sabato , Marzo 15 2025

Populismi e superamento della dicotomia destra-sinistra secondo Alan De Benoist

Possiamo cogliere nell’elaborazione torica di Alan De Benoist del movimento culturale Nouvelle Droite spunti di riflessione per cercare di capire in che mondo viviamo e in quale direzione ci stiamo muovendo? Penso di sì, dopo averlo sentito nell’incontro sul tema “What is left? What is right?” che c’è stato tra lui, Gad Lerner e Piero Ignazi alla Fondazione Feltrinelli il 6 aprile. De Benoist, che è un personaggio di rilevo nello spazio pubblico francese, ritiene superata la dicotomia destra-sinistra risalente alla rivoluzione francese ma si autodefinisce un conservatore di sinistra e un socialista orwelliano. Sostiene inoltre che da destra si possa creare un nuovo pensiero che superi l’approccio fascista e conservatore. Rivaluta persino Karl Marx, che ritiene sia “un autore di primo piano che dobbiamo riscoprire perché il suo pensiero è sempre attuale”.

Come spiega il superamento del paradigma sinistra-destra, che si è mantenuto fino alla seconda guerra mondiale? “Questo cleavage destra – sinistra è entrato profondamente in crisi verso gli anni ’80 e ’90 perché i governi che si non alternati alla guida dei paesi europei, sia quelli che sono definiti di sinistra sia gli altri che richiamano alla destra, avevano programmi simili”, spiega De Benoist. Ha detto cose che fanno riflettere sul populismo e sulle ragioni della sua diffusione. Di cause ne individua tre. La prima è il crollo della fiducia perché le persone non credono al ceto politico, agli esperti, ai media, alla classe dirigente in senso lato. La seconda causa è rintracciata nel clima sociale molto teso determinato dalle politiche neoliberiste e liberali che hanno fatto danno alle classi popolari. La logica del capitale fa sì che oggi siano i mercati finanziari, più che la politica, a determinare la sorte delle persone. La terza causa è indicata nella mancata consultazione dei popoli nelle decisioni importanti che hanno avuto gravi conseguenze nella vita quotidiana come la globalizzazione, la delocalizzazione di pezzi rilevanti del sistema produttivo e l’immigrazione. Alla fine i popoli non si sentono rappresentati e si convincono che la costruzione europea è priva di senso. E la sinistra che fine ha fatto in tutto questo? La risposta di De Benoist a questa domanda è convincente: “la sinistra ha perso il popolo”. Oggi le classi popolari non si riconoscono più nella sinistra che si occupa di arte contemporanea, di legalizzare la cannabis, di matrimoni gay e di immigrati, ma non si occupa più dello sfruttamento dei lavoratori. La sinistra ha smesso di essere socialista avendo sostituito i suoi valori originari con i valori del mercato. Da qui l’esortazione di De Benoist ad analizzare il populismo e a non limitarsi a dire che il populismo è demagogia. Un pensatore francese, citato da De Benoist di cui non ho capito bene, definisce la democrazia “l’asta delle demagogie”.

Alan De Benoist
De Benoist avverte che occorre evitare di pensare che esista un’ideologia populista perché “il populismo è uno stile che si può abbinare a qualunque ideologia per cui esistono populismi liberisti e populismi che non lo sono affatto”. Il populismo è un nuovo modo di articolare la domanda politica e sociale che si forma alla base e che va verso l’alto, verso la casta. “Questa dimensione verticale del populismo permette di capire perché è difficile analizzarlo utilizzando le categorie destra e sinistra”, ha detto De Benoist. I populismi hanno come riferimento principale il popolo. Ci sono però diversi modi di concepire il popolo, ma i populisti non condividono la stessa accezione. Si può concepire il popolo come “etnos”, come insieme etnico-culturale modellato dalla storia. Il popolo come “demos”, come comunità di cittadini organizzati con parità di diritti e di doveri. C’è anche l’accezione di popolo inteso come “plebe” ossia classi popolari. Il populisti tendono a mescolare queste tre concetti di popolo. “Il populismo è una nuova secessione della plebe”, ha detto De Benoist. E’ vero che stiamo vivendo un momento populista, piaccia o non piaccia. Stiamo attraversando un periodo di transizione instabile ed incerto in cui il futuro non lo percepiamo come una speranza, ma come una minaccia. De Benoist ritiene che sia sbagliato sottovalutare il populismo liquidandolo come una somma del malcontento e della protesta e giudicando i populisti incapaci di governare. Per De Benoist, il populismo è un sintomo delle disfunzioni delle democrazie liberali, che tendono a trasformarsi in oligarchie.

Silvano Privitera

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