La visita del governatore Musumeci a Enna ha sancito che non è più tempo di crogiolarsi in inutili promesse, ma è il momento di comprendere la gravità e agire di conseguenza”. C’è una vera “questione siciliana”, che costituisce un grande handicap in un’Italia sempre più a doppia velocità, che trova la sua sintesi in particolare nell’area interna dell’ennese. Area dove si concentrano tutti gli appelli non raccolti, i progetti abortiti, le distanze mai colmate. Area dove sono stati sperperati denari pubblici e nello stesso tempo sono state anche sottratte ingentissime risorse come, ad esempio, quelle destinate al collegamento della cosiddetta Nord-Sud, incompleta proprio nella parte tra Mistretta, Nicosia e Leonforte. Una arteria vitale per l’economia dove su una cosa tutti, ambientalisti compresi, sembrano essere d’accordo: “la realizzazione della superstrada dei due mari, per creare un corridoio fra il Tirreno e il Mediterraneo, è una scelta strategica per rilanciare i territori delle aree interne della Sicilia e per contribuire a ridisegnare uno sviluppo policentrico dell’intera isola, in grado di valorizzare i suoi territori e le sue città con i suoi grandi attrattori naturali, culturali e turistici. Come non tener conto delle amare considerazioni che sono contenute nel rapporto Svimez del 2017 che, come avviene purtroppo ogni anno, certifica la cronica crisi economica del Mezzogiorno. I dati Eurostat sembrano non contino nulla per chi guida il Paese: la Sicilia, su 263 regioni, è collocata al 263° posto tra quelle con più inoccupati dell’intera Europa. Sono dati che dovrebbero scatenare una vera rivoluzione sociale, invece passano quasi in sordina. Chi può non essere d’accordo con la semplice considerazione, che è la premessa per un vero sviluppo economico e sociale, e cioè che in economia le infrastrutture logistiche costituiscono la precondizione dello sviluppo, per cui privarne un territorio significa condannarlo alla inesorabile condizione di arretratezza economica e sociale? Il Documento di economia e finanza del Governo Gentiloni dell’anno scorso è lo specchio di scelte consolidate da decenni. Mentre al Centro Nord si costituiscono le grandi piattaforme portuali, aeroportuali, strade e ferrovie, le gallerie, i trafori, i valichi, i passanti e si viaggia su Frecciarossa, la Sicilia rimane priva di binari dell’Alta velocità e, talvolta, dei semplici raddoppi ferroviari. Intere parti interne dell’isola, abitate da centinaia di migliaia di abitanti, si muovono ancora su linee costruite alla fine dell’800, con l’aggravante che vengono persino soppressi i treni che collegano l’isola con il continente. Abbiamo le peggiori autostrade del Paese, ridotte in condizioni vergognose, strade statali e provinciali ridotte a mulattiere. E’ evidente per chiunque che la crisi di questa Regione è, quindi, soprattutto infrastrutturale; per cui, senza coesione logistica con il resto del continente nessuno investe in Sicilia determinando, per conseguenza, la crisi economica e sociale e condannandola a restare periferia dell’intera Europa. Ecco perché le richieste che gli ennesi fanno al presidente Musumeci, è di rispondere a una logica coerente: impegnare il Governo della Regione, non a parole, a destinare le risorse necessarie per delle infrastrutture indispensabili per la mobilità interna e dell’intera Sicilia”.
Giacomo Lisacchi
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