È passato un secolo dal quel lontano 23 marzo 1919 quando, a Milano nella grande sala dell’Alleanza industriale e commerciale di piazza San Sepolcro, si riunì un centinaio di persone, tra promotori, futuristi, arditi, interventisti, giornalisti e curiosi, per fondare i Fasci di combattimento. Quel giorno di un secolo fa è considerato la data di nascita del fascismo. Non tutti gli storici sono d’accordo. Alcuni spostano la data di nascita del fascino al 10 novembre 1921, quando lo squadrismo si trasformò in partito nazionale fascista (pnf), che sotto la guida di Mussolini conquistò il governo dell’Italia il 22 ottobre 1922.
Il pnf al potere, nei successivi quattro anni soppresse la democrazia parlamentare e la libertà, sciolse i partiti di apposizione e fondò il regime totalitario che durò vent’anni. Questo è il marchio che il fascismo ha impresso nella storia del Novecento. In quella riunione, per le cose che si erano dette e per dichiarazioni di principio proclamate, non tutti pensavano o auspicavano che li sarebbero andati a parare. Tant’è vero che alcuni di loro si schierano contro il nuovo fascismo al potere, diverso da quello al quale pensavano quel giorno di cent’anni fa nel salone dell’Alleanza industriale e commerciale di Milano. La pensa così uno degli storici contemporaneisti del fascismo, Emilio Gentile, che a tal proposito sul supplemento domenicale del quotidiano “Il Sole 24Ore” scrive: “Al movimento fascista del 1919, il fascismo totalitario somigliava come l’orca somiglia al delfino”. Questo è il caso di Piero Jacchia, che combatté da volontario nella prima guerra mondiale, fondò il fascio di Trieste e partecipò alla marcia su Roma dell’ottobre 1922, ma nella metà degli anni ’20 si staccò dal regime, se ne andò all’estero nel 1931 e partecipò alla guerra civile spagnola del 1936-1939 a fianco dei repubblicani antifascisti e contro i franchisti rimettendoci la vita. Annunciando l’adunata del 23 marzo, Mussolini alcuni giorni prima aveva dichiarato che quel giorno si sarebbe creato l’antipartito e che il nuovo movimento dei fasci di combattimento avrebbe assecondato il moto di emancipazione delle masse per indirizzarlo verso la democrazia economica. Nell’adunata del 23 marzo 1919, non mancarono gli appelli a favore della classe operaia e alla giustizia sociale. I sansepolcristi approvarono all’unanimità l’ordine del giorno di solidarietà con gli operai che avevano occupato le fabbriche a Dalmine, in provincia di Bergamo, e a Pavia, proposto dal sindacalista Celso Marini. Sempre per i lavoratori, chiedevano la giornata lavorativa di 8 ore, il minimo di paga e l’affidamento alle organizzazioni operai della gestione della fabbrica e una forte imposta straordinaria e progressiva sul capitale. Proponevano di estendere il voto anche alle donne e autodefinivano ‘ultralibertari che lottiamo soprattutto per la libertà, per la nostra libertà e per quella di tutti …poiché siamo avversari a tutte le forme di dittatura”. Nel volgere di pochi anni, il movimento che si autoproclamava antipartito, si trasformò in partito armato con lo squadrismo, che si scagliò con inaudita violenza contro le organizzazioni del movimento operaio su commissione del capitale e degli agrari. Anziché battersi contro le dittature, ne creò una nella seconda metà degli anni ’20 che fu da modello di altre dittature sorte in Germania, Spagna e Portogallo negli anni ‘30. Di suffragio elettorale esteso alle donne non ne fece nulla. Anzi, le relegò dentro le mura domestiche affidando il compito di produrre figli per farne soldati da mandare a combattere e morire in guerra. Il fascismo come si è dispiegato nella storia d’Italia, una volta conquistato il potere, non era quello a cui pensavano i sansepolcristi. E’ la sua data di nascita va posticipata di un paio d’anni. Quello che successe esattamente un secolo fa ci avverte che nelle fasi turbolente di transizione, dopo una tragico evento come è la guerra o di una tremenda crisi economica, nascono partiti e movimenti che, presentandosi con ideologie confuse, o addirittura autodefinendosi post ideologici né di destra né di sinistra, si riveleranno, non appena conquistato il potere, partiti di una destra becera e pericolosa, che non ha nulla a che vedere con una destra conservatrice rispettabile e dignitosa della quale una solida democrazia ha bisogno
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