La lebbra del Di Maio di Bossi, le “meteorine” di Berlusconi illeggibile ma credibile, il pulviscolo bertinottiano, i cento passi di Fava/Navarra, l’irregolarità del penta stellato ostracizzato dai pennivendoli a dieci euro al pezzo, hanno dato inizio alla campagna elettorale siciliana. Prendere la Sicilia vuol dire garantirsi Roma. E allora via con il Rinascimento xibetanio, le accozzaglie centriste e lo gnommaro nazionalista. Via con la paura dello straniero e la garanzia di occupazione giovanile e senile. Via col turismo intelligente e la riscoperta delle tradizioni, a cominciare dalla donna che va garantita ai soli violentatori indigeni e danarosi o in divisa. Via con l’ennesima farsa, che ci autoinganna facendoci credere liberi di scegliere la migliore tirannia possibile mentre Trump dichiara guerra all’imperialismo plutocratico, in nome del nazionalpopulismo e della tecnocrazia sovranista contro Venezuela, Iran, Corea e in genere i poveri.
Gabriella Grasso
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