Una volta la campagna elettorale si faceva nelle piazze, fra la gente, casa per casa; oggi invece tutto si sussurra o si ammicca su Facebook. I nostri paeselli si avviano al 10 giugno in un’atmosfera di brusio generale, decisamente noiosa. “Si dici”, “un si dici” ritorni ecumenici per raccattare i fuoriusciti, rassicurare i pii e “far scantare i patrunazza” o semplicemente perché “autru nun c’era”.
Si ragiona su possibili liste civiche facenti le veci dei partiti, che come partiti sono il male assoluto; pesando nomi, cugini e compari e passato: meno politica si è fatta e più appetibili si è per fare politica.
I più ricercati sono gli espatriati di parentato numeroso. Come già è accaduto i candidati saranno moltissimi, uno per famiglia almeno, i cartelloni saranno pochissimi e i dibattiti ancora meno e poi litigare in tempi di rassicurante ingovernabilità non è consigliabile.
Parlare si dovrà con tutti, garantendo e promettendo senza impelagarsi in discussioni aderenti alla realtà, muovendosi sempre in un possibile mai realizzabile per colpa di Tizio che ha lasciato il paese distrutto, mannaggia.
La litania monocorde sarà interrotta dai pellegrinaggi dei rifiutati e dall’originalità dei nomi delle liste: Insieme per…, Uniti con…, Accomunati da…E guai a domandarsi “ma quelli non erano nemici la volta scorsa?”.
Tutto scorre signora mia e in tempi di crisi cinque anni o anche due e mezzo di stipendio fanno comodo.
Gabriella Grasso
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