Il 28 ottobre di 95 anni fa avvenne la celeberrima “Marcia su Roma”. L’evento è importante perché rappresenta la presa di potere di quel partito politico, il Fascismo, che caratterizzò per un ventennio le vicende e la storia dell’Italia (la data ufficiale della fine del governo Mussolini è il 25 luglio 1943, ma la storia ci insegna che fino al 1945 il Fascismo ebbe notevole potere su una parte della Penisola Italiana con la Repubblica di Salò). È una data talmente importante che durante il regime fascista, assieme alla normale calendarizzazione cristiana dei giorni e degli anni, venne introdotto uno pseudo calendario che faceva coincidere come giorno e anno zero proprio il 28 ottobre 1922 (cosa non nuova, basti pensare alla Rivoluzione francese e all’anno zero fissato il 21 settembre 1792, data della proclamazione della Prima Repubblica).
I fatti e i protagonisti sono ben noti: Benito Mussolini (che non prese parte alla manifestazione) era ai tempi il capo redattore del giornale “Il popolo d’Italia” con sede a Milano. E da lì “muoveva le corde”, grazie anche all’aiuto di quattro personaggi fondamentali, i cosiddetti “quadriumviri” (Balbo, Bianchi, De Vecchi, De Bono) e anche alla capillare organizzazione del partito Fascista (un partito che, in Parlamento, valeva ben poco, anzi nulla, ai tempi). L’obiettivo era di riuscire a salire al governo, un governo e un’Italia debolissimi, martoriati non solo dalla Grande Guerra da poco conclusa, ma anche dai disordini del “Biennio Rosso” e del “Biennio Nero”, per un totale di quattro anni del Primo Dopoguerra tra tafferugli, azzuffate, scioperi, assalti alle sedi di partito e anche aggressioni fisiche (dovute, nel “Biennio Rosso”, principalmente all’ala dell’estrema sinistra e, successivamente, nel “Biennio Nero”, dalle camicie nere fasciste anche in risposta e in contrasto al dilagare dell’estrema sinistra che godeva, ai tempi, della spinta rivoluzionaria dalla Russia). Capo espiatorio di quei giorni dell’ottobre del 1922, il Presidente del Consiglio Luigi Facta che, nonostante tutto, aveva provato ad arginare ed evitare questa Marcia dichiarando lo stato d’assedio. Ma il Re d’Italia, Vittorio Emanuele III, non firmò mai quello stato d’assedio, causando la crisi di governo con le dimissioni di Facta e spianando così la strada a Mussolini che divenne presidente del Consiglio. Questi, in pieno disprezzo dell’autorità Parlamentare, ma anche per il fatto di essere un grande oratore e comprendendo bene che la Marcia su Roma è riuscita soprattutto per la sovrastima che si ebbe dei suoi partecipanti, pronunciò, il 16 novembre (giorno dell’insediamento del suo Governo) il famoso discorso che passò alla storia come “Discorso del bivacco”. Ad un certo punto disse: “Avrei potuto fare di quest’aula sorda e grigia un bivacco di manipoli. Potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto”. È stato il massimo del bluff mussoliniano: non era tutto un “non volere”. Era in realtà un “non potere”. Per poter avere quel “potere” e quindi quel “volere” si dovette avere la “legge Acerbo”, un sistema elettorale maggioritario, e quindi le elezioni. Il “volere” e il “potere” ebbero allora una data ben precisa: 3 Gennaio 1925 (ma questa è tutta un’altra storia).
Il Regime Fascista influì molto sulla storia Nazionale e locale. Nel 1927, in pieno regime, venne istituita la Provincia di Enna. Un grosso problema per Nicosia, che perse il ruolo di capoluogo di circondario. Problema identico anche per Piazza Armerina. Ma la scelta di Enna come provincia era anche in opposizione a quello spirito “meno fascista” proprio di queste due città, sede di diocesi, soprattutto di Piazza Armerina, che aveva, come Vescovo, Mario Sturzo, fratello di Luigi (fondatore del Partito Popolare).
Le vicende storiche, politiche, etiche e morali dell’intero ventennio fascista sono tutt’oggi materia di ampio dibattito. Ci sono posizioni di ferma condanna, come posizioni più moderate nelle quali si cerca di far emergere quel carattere positivo delle riforme fasciste o del fatto che sotto il fascismo vennero fatte importanti opere pubbliche (una fra tutte la bonifica dell’Agro Pontino) incrementando così l’occupazione. Anche il fiorire di una certa cultura fascista non può essere assolutamente ignorata o censurata. È difatti un periodo storico con i suoi pro e i suoi contro (come tutti i periodi, e come tutta la Storia). Le recenti leggi di inasprimento delle pene riguardanti l’apologia del fascismo ci fanno riflettere di come, anche a distanza di 70 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e della morte di Mussolini ancora il Fascismo è qualcosa che ci interessa e che ci fa riflettere. E qual giorno migliore, se non proprio oggi, per poter riflettere?
Alain Calò