Il 2018 è giunto da poco. Eppure già in sé porta il ricordo di un grande della musica italiana: Domenico Modugno. Quest’anno avrebbe compiuto 90 anni se nel ’94, a Lampedusa, il cantante pugliese che si sentiva siciliano non fosse volato in cielo, nel blu dipinto di blu a volare quasi come nella sua canzone più famosa (e tra le canzoni italiane più importanti del panorama musicale mondiale) che gli fece vincere, nel 1958, il festival di Sanremo (e non numeriamo tutti gli altri premi nazionali e internazionali). Ma il Mimmo nazionale non si accontentò della conquista di un solo Sanremo: ne vinse ben quattro, record che detiene assieme al suo “acerrimo” nemico Claudio Villa (ma che, insieme, hanno vinto con la canzone “Addio, Addio”). Gli altri due successi sanremesi saranno dati da “Piove (ciao ciao bambina)” e da “Dio, come ti amo”, quest’ultima cantata assieme ad una giovanissima Gigliola Cinquetti (quella di “Non ho l’età”). Ma sarebbe troppo riduttivo vedere Modugno solo nei successi Sanremesi. Ogni sua canzone un successo. Anche quelle meno famose, a loro modo, rappresentano una piece dell’Italia dell’epoca in evoluzione quasi a toccare, in una sorta di ponte, l’Italia di oggi. E non parliamo poi dei tanti, quasi innumerevoli, temi che in esse vengono trattate. Dall’abbandono della terra natia in “Amara terra mia” alla “rivincita” made in italy in America con “W l’America”. Ma poi chi non si è emozionato davanti a quello struggente discorso tra un padre che non può vedere la propria figlia e la bambina stessa (“Piange il telefono”… una bella e riuscita traduzione di una canzone francese). Oppure chi non ha mai sognato quella storia di amore quasi impossibile tra un maestro e una studentessa ne “Il maestro di Violino”. Oggi parliamo di diritti civili e di convivenza, ma già ne “L’anniversario” si parlava di un amore “senza contratto”.
E quel fischio… solo va un uomo in frack. Una canzone che porta con se la tragedia del suicido. Ma la vita, vero motore di tutta la poetica (perché questa è poesia), irrompe prorompente e vince la voglia della morte autoinflitta. “è vero, credetemi è accaduto, di notte sotto un ponte guardavo l’acqua scura con la dannata voglia di fare un tuffo giù” e a seguire poi tutte quelle belle piccole grandi cose che compongono la canzone “Meraviglioso” (un invito alla vita l’anno successivo la morte di Luigi Tenco). Un Modugno prolifico e ispirato da tutto, anche dal diario di una giovane, grazie al quale è nata una delle sue più belle canzoni, “La lontananza”, con quella espressione indimenticabile di una lontananza che è come il vento… spegne i fuochi piccoli, ma accende quelli grandi. È vero: la lontananza… E oggi siam qui a ricordare e piangere la lontananza di questo grande cantante, attore, regista, teatrante… persino politico (e tra i più sensibili!). Insomma, un artista completo. Sembrerebbe quasi incarnare quel mito di super uomo che tanto amava D’Annunzio e che oggi, nel panorama musicale, l’unico cantante vivo, e che da poco ha festeggiato 80 anni, da potersi definire artista a 360° e al contempo andare “oltre” come Modugno, e quindi definirsi “super uomo”, è Adriano Celentano, il quale ha anche riproposto una meno celebre canzone di Modugno, “Ragazzo del Sud”. Ci piace concludere questo articolo non con un amaro in bocca o con un sentimento di nostalgia fine a se stesso. Vogliamo terminarlo con l’ultima canzone di Modugno, “Delfini”, la quale nasconde dentro sé tutto questo cantante-artista e un forte consiglio per la vita. Non abbattersi. Combattere. E vincere. Perché “la vita è morire cento volte… siamo delfini, è un gioco da bambini il mare”. Siamo uomini, è un gioco da bambini la vita!
Alain Calò
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