Problem… solved

Appena qualche giorno fa, i solerti vigili urbani fiorentini, multavano con 160 euro l’edicolante che esponeva la maglietta inneggiante al femminicidio perché lesiva del pubblico decoro. La denuncia è partita da alcuni cittadini indignati, è giunta a Cecilia Del Re, assessore al commercio e allo sviluppo economico ed è arrivata alla polizia locale. Vergogna! 160 euro per una maglietta! Intanto il tribunale di Messina condannava la presidenza del Consiglio dei ministri e dunque lo Stato per la morte di Marianna Manduca, ammazzata dal marito il 4 ottobre del 2007 a Palagonia. “Non c’è bisogno di avere paura” le avrebbero detto alla procura di Caltagirone le dodici volte prima di essere accoltellata. Dodici volte, che esagerazione. Esagerazioni come le 116 morte di femminicidio del 2016 e come i 160 euro per la graziosa magliettina. Marianna Manduca aveva 32 anni quando il 3 ottobre 2007 Nolfo la ammazzava esattamente come le aveva detto tutte e dodici le volte che Marianna lo aveva denunciato. Uno Stato che licenzia come beghe familiari le denuncie di una donna può essere ritenuto parimenti colpevole di femminicidio come l’accoltellatore? Una maglietta che ride del femminicidio può essere considerata oltraggiosa? Il reiterato silenzio sulle violenze di genere può essere ritenuto penalmente perseguibile? Una società che preferisce indignarsi per i tolk e le parole rubate fuori onda questo merita e dunque via libera alle magliette xenofobe, antisemite, misogine e folkloristiche come quelle che dipingono tutti i siciliani baffuti, mafiosi e omertosi o quelle che nello stesso modo ricordano due giudici morti ammazzati.

Gabriella Grasso

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