mercoledì , Ottobre 9 2024

Papa Francesco a Piazza Armerina: “Non sono poche le piaghe che vi affliggono. Esse hanno un nome: sottosviluppo sociale e culturale; sfruttamento dei lavoratori e mancanza di dignitosa occupazione per i giovani; migrazione di interi nuclei familiari; usura; alcolismo e altre dipendenze; gioco d’azzardo; sfilacciamento dei legami familiari” – foto e video


Papa Francesco oggi 15 settembre 2018 a Piazza Armerina, prima tappa della sua giornata in Sicilia che poi lo porterà anche a Palermo. Al Suo arrivo in elicottero, nel Campo sportivo “San Ippolito”, dopo lo scalo tecnico all’aeroporto di Sigonella, il Papa è accolto dal vescovo di Piazza Armerina, mons. Rosario Gisana, dal prefetto di Enna, Maria Antonietta Cerniglia, e dal sindaco Nino Cammarata. Circa quarantamila fedeli lo stanno aspettando a Piazza Armerina. Tra loro anche persone malate e detenuti.
Parlando alla popolazione di Piazza Armerina, papa Francesco ha iniziato: “Sono contento di trovarmi in mezzo a voi. E’ bello il sole della Sicilia!”, poi ha ricordato “le diverse problematiche che limitano la serenità di questo territorio”. “Non sono poche le piaghe che vi affliggono – ha detto -. Esse hanno un nome: sottosviluppo sociale e culturale; sfruttamento dei lavoratori e mancanza di dignitosa occupazione per i giovani; migrazione di interi nuclei familiari; usura; alcolismo e altre dipendenze; gioco d’azzardo; sfilacciamento dei legami familiari”. “Di fronte a tanta sofferenza – ha proseguito -, la comunità ecclesiale può apparire, a volte, spaesata e stanca; a volte invece, grazie a Dio, è vivace e profetica, mentre ricerca nuovi modi di annunciare e offrire misericordia soprattutto ai fratelli caduti nella disaffezione, nella diffidenza, nella crisi della fede”. Considerare le piaghe della società e della Chiesa non è un’azione denigratoria e pessimistica – ha aggiunto -. Se vogliamo dare concretezza alla nostra fede, dobbiamo imparare a riconoscere in queste sofferenze umane le stesse piaghe del Signore”.
«Qualche volta ho sentito qualche giovane – ha detto a braccio: ‘io di Dio mi fido, della Chiesa nò. Ma perché? ‘Perché sono un mangiapretì. Ma avvicinati al prete e dì: ‘io non mi fido di te per questo per questo e per questo. Avvicinati al vescovo e dì: ‘io non mi fido di te per questo per questo e per questo. Questo è un giovane coraggioso». «E voi preti abbiate pazienza nell’ascoltare i giovani, perché nei giovani ci sono i segni del futuro: dialogo», ha concluso.

Quarantamila Pellegrini assiepati per vedere il Santo Padre in visita a Piazza Armerina . Sono 17 mila i pass rilasciati dalla curia distribuiti in tre piazze. 8.500 sono sistemati in Piazza Europa dove è stato montato un palco. Il Papa atterrato con il suo elicottero allo stadio di Piazza, ha percorso tra la folla circa 2 km per giungere, a bordo della papà mobile, arrivata due giorni fa nella piazza dove lo attendevano i fedeli tra i quali tanti ammalati. Il cerimoniale prevedeva che ad introdurre il Papa il vescovo Mons. Rosario Gisana. Papa Francesco, subito dopo il suo discorso ha incontrato 20 ammalati ed bacia mano di 50 persone. La città di Piazza Armerina donerà a Papa Francesco un immobile da destinare al centro di accoglienza della Caritas per i poveri.
Imponenti sistemi di sicurezza. Il Papa ha subito bloccato il primo pellegrino, invitandolo a baciarlo sulle guance. Centinaia le persone che hanno provato ad avvicinarlo anche se il baciamano era previsto solo per 50. Il Santo Padre ha abbracciato una giovane coppia con una neonato, si è soffermato a lungo con i detenuti delle tra carceri di Piazza, Enna, Gela accompagnati da magistrato di sorveglianza del tribunale di Caltanissetta, Renata Fulvia Giunta, che gli hanno donato un ostensorio in legno e una Madonnina fatta con gli stecchini, è un cestino di rose di sapone, tipiche manifatture carcerarie. ha poi abbracciato un disoccupato, un giovane di colore, e con un pellegrino si é fatto anche un selfie prima di indossare un capellino che gli era stato offerto da un bambino down. Una giovane donna che si era inginocchiata é stata fatta alzare dal Santo Padre che ha scosso la testa. Francesco é sceso dal palco con qualche minuto di ritardo rispetto al previsto. Ha baciato e benedetto tanti ammalati sulla sedia a rotelle che lo attendevano ai piedi del palco. Il pontefice è salito sulla papamobile alle 10 per raggiungere lo stadio dove lo attendeva l’elicottero per portarlo a Palermo.

Servizi e foto a cura di Piarelisa Rizzo, Francesca Cutrona ed Angelo Cappa

GUARDA IL VIDEO: Pope Francis – Piazza Armerina – Meeting with the faithful 2018-09-15

IL TESTO DEL DISCORSO DEL PAPA A PIAZZA ARMERINA
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Sono contento di trovarmi in mezzo a voi. È bello il sole della Sicilia! È bello! Grazie di questa calorosa accoglienza! Ringrazio il Vescovo Mons. Rosario Gisana, il Sindaco e le altre Autorità, come pure tutti coloro che hanno collaborato a questa visita.
Il vostro Vescovo ha appena ricordato la scelta che la Chiesa di Piazza Armerina sta compiendo con gioiosa speranza, in mezzo alle diverse problematiche che limitano la serenità di questo territorio. Non sono poche le piaghe che vi affliggono. Esse hanno un nome: sottosviluppo sociale e culturale; sfruttamento dei lavoratori e mancanza di dignitosa occupazione per i giovani; migrazione di interi nuclei familiari; usura; alcolismo e altre dipendenze; gioco d’azzardo; sfilacciamento dei legami familiari. E di fronte a tanta sofferenza, la comunità ecclesiale può apparire, a volte, spaesata e stanca; a volte invece, grazie a Dio, è vivace e profetica, mentre ricerca nuovi modi di annunciare e offrire misericordia soprattutto ai fratelli caduti nella disaffezione, nella diffidenza, nella crisi della fede. Perché è vero: non è facile portare avanti la fede tra tante problematiche. Non è facile, io lo capisco.

Considerare le piaghe della società e della Chiesa non è un’azione denigratoria e pessimistica. Se vogliamo dare concretezza alla nostra fede, dobbiamo imparare a riconoscere in queste sofferenze umane le stesse piaghe del Signore. Guardarle, toccarle (cfr Gv 20,27). Toccare le piaghe del Signore nelle nostre piaghe, nelle piaghe della nostra società, delle nostre famiglie, della nostra gente, dei nostri amici. Toccare le piaghe del Signore lì. E questo significa per noi cristiani assumere la storia e la carne di Cristo come luogo di salvezza e liberazione. Vi esorto, pertanto, a impegnarvi per la nuova evangelizzazione di questo territorio centro-siculo, a partire proprio dalle sue croci e sofferenze. Dopo aver concluso il bicentenario della vostra Diocesi, vi attende una missione avvincente, per riproporre il volto di una Chiesa sinodale e della Parola; Chiesa della carità missionaria; Chiesa comunità eucaristica.

La prospettiva di una Chiesa sinodale e della Parola richiede il coraggio dell’ascolto reciproco, ma soprattutto l’ascolto della Parola del Signore. Per favore, non anteponete nulla al centro essenziale della comunione cristiana, che è la Parola di Dio, ma fatela vostra specialmente mediante la lectio divina, momento mirabile di incontro cuore a cuore con Gesù, di sosta ai piedi del divino Maestro. Parola di Dio e comunione sinodale sono la mano tesa a quanti vivono tra speranze e delusioni e invocano una Chiesa misericordiosa, sempre più fedele al Vangelo e aperta all’accoglienza di quanti si sentono sconfitti nel corpo e nello spirito, o sono relegati ai margini. Per realizzare questa missione, è necessario rifarsi sempre allo spirito della prima comunità cristiana che, animata del fuoco della Pentecoste, ha testimoniato con coraggio Gesù Risorto. Entrate con fiducia, cari fratelli e sorelle, nel tempo del discernimento e delle scelte feconde, utili per la vostra felicità e per lo sviluppo armonioso. Ma per andare avanti in questo, voi dovete essere abituati alla Parola di Dio: leggere il Vangelo, tutti i giorni, un piccolo passo del Vangelo. Non prende più di cinque minuti. Forse un piccolo Vangelo in tasca, nella borsa… Prenderlo, guardare, e leggere. E così, tutti i giorni, come goccia a goccia, il Vangelo entrerà nel nostro cuore e ci farà più discepoli di Gesù e più forti per uscire, aiutare tutte le problematiche della nostra città, della nostra società, della nostra Chiesa. Fatelo, fatelo. Chiedo al Vescovo che faciliti la possibilità di avere un piccolo Vangelo per tutti quelli che lo chiedono, per portarlo con sé. La lettura della Parola di Dio vi farà forti.

Per essere Chiesa della carità missionaria, occorre prestare attenzione al servizio della carità che oggi è richiesto dalle circostanze concrete. I sacerdoti, i diaconi, i consacrati e i fedeli laici sono chiamati a sentire compassione evangelica – questa parola è chiara, è quello che sentiva Gesù: compassione evangelica – per i tanti mali della gente, diventando apostoli itineranti di misericordia nel territorio, ad imitazione di Dio che «è tenerezza e vuole condurci a un’itineranza costante e rinnovatrice» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 134). Con semplicità andate per i vicoli, i crocicchi, le piazze e i luoghi di vita feriale, e portate a tutti la buona notizia che è possibile una convivenza giusta fra noi, piacevole e amabile, e che la vita non è oscura maledizione da sopportare fatalisticamente, ma fiducia nella bontà di Dio e nella carità dei fratelli.

È importante favorire nelle parrocchie e nelle comunità la carità evangelica, la solidarietà e la sollecitudine fraterna, rifuggendo la tentazione mondana del quieto vivere, del passarsela bene, senza preoccuparsi dei bisogni altrui. Vi incoraggio a proseguire nel vostro servizio ecclesiale che si esprime in opere concrete: centri di ascolto Caritas, mense e rifugi per i fratelli più sfortunati, strutture per ospitare Gesù profugo e spaesato e case d’amore per gli anziani spesso soli e scoraggiati. Per favore, non lasciate soli gli anziani! I nostri nonni. Loro sono la nostra identità, sono le nostre radici, e noi non vogliamo essere un popolo sradicato! Le nostre radici sono nei vecchi. Avanti! Prendersi cura degli anziani, dei vecchi. Prendersi cura dei nonni. E che i giovani parlino con i nonni, così prenderanno le radici. Non dimenticate che la carità cristiana non si accontenta di assistere; non scade in filantropia – due cose diverse: carità cristiana e filantropia – , ma spinge il discepolo e l’intera comunità ad andare alle cause dei disagi e tentare di rimuoverle, per quanto è possibile, insieme con gli stessi fratelli bisognosi, integrandoli nel nostro lavoro.
Un aspetto della carità missionaria è anche quello di dedicare attenzione ai giovani e ai loro problemi. Vedo qui numerosi ragazzi e giovani, che colorano di speranza e di allegria l’assemblea. Cari amici, voi giovani, ragazzi e ragazze, vi saluto tutti e vi incoraggio ad essere gioiosi artefici del vostro destino. Guardare sempre avanti, senza dimenticare le radici. Sappiate che Gesù vi ama: Egli è un amico sincero e fedele, che non vi abbandonerà mai; di Lui potete fidarvi! Nei momenti del dubbio – tutti abbiamo avuto da giovani momenti brutti, di dubbio –, nei momenti di difficoltà, potete contare sull’aiuto di Gesù, soprattutto per alimentare i vostri grandi ideali. E nella misura in cui ognuno può, è bene anche che si fidi della Chiesa, chiamata a intercettare i vostri bisogni di autenticità e ad offrirvi un ambiente alternativo a quello che vi affatica ogni giorno, dove poter ritrovare il gusto della preghiera, dell’unione con Dio, del silenzio che porta il cuore verso le profondità del vostro essere e della santità. Tante volte ho sentito qualche giovane che diceva: “Io sì, di Dio mi fido, ma della Chiesa no” – Ma perché? – “Perché sono un mangiapreti”. Ah, tu sei un mangiapreti, allora avvicinati al prete e digli: “Io di te non mi fido per questo, per questo e per questo”. Avvicinati! Avvicinati anche al Vescovo, e digli in faccia: “Io della Chiesa non mi fido per questo, per questo e per questo”. Questa è gioventù coraggiosa! Ma con la voglia di ascoltare la risposta. Forse quel giorno il prete avrà il mal di fegato e ti caccerà via, ma sarà solo per quella volta, sempre ti dirà qualcosa. Ascoltare! Ascoltare! E voi, sacerdoti, abbiate pazienza, pazienza costruttiva per ascoltare i giovani, perché sempre, nell’inquietudine dei giovani, ci sono dei semi del futuro. E tu devi prenderli, e aiutare i giovani ad andare avanti. Ci vuole dialogo.

Il terzo elemento che vi indico è quello della Chiesa comunità eucaristica. Da lì, dall’Eucaristia attingiamo l’amore di Cristo per portarlo nelle strade del mondo, per andare con Lui incontro ai fratelli. Con Gesù, con Lui – questo è il segreto – si può consacrare a Dio ogni realtà, far sì che il suo Volto si imprima nei volti, il suo amore colmi i vuoti di amore. Per quanto riguarda la partecipazione alla Santa Messa, specialmente a quella domenicale, è importante non essere ossessionati dai numeri: vi esorto a vivere la beatitudine della piccolezza, dell’essere granellino di senape, piccolo gregge, pugno di lievito, fiammella tenace, pietruzza di sale. Quante volte ho sentito: “Ah io, padre, io prego, però non vado a Messa, non ci vado” – Ma perché? “Perché la predica mi annoia, dura quaranta minuti!”. No, quaranta minuti deve durare tutta la Messa. Ma la predica più di otto minuti non va.
L’Eucaristia e il sacerdozio ministeriale sono inseparabili: il prete è l’uomo dell’Eucaristia. Rivolgo un pensiero particolare ai presbiteri, bravi fratelli, e li esorto a stringersi attorno al Vescovo e fra di loro per portare a tutti il Signore. Cari sacerdoti, quanto è necessario costruire con pazienza la gioia della famiglia presbiterale, amandosi e sostenendosi a vicenda! È bello lavorare insieme, considerando i confratelli “superiori a voi stessi” (cfr Fil 2,3). In mezzo al popolo di Dio a voi affidato, siete chiamati ad essere i primi a superare gli steccati, i pregiudizi che dividono; i primi a sostare in contemplazione umile davanti alla difficile storia di questa terra, con la sapiente carità pastorale che è dono dello Spirito; i primi a indicare sentieri attraverso i quali la gente può andare verso spazi aperti di riscatto e libertà vera. Consolati da Dio, voi potrete essere consolatori, asciugare lacrime, guarire ferite, ricostruire vite, vite infrante che si consegnano fiduciosamente al vostro ministero (cfr At 5,14-16). A voi sacerdoti, mi permetto di dare una ricetta, non so se servirà: come finisco la giornata? Per dormire ho bisogno di prendere le pastiglie? Allora qualcosa non è andato bene. Ma se finisco la giornata stanco, stanchissimo, le cose vanno bene. Questo è un punto importante.

Cari fratelli e sorelle, sarebbe bello stare insieme ancora un po’! Sento il calore della vostra fede e le speranze che portate nel cuore, ma sono atteso a Palermo, dove faremo memoria grata del sacerdote martire Pino Puglisi. Ho saputo che, venticinque anni fa, appena un mese prima della sua uccisione, egli trascorse alcuni giorni qui, a Piazza Armerina. Era venuto per incontrare i seminaristi, suoi alunni al Seminario maggiore di Palermo. Un passaggio profetico, io credo! Una consegna, non solo ai sacerdoti, ma a tutti i fedeli di questa diocesi: per amore di Gesù, servire i fratelli fino alla fine! Vi affido tutti alla Vergine Maria, che venerate come Madonna delle Vittorie. In silenzio, adesso in silenzio preghiamola: “Ave o Maria…”. Lei vi sostenga nel combattimento spirituale e vi orienti con decisione verso la vittoria della Risurrezione. Vi benedico tutti di cuore e vi chiedo per favore di pregare per me. Buona giornata a tutti!

Adesso vi darò la benedizione, ma prepariamo il cuore per riceverla. Ognuno pensi ai suoi cari, perché questa benedizione scenda sui cari. Pensi ai suoi amici. E pensi anche ai nemici, alle persone a cui io non voglio bene, e che non mi vogliono bene. Aprire il cuore a tutti, perché questa benedizione scenda su tutti.

Papa Francesco a Palermo come Wojtyla: “Ai mafiosi dico, convertitevi!”
Bergoglio come Wojtyla venticinque anni fa nella Valle dei Templi ad Agrigento. “Ai mafiosi dico, convertitevi!” sono le parole di Francesco che riecheggiano il duro anatema ai mafiosi di Giovanni Paolo II nel 1993. La scomunica di Bergoglio ai mafiosi era già arrivata il 21 giugno di quattro anni fa a Cosenza, nella Piana di Sibari. I mafiosi denunciò Bergoglio “non sono in comunione con Dio”. Oggi una nuova scomunica.
“Non si può credere in Dio ed essere mafiosi. Chi è mafioso non vive da cristiano, perché bestemmia con la vita il nome di Dio-amore. Oggi abbiamo bisogno di uomini e di donne di amore, non di uomini e donne di onore; di servizio, non di sopraffazione; di camminare insieme, non di rincorrere il potere”. Lo ha affermato papa Francesco, durante la messa al Foro Italico, a Palermo, alla presenza di 100 mila fedeli. Un evento celebrativo della figura di don Pino Puglisi, il parroco del quartiere Brancaccio ucciso dalla mafia nel 1993.
“Ai mafiosi dico: cambiate fratelli e sorelle! Smettete di pensare a voi stessi e ai vostri soldi, convertitevi al vero Dio di Gesù Cristo! Altrimenti, la vostra stessa vita andrà persa e sarà la peggiore delle sconfitte” ha affermato il Pontefice durante la messa a Palermo. “Se la litania mafiosa è: ‘Tu non sai chi sono io’, quella cristiana è: ‘Io ho bisogno di te’. Se la minaccia mafiosa è: ‘Tu me la pagherai’, la preghiera cristiana è: ‘Signore, aiutami ad amare'”.

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