Cari giornalisti,
e mo’ stavolta tocca a voi e noi finire tra le mie grinfie. Non vi esprimo solidarietà perché al mio paese si dice: “prima che lo dicano a me lo dico agli altri”. E penso di aver già detto tutto. Anche perché, scusate, da uno che neanche sa cosa sia il congiuntivo e che è stato votato solo a furia di aizzare odio che cosa vi potevate aspettare? Però tutto ciò vi deve, come giornalisti, e ci deve, come popolo, far riflettere su chi abbiamo votato e quindi fatto salire. Mi verrebbe da essere provocatorio, senza scendere ne “il popolo sceglie sempre Barabba”, ma dicendo che la democrazia o viene corretta o è meglio abolirla in favore di altre forme di governo che mettano al centro l’individuo come singola persona e non come massa (quindi, tranquilli, non sto parlando di dittatura o di chissà quale Leviatano). Corretta? Eh già, perché questa gente, dati alla mano, è salita grazie ai voti del bacino “qualunquista”, di chi si lascia parlare alla pancia. Ne è la prova il fatto che ormai non ci sono proposte vere sul tavolo, ma solo mance e mancette elettorali, a partire, già tempo fa, dall’abolizione dell’ICI (poi diventò restituzione), dagli 80 euro al reddito di cittadinanza. Aggiungiamo, per non disdegnare, una batteria di pentole. E così abbiamo montato la campagna elettorale. E sale chi butta l’amo. Perché? Semplice. Perché chi vota non ha cognizione. Perché chi vota pensa che “tanto li abbiamo provati tutti”. Perché chi vota non sa che il nostro voto elegge il Parlamento e non il Governo. Perché chi vota non sa neanche da quanti membri è composto il Senato della Repubblica e la Camera dei Deputati. Quando ero bambino, se volevo dilettarmi con un gioco, la prima cosa che mi dicevano era “prima impara le regole”. Oggi, con una sempre più carente preparazione in educazione civica, come si può permettere a dei diciottenni come a dei sessantenni di poter votare? Giusto e sacrosanto il diritto di voto. Ma almeno si abbia la cognizione. Si dia il diritto di voto a seguito di un esame volto a saggiare il grado di preparazione nell’educazione civica. Per avere un popolo più con la testa sulle spalle, meno condizionabile e più cosciente dell’immenso potere posseduto. Per avere anche una classe politica degna del popolo rappresentato e non quattro giovinastri che sono lì solo ed esclusivamente per fortuna.
Anche determinati giornalisti, non nascondiamolo, rasentano il ridicolo in alcune loro azioni. Potremmo fare i nomi di professionisti della “macchina del fango” o di “pennivendoli puttane”. Ma la stragrande maggioranza non è così. È come la mafia dell’antimafia. È come l’uomo in divisa che si sente Dio in terra. È come quel partigiano che nel mentre si liberava l’Italia questi si liberava di altro. Ma c’è anche gente, la maggioranza, onesta tra i giornalisti, onesta tra gli uomini in divisa, onesta tra i partigiani. E onesta tra i politici. Perché fortunatamente i Di Maio, i Di Battista e i Salvini prima o poi passeranno. Passerà l’idea del super partito che si può permette di espellere chi non la pensa come il capo. Passerà l’infatuazione del Sud verso chi per anni e anni lo ha umiliato. Passerà la dittatura della maggioranza che, accecata dall’ira verso un nemico invisibile, tiene in ostaggio la minoranza. Passerà la democrazia che non ha mai funzionato. E passata la democrazia avremo aperte le porte della libertà!
Speranza? Forse. Ma è l’unico modo per non piangere pensando in che situazione ci stiamo trovando.
Alain Calò