Tutti, (in)felici e (s)contenti, in questi giorni, stiamo assistendo allo spettacolo calcistico offerto dai Mondiali. Un evento, sicuramente il più importante per questo sport, che si svolge ogni 4 anni e che per questa edizione è stata scelta la Russia come paese ospitante. Infelici e scontenti assistiamo a questo spettacolo perché ben sappiamo che l’Italia, 4 volte campione del mondo (1934, 1938, 1982, 2006), non si è neppure qualificata nelle fasi preparatorie (con annessi seguenti “terremoti” nel calcio italiano), non potendo così staccare il biglietto che l’avrebbe portata in Russia per competere con le Nazionali di diversi Paesi del Mondo. Diciamo che la Russia, storicamente, non ha mai portato “bene” all’Italia (anche se ora, a livello politico, il governo sembri intenzionato a “riappacificarsi”). E qual miglior giorno potevamo scegliere per parlare della Russia, se non quello odierno, data simbolo dell’inizio di una disfatta, ben peggiore, dell’Italia, ma ancor di più della Germania, e cioè la data che, ben 77 anni fa, vedeva l’attuarsi dell’operazione Barbarossa?
Partiamo dal contesto storico di quell’evento. Hitler, nel 1939, ancor prima di “aprire le danze” con l’invasione della Polonia e quindi scatenare il Secondo Conflitto Mondiale, fece un patto con i nemici bolscevichi (tra Nazisti e Bolscevichi poteva nascere tutto fuorchè un patto data la loro “antipatia a pelle”… e invece la Storia si è rivelata, almeno in quel momento, “strana”), passato alla storia come patto Molotov-Ribbentrop (dal nome dei due ministri degli esteri dei due Paesi contraenti), con il quale, praticamente, si sanciva la spartizione della Polonia tra Germania e Russia, garantendo, inoltre, la non aggressione tra i due Stati. Pace fatta? Macché! Lo scopo vero del patto Molotov Ribbentrop era quello, per la Germania, di assicurarsi un confine diretto con la Russia, condizione essenziale per poter attuare la strategia del blitzkrieg (la “guerra lampo”). Quella strategia che è stata attuata inizialmente in Polonia, con un successo senza precedenti, il 1’ Settembre 1939, e poi in Francia (nel mezzo, anche se poi si sono create dinamiche diverse, in Danimarca e Norvegia) nel maggio 1940, con la caduta di Parigi il 14 Giugno del 1940 (con l’Italia che, non volendo stare a guardare dalla finestra, entra “nel guazzabuglio bellico” il 10 giugno 1940). Da notare una cosa: dal patto Molotov Ribbentrop fino al 1940, non abbiamo parlato di Russia e non ne riparleremo fino al 1941. Che cosa è successo? Semplicemente i bolscevichi hanno tenuto fede al patto e, seppur Stalin ricevesse spesso delle soffiate su un imminente attacco da parte di Hitler, decisero di non immischiarsi in quella guerra. Proprio quello che Hitler voleva, sapendo bene che una “guerra su due fronti” sarebbe stata per la Germania uno sforzo insostenibile (come avvenne nella Prima Guerra Mondiale, anche se, in itinere, con il Patto di Brest Litovsk, uno dei due fronti, proprio quello russo, venne archiviato). Ed è forse questo l’interrogativo che rende affascinante la Seconda Guerra Mondiale. Perché Hitler, che nel 1939 si era premurato di evitare l’apertura di due fronti contemporaneamente, ora nel 1941, con l’operazione Barbarossa, li apriva… e violentemente? È vero il fatto che nell’Europa continentale ormai i Nazisti erano assoluti padroni. Ma l’Inghilterra non cedeva. E non cedeva neanche alle proposte di pace di Hitler (che tanto farlocco non era, facendo di tutto per chiudere il fronte Occidentale prima di aprire il secondo) anche con espliciti episodi quale l’aver chiuso un occhio nella ritirata di Dunkerque. Perché questo secondo fronte? I Greci antichi usavano un termine ben preciso per descrivere tale tracotanza utilizzando il termine “ubris” (leggasi “iubris”). E di “ubris” trattasi in pieno. Ma prima di arrivare a quel fatidico giorno, consideriamo un altro aspetto che portò l’operazione Barbarossa ad essere già una (quasi) disfatta in partenza. E questo avvenne grazie all’Italia. Mussolini, altro tracotante (e qui, anche se nel ventennio prebellico il dibattito sulle cose positive fatte dal fascismo va aperto, c’è ben poco da valutare), non volendo essere da meno dell’alleato tedesco, con “Spezzeremo le reni alla Grecia” si apprestava a svolgere una guerra parallela. Il problema sta che “le reni” ci furono quasi spezzate dai greci (Churchill, beffardamente, dirà “l’ultimo esercito d’Europa ha sconfitto il penultimo”) e solo grazie all’intervento dei Nazisti, con ovvia perdita di tempo, riuscimmo a salvarci e successivamente prendere la Grecia. Ma il tempo è tiranno e l’invasione della Russia, che poteva avvenire già a Maggio (venne infatti fissata al 15 maggio)ma non avvenne a Maggio a causa di questa pasquinata italiana (e tutta la guerra balcanica, tra cui, da segnalare, la rivolta di Belgrado che ritardò ulteriormente l’operazione). Questo ritardo è stato “fatale” per la riuscita dell’impresa. Un’impresa che, nonostante tutto, resta grandiosa, iniziata nel migliore dei modi con uno schieramento immenso di uomini e mezzi che si diramavano su tre direttrici (Mosca, ovviamente, era l’obiettivo principe, ma non scordiamo anche l’obiettivo morale di Leningrado a Nord e l’obiettivo economico, cioè i Carpazi e tutta quella ricca zona a sud). Molti italiani, e anche, da segnalare, molti della provincia di Enna, partirono per non far più ritorno. Quell’operazione, alla lunga, fu un totale disastro. Il “generale inverno” che quasi un secolo e mezzo prima bloccò Napoleone, ora bloccava alle porte di Mosca l’avanzata dell’Asse. La Guerra, l’intera Guerra, fu segnata da quell’operazione. Perché da quel momento, arrestata l’avanzata, iniziò una lenta e inesorabile ritirata che culminò, nel 1945, nella disfatta totale della Germania. E dell’Italia. E or piangiamo per una partita di calcio in meno?
Alain Calò editorialista ViviEnna
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