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Centenario della rivoluzione Russa

La notte tra il 6 e 7 Novembre del 1917 (cioè cent’anni fa) avvenne un qualcosa che scombussolò e modificò profondamente la storia mondiale: la “Rivoluzione d’Ottobre”. Cominciamo dicendo che la data dalla rivoluzione d’Ottobre è tra il 24 e il 25 ottobre (da qui, appunto il nome). Come? Ma se prima abbiamo detto 6 e 7 Novembre? Ebbene, anche questo è un chiaro sintomo della Rivoluzione. La Russia del 1917 era in condizioni di arretratezza tali da essere testimoniate persino dal calendario utilizzato. Vigeva, infatti, all’epoca ancora il calendario Giuliano, un calendario ormai desueto nel mondo civilizzato e sostituito, sin dal 1582, dal Calendario Gregoriano, più preciso e accurato (quello in uso tutt’oggi e che colloca la Rivoluzione d’Ottobre a Novembre, per l’appunto nella sera tra il 6 e il 7). Un’altra piccola precisione: in realtà le rivoluzioni sono state due. La prima, infatti, avvenne a Febbraio (per noi, sempre con quel discorso del calendario, a Marzo). Quella fu la prima vera rivoluzione che sconvolse gli equilibri della Russia. Una Russia per certi versi, in quei tempi, quasi feudale, con una consistente percentuale di popolazione contadina, pochissimi operai e una nobiltà praticamente “scollegata dal mondo”. E una Duma (parlamento russo) ininfluente e quasi inesistente. L’ultimo vero tentativo di modernizzazione della Russia per porre fine a questa “paralisi storica” fu attuato dal primo ministro Stolypin (anche a causa dei primi tumulti rivoluzionari del 1905). Ma nulla più (Stolypin fu per giunta assassinato nel 1911). Dal 1911 al 1917, però, il mondo era cambiato. E velocemente… era, infatti, scoppiata, nel 1914, la Prima Guerra Mondiale. Un conflitto che vide la Russia schierata a difesa della Serbia nella triplice intesa con Francia e Inghilterra contro gli imperi centrali della Germania e dell’Austria Ungheria. Una guerra devastante, con milioni di morti (2 milioni nel 1917) da parte della Russia che perdeva, di giorno in giorno, importanti fette di territorio. Lo zar del tempo, Nicola II, con tutta la famiglia imperiale (famiglia debole perché di fatto priva di un erede maschio in quanto composta da 4 femmine e un figlio, Alessio, emofiliaco), incurante di tutto ciò, era rinchiuso in un sorta di fortezza di cristallo.

Una vita vissuta nel lusso più sfrenato e contornata anche da un consigliere, il santone Rasputin, in grande sintonia con la zarina Alessandra, malvisto da tutti gli ambienti della nobiltà. E la povertà in Russia era sempre più dilagante, tanto che, ad un certo punto, arrivando al limite della sopportazione (per guerra, fame e carestia) il popolo si ribellò violentemente. Soprattutto a Pietrogrado, davanti il Palazzo Imperiale. Solo che, mentre nel 1905 la rivolta venne sedata nel sangue, nel 1917 protestarono pure i soldati (ovviamente qualcuno, ancora in favore dello zar, sparò qualche colpo, ma la maggioranza si schierò con il popolo rivoluzionario). Era finita. Lo zar, che peraltro non era neanche a Pietrogrado ma nel suo treno (che fu costretto a fermare la sua corsa per colpa di questi disordini), consigliato da tutti i suoi generali, firmò l’abdicazione. Si era conclusa l’era Romanov. Ma non venne proclamata la Repubblica (cosa che fu fatta solo nel settembre 1917). Venne invece costituito un governo provvisorio con a capo il principe L’vov. Un governo “borghese”: la Rivoluzione di febbraio, quindi, segna il passaggio da un governo assolutista ad un governo “liberale”. Questo governo provvisorio che riattiva la Duma deve fare i conti, però, in una sorta di “doppio potere” con i soviet, organizzazioni di operai, nei quali potevano annoverarsi le posizioni di una parte dei Socialisti Rivoluzionari (un’altra parte sosteneva il governo liberale), Menscevichi e Bolscevichi. Questi ultimi, massimalisti, in quel periodo in minoranza, erano privi del loro “capo carismatico”, Lenin, in esilio in Svizzera. Un esilio che non durerà molto.

L’Impero tedesco, infatti, volendo liberarsi del nemico Russo per poter schierare le truppe del fronte orientale sul fronte occidentale (il 1917 è l’anno dell’inasprimento del conflitto, soprattutto a Occidente, dopo le battaglie della Somme e di Verdun del 1916), preso atto del fatto che il governo provvisorio era intenzionato a continuare la Guerra e che solo la presa del potere dei bolscevichi avrebbe portato la pace, si adoperò per far ritornare Lenin in Russia. I fatti che portarono a quell’Ottobre sono tantissimi e in un articolo di poche righe è difficile da riportare. Si passa dalla disfatta dell’esercito Russo in Galizia che comporta la caduta del governo L’vov e dell’instaurazione del governo Kerenskij (socialista facente parte di quella branca dei Socialisti Rivoluzionari che appoggiavano il governo liberale), il sempre più crescente malcontento della popolazione civile per la guerra e la fame (non a caso i bolscevichi promettevano pane, terra e pace), una lotta intestina tra chi ancora voleva lo zarismo in Russia e chi la Repubblica (emblematico il fallito colpo di stato del generale Kornilov per restaurare la monarchia), fino a che, chiudendo il cerchio, Lenin, arrivato in Russia, non partecipandovi personalmente, ma beneficiando dell’azione, ordina la presa del Palazzo d’Inverno (sede del governo provvisorio), fa decadere l’ormai debole governo Kerenskij e assume definitivamente (o meglio, formalmente, perché per mettere la parola definitiva passeranno tante lotte) il potere sulla Russia. Da quel preciso momento la Russia è governata dell’organizzazione politica del Soviet e dai Bolscevichi. La pace arriverà a Brest-Litovsk e costerà tantissimo ai Russi. E, in mezzo a questa storia, lo zar, che era uscito di scena, ne uscirà definitivamente trovando la morte, assieme alla sua famiglia, a Ekaterimburg (facendo nascere, in una sorta di storia parallela, il mito di Anastasia, una delle quattro figlie dello zar, secondo alcuni sopravvissuta a quel massacro) . Questo, in somma sintesi, il percorso storico.

Ma cosa rappresenta la Rivoluzione d’ottobre? Di certo, la prima cosa che viene in mente da dire, è che questa rivoluzione sancisce il trionfo di una filosofia. Con la Rivoluzione di Ottobre si instaura infatti un governo basato sulla filosofia di Marx. Ma si instaura in una regione geografica “non ottimale” dove, lo stesso Marx ne avrebbe dato conferma (lo farà in Italia Antonio Gramsci parlando di Rivoluzione contro il Capitale, rifacendosi al titolo dell’opera omonima marxista), non vi è una consistente classe operaia e dove non vi è un certo grado di comprensione del proprio status sociale. La Russia è infatti composta da una popolazione di contadini analfabeti, ben lontana da quella Germania, Inghilterra e Francia in cui era consistente la classe operaia (vero fulcro delle teorie marxiste) e dove, secondo lo stesso Marx, doveva avvenire un certo tipo di Rivoluzione, cioè quella proletaria al quale aspirava il suo pensiero. La rivoluzione Russa sancisce anche un trapasso da una situazione di totale arretratezza ad una situazione di egemonia (sappiamo bene come nel ‘900 e, soprattutto, nel Secondo Dopoguerra a contendersi la leadership mondiale siano U.S.A e U.R.S.S.). Sancisce anche il fallimento, nella pratica, del Comunismo. O meglio (per evitare fraintendimenti): sancisce la deriva fallimentare di un certo tipo di Comunismo. Cosa si vuole dire con ciò? Il Comunismo, per come in teoria delineato da Marx e dai vari pensatori di quella corrente, funziona e sarebbe un’ottima soluzione (in teoria). Nella pratica l’instaurazione del Comunismo in Russia ha portato l’instaurazione di una ferocissima dittatura che ha causato più di 20 milioni di morti. Ha causato una repressione totale. Ha causato la perdita della libertà per molte persone. Ha causato l’asservimento di popolazione e la sofferenza di milioni di persone. Ha causato, nel 1989 con la Caduta del Muro di Berlino e, negli anni successivi, la caduta dell’U.R.S.S. , il fallimento di sé stesso. Ma non è che tale fallimento, morti, repressione e quant’altro possono essere imputati alle milioni di persone che hanno creduto e credono nel Comunismo. Tutto ciò va imputato a quei pochi che hanno “deviato e piegato” la loro idea di Comunismo e hanno “deviato e piegato” intere popolazioni alla propria dittatura PERSONALE (e non del popolo). È questo può ben essere comprovato: dove infatti il Comunismo non ha “deviato” ma ha rappresentato il popolo, lì troviamo un Comunismo utile che è servito a porre le basi ad una società più giusta e equa. Chi si sentirebbe di condannare un Berlinguer? Chi potrebbe mettere sullo stesso piano l’euro comunismo occidentale con il Comunismo di stampo stalinista? Nessuno! Perché sia Berlinguer che buona parte dell’Eurocomunismo ha preso le distanze dal comunismo stalinista. Ha preso le distanze dai carrarmati in Ungheria del 1956. Ha preso le distanze dalla violenta risposta alla primavera di Praga. Ha preso le distanze dalle repressioni in Polonia. Ha preso le distanze da tutto ciò che non è per il popolo. E anche oggi, prendendo le distanze da tutto il male che ha portato, è giusto festeggiare il centenario della Rivoluzione riflettendo sui pro e i contro di essa.

Alain Calò

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