Uno dei mali della nostra epoca è certamente quello di voler “monetizzare” tutto. Ma proprio tutto. Tendiamo a cercare, in qualunque nostra scelta, non tanto un vantaggio morale quanto un vantaggio economico. Ci siamo ridotti a mettere la funzionalità di un freddo numero prima ancora dell’utilità morale di una cosa. Bè, questo ragionamento sembra molto simile a quanto facevano i Nazisti nei confronti di diversamente abili, ebrei, zingari e via discorrendo. Questo atteggiamento ha impoverito, e non di poco, il nostro territorio. Perché tanta spoliazione? Perché il nostro territorio rappresenta meno dell’1 per mille del territorio Nazionale. E quindi, in un’ottica di funzionalità e di lotta agli “sprechi inutili”, si sono negli anni tagliati servizi fondamentali per la comunità (il Tribunaledi Nicosia ne esempio simbolo). Ma quell’1 per mille vive in una zona disagiata con comunicazioni fatiscenti (usando un eufemismo). È un territorio, sempre in nome della funzionalità, destinato alla morte.
Cui prodest?
Cui prodest questa scellerata politica? A nessuno! Facciamo un breve conto alla mano. Morendo le piccole realtà (come nell’entroterra siciliano ce ne sono molte altre) in nome della funzionalità, andremo ad innescare la desertificazione di importanti territori e l’agglomerarsi di piccoli fazzoletti di terra. Inneschiamo un nuovo urbanesimo che farà aumentare l’inquinamento (perché le zone più popolate della Terra sono spesso le più inquinate). Creeremo un vulnus incredibili fra le generazioni, con figli senza radici e senza storia, quindi senza identità. Si andrà ad eliminare ogni valore in nome di un pensiero unico. Non esisterà più l’io ma un indistinto noi. Saremo una massa. Una massa fatta di tante matricole e nulla più. È questa la funzionalità a cui miriamo? Questo ha un nome ben preciso. Questo è nichilismo!
La domanda, nuovamente, va riposta: Cui prodest?
Non è solo la politica odierna a preparare il terreno al nichilismo. È anche quell’istinto di autodistruzione che prende il nome di “guerra tra poveri” a dare manforte a questa strada. È il campanilismo scorretto e fine a se stesso. È la voglia di voler distruggere il proprio vicino non accorgendoci che, così facendo, in nome di quel “divide et impera”, si sta dando un colpo a se stessi. Se questioni endogene al nostro territorio non vengono sedate come potremmo mai difenderci dagli attacchi esterni? Quando la Persia attaccò i Greci, se Sparta non fosse corsa, per campanilismo, in aiuto ad Atene capitolata, sarebbe capitolata anche Sparta e oggi la storia sarebbe ben diversa. Siamo davanti ad un bivio. O coalizzarci in nome del nostro territorio oppure dividerci e farci fagocitare ad uno ad uno. Ma in tal caso… cui prodest?
Alain Calò
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