L’Università Kore di Enna. Oltre la “Terza Missione”

L’Università Kore di Enna. Oltre la “Terza Missione”

di Massimo Greco

Al netto di alcune acrobazie politiche del Presidente Crocetta che si commentano da sole, l’inaugurazione del nuovo anno accademico della sede ennese dell’Università romena “Dunarea de Jos” è stata l’occasione per parlare di Università, di numero chiuso per l’accesso ai corsi di laurea, di studenti, di famiglie e di cultura in generale. E’ stato correttamente affermato dal Presidente dell’UNIKORE Cataldo Salerno che dove ci sono Università e studenti c’è inevitabilmente anche cultura. Nulla di più giusto e, tuttavia, ci permettiamo di aggiungere che dove c’è Università c’è anche sviluppo. Non è un caso che nell’ultima parte del secolo scorso le economie più avanzate hanno chiesto alle rispettive Università di andare oltre le tradizionali missioni loro affidate (ricerca e insegnamento), contribuendo allo sviluppo economico e sostenendo in vari modi la crescita economica nazionale e regionale. Particolare attenzione è stata infatti prestata al trasferimento di conoscenze al mondo delle imprese e alla realizzazione di attività di ricerca che portino ad applicazioni commercializzabili. Numerosi sono i casi che vedono impegnate le Università direttamente in transazioni di natura commerciale come la registrazione di brevetti, la realizzazione di consulenze, la creazione di imprese spin-off. Più recentemente si è registrato il coinvolgimento delle Università nella promozione delle politiche di sviluppo regionale e locale in collaborazione con le istituzioni locali.

 

Le risposte a questi nuovi input sono arrivate negli Stati Uniti attraverso la promozione di approcci differenziati dell’offerta formativa all’interno dei sistemi di istruzione terziaria. In Italia, l’ampliamento dell’offerta di educazione terziaria a una quota maggiore e più diversificata di popolazione ha seguito un percorso diverso, ancorchè nell’ultimo decennio si sia registrato un aumento sensibile verso i temi della cosiddetta “Terza Missione”. Si è infatti preferito incoraggiare la delocalizzazione territoriale dell’offerta formativa in modo da consentire una diffusa copertura geografica dei corsi di laurea, con l’emersione di numerose sedi universitarie localizzate in centri urbani minori. Ciò è avvenuto sia con l’istituzione di sedi periferiche di grandi atenei già presenti in grandi centri urbani, sia attraverso la costituzione di nuovi atenei aventi sede in una o più città di medio-piccole dimensioni con ricadute virtuose sulle rispettive comunità.

 

La capacità di un ateneo di attrarre risorse umane qualificate e di aumentare la qualità delle medesime già presenti nel territorio, arricchisce la comunità e pone le premesse per attivare processi di sviluppo locale. E’ stato accertato che il fatto che le Università aprano strade di accesso alla formazione universitaria per studenti non tradizionali stimola la popolazione in generale a migliorare le proprie competenze. Ciò diventa particolarmente importante per quei territori, come il nostro, con elevati deficit di produttività, che si sono stabilizzati su bassi livelli di capitale umano e che trovano difficoltoso trattenere risorse in grado di promuovere la crescita, dal momento che tali risorse tendono a concentrarsi sempre più nelle aree metropolitane dove i rendimenti sono maggiori.

L’Università decentrata “Dunarea de Jos”, così come l’Università Kore che è nata anch’essa da un’esperienza decentrata attraverso il Consorzio Ennese Universitario, potrà quindi contribuire alla costruzione di quel ponte tra la comunità locale e l’esterno, integrando politiche nazionali e regionali a livello locale ed attraendo capitali e investimenti esterni attraverso la creazione di partnership con altre Istituzioni con finalità di ricerca e commerciali, ovvero, mettendo in atto processi di sviluppo e rigenerazione locale, fornendo infrastrutture di ricerca e sperimentazione importanti per le imprese locali.

 

Rispetto a questo nuovo scenario, solo apparentemente “extra-ordinem”, si chiede al polo accademico ennese di proporsi come una best practice, esercitando una funzione che vada oltre l’istituzionalizzata “Terza Missione”. L’obiettivo è infatti quello di comprendere se, al pari di quanto empiricamente e teoricamente dimostrato per le Università decentrate, la presenza di un sistema universitario al centro della Sicilia può costituire un fattore organizzato (e non solo casuale) di resilienza alla crisi strutturale delle aree interne e centrali della Sicilia e al tempo stesso uno strumento per l’uscita dalla crisi medesima.

 

Da questo punto di vista il ruolo sussidiario che l’UKE dovrebbe giocare risulta tanto desiderato, quanto necessario, in considerazione che non sono più presenti gli “attori dello sviluppo locale”, sia quelli di natura pubblicistica che quelli di natura privatistica. Cioè coloro che avrebbero dovuto assolvere ai compiti strategici di regia e orientamento in direzione della difesa della aree interne e centrali e che avrebbero dovuto da un lato rappresentare i catalizzatori delle risorse e dall’altro farsi interpreti e portavoce dei bisogni, oltre che degli interessi degli imprenditori. La mancanza di questi facilitatori di relazioni e valorizzatori di istanze, mentre ha rappresentato – ieri – una delle principali variabili che hanno contribuito ad inficiare la stagione degli strumenti di programmazione negoziata dello sviluppo locale degli anni ’95 – ‘2005, finisce – oggi – per generare un grave vuoto istituzionale, sociale ed economico colmabile solo attraverso un ruolo pro-attivo dell’Università.

 

Andare “oltre la Terza Missione” rappresenta quindi per l’UKE – e per la nascente Università decentrata di “Dunarea de Jos” – l’ulteriore gradino di un processo in cui la nuova missione si manifesta come emanazione delle tradizionali missioni dell’ateneo già consolidatesi durante il decennio di vita, con le quali a volte si è pure integrata. Questo passaggio (rectius, mutamento) non deve affatto “spaventare”, atteso che l’introduzione dello sviluppo sociale ed economico come missione propria dell’ateneo ha messo in discussione l’Università in quanto istituzione di ricerca, allo stesso modo in cui l’introduzione della ricerca come missione accademica ha destabilizzato l’assunto, fino ad allora dato per scontato, secondo cui l’Università fosse una istituzione unicamente rivolta alla formazione.

 

 

 

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