Il Vangelo è pieno di racconti di storie di sofferenze e, parimenti, storie di guarigioni di ogni genere. Storie che si intrecciano e ci rammentano la grandezza di Dio e la povertà e la debolezza dell’uomo.
Nel vangelo di questa domenica leggiamo un racconto che ha un inizio improvviso, senza precisazione di tempo e di luogo: è l’incontro tra Gesù e un uomo affetto da lebbra.
Per un giudeo, la lebbra era segno di un preciso castigo divino. Essendo la lebbra contagiosa, esigeva che il malato fosse isolato e riconoscibile dal grido “Sono impuro! Sono impuro!” (cf. Lv 13,45-46).
Un lebbroso era una persona senza possibilità di relazioni, né con Dio né con gli uomini. Non era solo un malato, ma un “impuro” al pari di un cadavere.
Ed ecco l’incontro tra Gesù e il lebbroso “Se vuoi, tu puoi purificarmi!”
Di quest’uomo non sappiamo nulla. Gesù prova compassione, allunga la mano e tocca.
“Nel Vangelo ogni volta che Gesù si commuove, tocca. Tocca l’intoccabile, toccando ama, amando lo guarisce. Dio non guarisce con un decreto, ma con una carezza”.
Quanti uomini e donne, pieni di Vangelo, hanno fatto come Gesù e sono andati dai lebbrosi del nostro tempo: rifugiati, senza fissa dimora, tossici, prostitute. Li hanno toccati, hanno dato un gesto di affetto, un sorriso.
Prendere il Vangelo sul serio significa donane al mondo la “carezza di Dio” donare al mondo la gioia che nasce dall’amore!
Don Giuseppe Rugolo
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