venerdì , Febbraio 7 2025

Gornata della memoria. Memoria di cosa?

Oggi è la giornata della memoria. Memoria di cosa? La filastrocca buttata dai mass media lega questa giornata al genocidio degli ebrei attuato dal Nazismo. E il 27 è stato scelto di proposito perché rappresenta il giorno della liberazione, da parte dell’Armata Rossa sovietica, del campo di sterminio di Auschwitz (27 gennaio 1945). Che il popolo tedesco ignorasse lo sterminio degli ebrei è una barzelletta storica, quantomeno in parte, perché proprio il popolo tedesco ha democraticamente dato una maggioranza, sin dal 1932, al partito Nazista, e ha acclamato, il 30 gennaio 1933, la nomina a cancelliere di Hitler che non nascondeva assolutamente il suo antisemitismo. Qualcuno, giustamente, potrebbe dire che dall’antisemitismo allo sterminio attuato passa un “mare”. Vero: ma le violenze e le segregazioni erano sotto gli occhi di tutti. E questa era la “porta” dello sterminio! Ma vabbè, il gioco delle colpe difficilmente, in questi casi, è qualcosa di utile. Il genocidio c’è stato. Punto. E ancora oggi il popolo ebraico non è qualcosa di “ben voluto” in certe parti del mondo (pensiamo anche alle recenti questioni su Gerusalemme e ci fermiamo qui, perché dal 1948, anno del “ritorno in terra” degli ebrei, la storia ci ha consegnato tanti episodi di odio verso questo popolo). Sono passati 73 anni da quella liberazione, ed oggi sembra materia “fredda”, anche perché, piano piano, il tempo scorre e sta portando via tutti gli ultimi testimoni di quell’evento. Sarà anche questa giornata condannata al relativismo? Vista la storia, la risposta sembra, ahimè, positiva. Il revisionismo e il negazionismo, sempre più imperanti, ne sono forti testimoni. È giusto che la storia sia soggetta a continue revisioni. E quindi è giusto accostare al genocidio degli ebrei anche quello degli armeni (di un secolo fa), o anche ai 20 milioni di morti sotto il regime di Stalin. O anche il fatto che gli Stati Uniti d’America sono nati e cresciuti grazie a un cruento sterminio dei nativi. O anche, dato che il prossimo 10 febbraio ne cadrà la ricorrenza, alle foibe. E non vogliamo continuare perché la lista di genocidi passati e presenti è lunghissima. L’importante è tenere a mente che tutte queste persone citate sono vittime in egual misura. E che, purtroppo, sono un numero immenso. E siccome i numeri grandi ci spaventano, cerchiamo sempre di raccoglierli in monumenti monolitici con tanti nomi e poca emozione. Piangiamo per la morte di un parente, di un amico, di un conoscente. Ogni morto di questi genocidi aveva parenti, amici e conoscenti. Il vero ricordo non sta nel “dovere” di una corona o di una strombettata di silenzio (non se ne fanno nulla i morti). Il vero ricordo è cercare di comprendere appieno la sofferenza sia di chi è morto, sia di chi ha sofferto e sia di chi gli è stato accanto. Solo se si attua un ricordo di emozioni si potrà evitare il ripetersi di quelle emozioni forti e strazianti. Altrimenti è un ricordo di nomi e di date. È un ricordo dei libri di storia. E se davvero leggessimo quei libri capiremmo che, pur cambiando date e nomi, la storia si ripete.

Alain Calò

Galleria fotografica a cura di Luigi Nicotra

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