Sicilia pirandelliana. Orlando Sindaco per la quinta volta
di Massimo Greco
Nella società attuale che cambia denominazione in funzione di chi la studia quotidianamente, “liquida”, “del disordine”, “fuori squadra”, “dell’incertezza”, “della comunicazione”, “del rischio”, “dell’immagine” e che presenta la medesima evoluzione fisiologica sintetizzata nel “cambiamento”, bisogna riflettere su un dato che ci offre la pirandelliana Sicilia: Leoluca Orlando è stato eletto per la quinta volta Sindaco di Palermo. Questo Signore, già protagonista nella parte finale della seconda Repubblica, riesce a salire ininterrottamente anche sul podio più alto della seconda Repubblica senza neanche mostrare segni di cedimento. A questo punto bisogna porsi più di una domanda?
Perchè nel resto d’Italia, al netto del Cavaliere Berlusconi, si registra una nuova classe politica in tutti le organizzazioni partitiche (Renzi, Salvini, Meloni, Di Maio) e solo in Sicilia il tempo sembra essersi fermato. Che il fenomeno sia reale e drammaticamente attuale è dimostrato da altri due protagonisti della scena politica isolana che sembrano avere, come Leoluca, assunto il medesimo elisir di lunga vita (politica): Enzo Bianco per la sinistra e Nello Musumeci per la destra. In sostanza, nonostante siano trascorsi ben 24 anni dalla prima elezione a Sindaco di Catania e a Presidente della Provincia di Catania, Bianco e Musumeci rappresentano ancora oggi i nominativi più credibili per affrontare qualunque tipo di competizione elettorale.
Il problema, quindi, non è circoscritto all’immortale Orlando ma rischia di assurgere a fenomeno strutturale. Infatti, non sono bastati cinque lustri per formare nuovi dirigenti capaci di sostituire la vecchia nomenclatura, col risultato, tutt’altro che positivo, di dovere periodicamente fare i conti con “i magnifici tre” della politica siciliana. Ora, delle due una, o questi tre Signori sono effettivamente dotati di capacità non comuni, ovvero la società siciliana è in grado di creare nuovi protagonisti della politica solo attraverso l’uso della cooptazione (si vedano i casi di Alfano, Schifani, Grasso e Mattarella).