Enna. I Consiglieri comunali scambiano lucciole per lanterne
di Massimo Greco
Se qualcuno aveva dubbi sulle fantasiose modalità di rappresentare gli interessi pubblici da parte del mondo politico, le recenti discussioni sul rinvio dell’approvazione del pano regolatore generale e sulla mozione di sfiducia presentata da alcuni Consiglieri comunali nei confronti del Sindaco Dipietro è la dimostrazione provata di tale assunto. Dopo avere accantonato l’approvazione del fondamentale strumento urbanistico, provocandone il commissariamento regionale, 15 consiglieri comunali, per lo più eletti nelle liste della sinistra, pur sapendo di non poter contare sulla maggioranza numerica richiesta dalla normativa per sfiduciare il Sindaco in carica, hanno voluto strumentalizzare l’Istituzione comunale per finalità che notoriamente poco o nulla hanno a che vedere con il legittimo esercizio della funzione pubblica per la quale hanno ricevuto il mandato elettivo.
Ora, non è nostro interesse evidenziare ciò che altri hanno ben sottolineato in ordine ad un impropria celebrazione extra-moenia del congresso cittadino del partito democratico, ma solamente quello di ricordare ai più distratti rappresentanti di Sala Euno che l’affidamento di funzioni pubbliche ai cittadini costituisce l’elemento personalistico dello Stato. I cittadini affidatari di funzioni pubbliche hanno una peculiarità rispetto ai cittadini che ne sono sprovvisti. A questi ultimi viene infatti richiesta una “fedeltà qualificata” alla Repubblica, onere ben più gravoso rispetto all’ordinaria “fedeltà” alla Repubblica che la Costituzione richiede ai cittadini e che più comunemente può essere annoverata nel “senso civico”. Tale “fedeltà qualificata”, ancorchè non espressamente tipizzata, è da attribuire a quei cittadini che esercitano funzioni pubbliche in forza di un mandato elettivo espressione della volontà popolare. L’elezione democratica attraverso la quale il cittadino esercita il mandato in consiglio comunale conferisce allo stesso una responsabilità ancora più pregnante nell’agire per il bene comune, atteso il legame fiduciario intessuto con gli elettori.
La responsabilità che ne deriva si pone automaticamente, ed all’occorrenza, come un limite al pur legittimo uso politico di strumenti ostruzionistici sia di maggioranza che di minoranza, precludendo ai rappresentati politici investiti del mandato elettivo, qualunque opera non solo di aperto sabotaggio ma anche di subdola, lenta e surrettizia erosione delle Istituzioni democratiche, in quanto queste appartengono a tutti i cittadini e certamente non ai loro rappresentanti politici.
La morale di questo ragionamento è che chi è investito di una carica elettiva non si può servire delle Istituzioni piegandole, distorcendole e asservendole per la regolamentazione di conti interni all’organizzazione partitica d’appartenenza.