quale “stupido”. Soltanto stupido. Senza infierire! Cosi, semplicemente, quasi benevolmente … Facendo il primo passo verso la critica della società contemporanea; e in modo spontaneo, epidermico, non avendo ancora attinto (almeno in Italia e per quanto riguarda la mia generazione) a quasi nessuno dei grandi “maestri”. Essi ci avrebbero offerto, da lì in avanti, e in pochissimi anni, seducenti, entusiasmanti categorie (oggi si direbbe, impropriamente, strumenti) di comprensione e analisi della realtà e del nostro incolpevole, smarrito “stare al mondo”.
Ma tant’ è … Passano i decenni, e, se vogliamo trovare delle definizioni sintetiche del mondo attuale, dobbiamo ricorrere ad aggettivi molto più pesanti (perfino nel pronunciarli), quali orrido, infame,vomitevole, abietto, antropofago, e simili.
Inoltre, quel vecchio mondo sembrava così giovane …
La bontà e la modernità esperibili, esprimibili, praticabili, erano appena agli inizi. E ogni cambiamento sociale sembrava dovesse arrivare in meglio; sembrava una conquista, a basso prezzo (o a costo zero!). Così come quelli che abitualmente, naturalmente, compiono i bambini.
Sembrava quasi che la società si modellasse sull’ individuo e ne ripercorresse le tappe evolutive (quelle più sane e costruttive). La soddisfazione dei bisogni materiali precedeva (e si accompagnava armonicamente con) quella dei bisogni spirituali; il trascorrere del tempo era visto quale foriero di progresso e di livelli crescenti di benessere; le rotture con il passato non avevano il sapore degli addii, ma quello di fecondi approdi a equilibri più avanzati (o almeno percepiti come tali).
Oggi, i tratti che la società prende dall’ individuo, e a sua volta modella su di esso, amplificandoli a dismisura, sembra che siano più quelli dell’ odio, della menzogna, dell’ illegalità, che non quelli dell’ amore, della ragione, della responsabilità.
La cosiddetta post verità si aggiunge a guerre, dittature, terrorismo, criminalità, femminicidi, rendendoli, se possibile, più devastanti.
La società “liquida” delineata da Bauman diventa sempre più “liquidante” e “liquidatoria”. La “civiltà dell’empatia”, preconizzata dall’economista-ecologista Jeremy Rifkin appare sempre più lontana dal macro-ambito politico e sociale, ancorchè eroicamente praticata in innumerevoli micro-ambiti e micro realizzazioni concrete. Dopo più di due secoli di narrazioni ideologiche teoriche proiettate al futuro, la narrazione concreta del presente non permette di immaginare, realisticamente, un lieto fine. E neanche un sereno svolgimento.
Giovanni Rotolo
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