Da una parte condoglianze e like sulla pagina delle figlie e dall’altra pensieri e parole contro. Contro il feroce assassino che ha tenuto in pugno il Paese, da solo. A leggere il curriculum vitae di Riina pare infatti che nessun l’abbia mai appoggiato, nascosto, supportato e pagato per le nefandezze che ha compiuto. Pare addirittura che nessuno mai l’abbia anche solo avvicinato. Pare che la rete di collusioni e complicità che l’ha reso il “capo dei capi” non sia mai esistita. La Chiesa gli nega i funerali dimenticando di avergli celebrato le nozze mentre era in latitanza, la società civile si indispone e sbraita scordandosi quel modus mafioso che ha fatto girare il capo dall’altra parte per non vedere, sentire o dover dire lasciando soli i morti che oggi ne darebbero l’annuncio sorridenti. In mente allora torna Piazzale Loreto. In mente tornano le parole di Pertini che esclamò: “ l’insurrezione è disonorata” e quelle di Montanelli che scrisse di aver capito: «cos’è la piazza quando si ubriaca di qualche passione». Sui cadaveri dei perdenti allora si accanirono maggiormente proprio quelli che avevano goduto di quel sistema di compiacenze e appartenenza che includeva solo chi lo viveva senza remore verso gli esclusi.
Sui cadaveri si consumò lo scempio della folla assetata di vendetta: calci, sputi e piscio. Ci volle la mano pietosa di un prete vicino ai partigiani, don Pollarolo, per chiudere con una spilla la gonna di Claretta e far cessare le urla di scherno dei fascisti del giorno prima, che dovevano ripulirsi la coscienza per entrare nell’Italia liberata. Oggi tutti sono antimafiosi e tutti sputano sul morto dimenticando che il morto ha comandato dal carcere impunemente una realtà che nessuno, nella realtà vera si sforza davvero di smontare e allora silenzio, che a volte la meglio parola è quella che non si dice se no poi tocca dover vedere quell’abuso e denunciare quello spacciatore amico degli amici, conviene?
Gabriella Grasso
Trapani, 18 novembre 2017 – Nel giorno della scomparsa di Totò Riina va in scena in Sicilia, a Trapani al Teatro Pardo in prima regionale “Falcone e Borsellino – ovvero il muro dei martiri”, dramma in musica prodotto dall’Ente Luglio Musicale Trapanese – Teatro di Tradizione, firmato dal compositore Antonio Fortunato, su libretto di Gaspare Miraglia.
https://youtube.com/watch?v=0esX0MrBJSY
“Falcone e Borsellino, ovvero il muro dei martiri” un’opera in un solo atto per commemorare e tramandare due tra i più eclatanti delitti di mafia che hanno sconvolto l’Italia e che ancora restano vividi nella memoria collettiva, nonostante siano trascorsi più di 25 anni da allora. Ed è quanto meno singolare, e certamente suggestivo, che la prima siciliana dell’opera sia andata in scena proprio il giorno della morte di Totò Riina. Il più sanguinario degli assassini che le cronache italiane abbiano mai raccontato. Il destinatario di decine di ergastoli. Il capo di quella mafia che osò sfidare lo stato: cioè tutti noi. “Mettere in scena quest’opera gli ha dato il colpo di grazia” è stato il commento di una bambina facente parte del coro di voci bianche impegnato nell’opera alla notizia della dipartita di Riina.
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