Se stiamo ancora oggi qui a parlare di morti di serie A e morti di serie B, morti fasciste, morti comuniste, solo una cosa mi vien da pensare: fallimento. Già, il fallimento della civiltà umana che non comprende il dolore dietro ogni morte. Il fallimento, anzi il vomitevole gesto di nascondersi dietro i cadaveri o di usarli, quasi come sciacalli (col tutto il rispetto per gli sciacalli), solo per chissà quale fine. E la giornata del ricordo delle Foibe, come la giornata del ricordo del 27 Gennaio, ogni anno, più che un’unione nel comune intento del “mai più”, diventa scenario di disunione, precursore de “lo rifaremo nuovamente”. E stupisce la supponenza di certi ambienti che vantano la libertà e la difesa della Patria contro tutte le dittature ma che allo stesso tempo, attraverso negazionismi e censure, attuano la dittatura del pensiero unico scritto sui libri di Storia. Come se quei morti meritassero quel destino, e come loro tutti gli altri che non si erano “allineati” alla causa (leggasi “vittime di regolamenti di conti” perpetrati da certi personaggi militanti in quei “gloriosi” ambienti). Ma vabbè, la storia è scritta sempre dai vincitori e sempre eternamente riecheggerà Brenno parlando di “guai ai vinti”, senza mai pensare che i vincitori di oggi potranno essere i vinti di domani e che dinnanzi alla morte l’unica meritevole reazione si chiama rispetto. Quello che, purtroppo, non si è mai realmente visto.
Il 10 febbraio rappresenta la data per la commemorazione delle vittime delle Foibe. E queste vittime hanno una localizzazione ben precisa che è il confine nord orientale dell’Italia, territorio geograficamente ben lontano dal Nostro. Eppure, diversi sono i Siciliani annoverati tra le vittime. E anche Nicosia annovera un proprio “figlio”: Giovanni Puglisi. Un nome che ad oggi potrà essere ignoto per il semplice fatto che la materia, ormai fredda a causa della lontananza storica, non ci permette di comprendere e conoscere la persona in sé e le sue sofferenze, se non immaginandolo col vantaggio di poter dare a questa vittima un volto un nome e una storia sulla carta. Ma sublimo il pensiero e lo indirizzo a qualcosa che si avvicini pur non toccandolo concretamente, come il vento che si concretizza nel movimento delle foglie. E penso quindi al dolore che questa perdita ha causato nella sua famiglia. Un dolore che va solo rispettato. E basta.
Alain Calò
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