“A me, populista? Populista sarà lei”. Accade che, nel dibattito politico, gli esponenti di schieramenti politici contrapposti, si lanciano reciprocamente l’uno contro l’altro l’accusa di essere populista, come se essere populista fosse una vergogna. Ad esempio, Renzi dice di essere, lui e il suo partito, il Pd, un argine al populismo del Movimento 5 Stelle, ma questa mattina leggo su “la Repubblica” che una deputata del Pd, Sandra Zampa, l’accusa di aver promosso una “mozione populista” in Parlamento contro il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. Il termine “populismo” è molto usato, ma ha ricevuto scarsa attenzione come concetto da definire. Ha lasciato la netta sensazione, che non abbia un significato ben definito, anche in quelli che hanno provato a definire la quintessenza del “populismo”, fa notare Paul Taggart, professore di Scienza della Politica alla School of Social Sciences dell’Università del Sussex, nel suo agile e ben documentato volumetto “Il populismo”. Sembra non avere un’anima, il populismo. E’, questa, la caratteristica che ne fa uno strumento dei progressisti e dei reazionari, della sinistra e della destra, dei democratici e degli autocrati. Populisti erano i narodniki russi che gli anni Settanta dell’Ottocento dalle città si diressero verso le campagne ad incitare i contadini a ribellarsi contro il regime zarista. Anche negli Usa, nell’Ottocento, dopo la guerra civile (1861-1865), dal Populist Movement nacque il People’s Party (1894) a difesa degli interessi degli agricoltori del Sud che contavano sulla schiavitù per sostenere la loro economia. Questa corrente populista attraversa, da allora fino ai nostri giorni, la politica statunitense cambiando spesso pelle da una politica progressista all’inizio del Novecento ad un’altra politica conservatrice durante la Guerra Fredda dopo la Seconda Guerra Mondiale. In America Latina il populismo si incarna, negli anni Quaranta del Novecento, nel “peronismo” in Argentina. In quegli anni il paese sud americano era precipitato in un profonda crisi economica. Nel 1943, un golpe militare guidato da Juan Peron rovesciò il governo conservatore. Ebbe il sostegno del movimento operaio argentino di cui si conquistò il consenso attuando politiche di aumento dei salari, bloccando gli affitti delle case e riconoscendo le organizzazioni sindacali. Questi sono gli esempi classici del populismo, che con le nuove contemporanee forme di populismo comparse nell’Europa Occidentale tra fine del XX e l’inizio del XXI secolo hanno dei tratti in comune. Il tratto comune è il risentimento popolare nei confronti delle élites ritenute responsabili della crisi che riduce allo stremo le classi popolari e il ceto medio. E’ bene radicata nel populismo anche l’ostilità nei confronti degli intellettuali. Il nuovo populismo nasce dalla delusione nei confronti del partiti politici visti come espressione del modello di politica da ripudiare. Sostenitori della democrazia diretta, i populisti hanno una innata avversione nei riguardi delle istituzioni della democrazia rappresentativa. I partiti politici sono oggetto di critica da parte dei populisti in quanto istituzioni chiave della democrazia rappresentativa. Un altro aspetto caratteristico dei movimenti populisti è il modello di leadership. I movimenti populisti fanno affidamento su una leadership personalizzata e carismatica che sostituisce le istituzioni e le regole con la volontà del leder carismatico. Movimenti populisti e leadership carismatica emergono nei periodi di crisi e di tracollo morale. Quando si parla di populismi, bisogna tenere a mente questi aspetti.
Silvano Privitera
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