Cenni storici ed attuali sull’UE. Il caso “Brexit”
speranze per una nuova Europa
Questa Europa attuale stenta a ritrovare se stessa, a rinsaldare valori e principi fondativi, tanto cari a studiosi, storici, economisti e politici degli anni post bellici.
Uomini, questi, di vari Paesi europei che, dall’alto dei loro ideali, culture, sentimenti ed esperienze di vita, avrebbero voluto, sin da subito, porre le basi per fondare una specie di federazione di Stati europei, sulla scia degli U.S.A. Ma ciò non apparve possibile per una serie di motivi sia di ordine europeo che internazionale. Tant’è che una possibile struttura su basi federali trovò ostacoli e veti nazionalistici e patriottici di alcuni Paesi, non propensi a cedere parti di sovranità.
Ecco perché si optò, negli anni 50′, per un possibile percorso sovranazionale, salvaguardando i poteri degli Stati partecipanti, semmai cedendone pochi o quasi.
Quindi, prevalse la scelta di una Comunità sovranazionale e non federativa, inizialmente ristretta a pochi Stati membri, blanda, non coercitiva e senza un organo legislativo.
Furono, però, istituiti soltanto alcuni Organi rappresentativi, con funzioni consultive ed, in parte, decisorie, quali il Consiglio Europeo che riunisce i Capi di Stato e di Governo, il Consiglio d’Europa che svolge funzioni legislative in co-decisione con il Parlamento Europeo, organi esecutivi e giurisdizionali quali la Commissione Europea, la Corte di Giustizia Europea, la Corte dei Conti Europea.
Il sistema normativo adottato veniva basato su una procedura di co-decisione, condivisa con altri Organi, nell’emanare atti quali i Regolamenti, le Direttive e le Decisioni.
Poi, nel 1979 fu istituito il Parlamento, anche se con poteri legislativi e consultivi limitati.
In seguito la Comunità, che già si era allargata, si affermava sempre di più, e gli Stati membri cedevano parti della loro sovranità.
Fu, quindi, istituito, con il Trattato di Maastricht, il Mercato comune europeo, con la libera circolazione di merci, risorse, capitali e mezzi, all’interno di uno spazio di territorio europeo sempre più grande.
In quella sede furono fissati i famosi parametri per la convergenza e coesione economica e finanziaria dei bilanci, e per il contenimento e riduzione dell’indebitamento pubblico degli Stati.
Furono creati, anche, la BCE (Banca Centrale Europea) per i poteri relativi alla gestione e vigilanza della circolazione monetaria, al controllo dei tassi di cambio e di interesse; e la B.E.I.(Banca Europea per gli Investimenti).
La BCE con le sue politiche è venuta, specie negli ultimi anni di crisi, in soccorso di Stati membri.
Con interventi richiesti e mirati a fronteggiare forti crisi di liquidità e di indebitamento pubblici. Soccorso che è stato esteso a parti dei sistemi bancari in forti difficoltà.
Dal 2001 fu decisa l’introduzione della moneta “euro”, la cui circolazione è stata ed è oggetto di tante critiche che hanno invaso e pervaso le menti ed i sentimenti degli addetti ai lavori, di lavoratori, imprenditori, di cittadini comuni, di economisti e monetaristi.
Chi pro, e chi contro; ma adesso i toni sembrano affievolirsi.
Eppure, la Comunità, che oggi, si chiama Unione Europea, versa in una condizione di stallo, vuoi per la crisi degli ultimi anni, vuoi per l’affermarsi di istanze nazionaliste e populiste, vuoi per lo stop di altre adesioni, vuoi per la “Brexit”.
Stenta a rilanciare la sua mission, a riformarsi e a rafforzarsi, sembra avere smarrito gli ideali dei tempi migliori.
E l’handcap non è solo costituito da mancanza di grandi strategie e di visioni politiche convergenti e comuni.
C’è forse una persistente difficoltà a provare a riordinare idee condivise, a potere elaborare strategie politiche per grandi programmi e progetti, per fare ripartire la macchina comunitaria, a fare scaldare i motori delle istituzioni, dell’economia e del lavoro.
Tutto sembra impantanato, sia all’interno delle istituzioni europee che nei suoi rapporti internazionali.
Un contesto che sembra apparire paludoso, perché non appaiono forti segnali di inversione di rotta.
Tranne una rarità che sembra incidere sul contesto normativo, e non solo, se guardiamo alla novità della recentissima Direttiva sul “Diritto di copyright digitale”.
Una norma che vuole provare a disciplinare, tramite un “equo compenso”, rapporti negoziali tra autori, creatori, e proprietari di grandi piattaforme informatiche mondiali; nonchè ad attribuire a quest’ultimi poteri di controlli, limiti e filtri per prevenire violazioni del copyright. (1)
A parte ciò, nulla di eccezionale emerge a livello europeo, tranne la vicenda “Brexit”, la quale ormai si trascina da 3 anni.
Solo negoziati estenuanti, ma in concreto nessun elemento che possa far sperare, come sarebbe auspicabile per gli europeisti veraci, ad un ripensamento delle conseguenze delle scelte referendarie.
Nessun cenno univoco, politico, parlamentare, o negoziale che sia, che possa contribuire a trovare una buona soluzione per convincere la Gran Bretagna a riannodare i fili per non uscire dall’Unione Europea.
Ciò, perché da europeisti, riteniamo essere essenziale la presenza britannica tra i membri dell’Unione.
Una presenza utile e fondamentale per rafforzarne ruolo e missione, competitività e condivisione di valori e principi, che hanno segnato ed illuminato la storia della civiltà europea.
Non possiamo tralasciare quel che l’Europa deve ai valori della tradizione britannica insiti nel suo straordinario patrimonio storico, culturale, marittimo, economico, teatrale, musicale, finanziario, sociale e, sopratutto, linguistico.
Ma, vorremmo anche credere che la Gran Bretagna sia incorsa in un errore causato più da un sentimento popolare diffuso che da valide ragioni, se una buona parte dei suoi cittadini, nel votare a favore della “Brexit”, ha innescato un processo, che appare tortuoso, di uscita dalla casa comune europea, dove la sua storia ha sempre svolto un ruolo di primissimo piano, e ne avrebbe tratto anche benefici.
Adesso c’è uno scenario le cui conseguenze sono imprevedibili:
potrebbe dimettersi la Premier May in cambio di un voto parlamentare che ratifichi il negoziato con l’U.E.; nuove elezioni; nuovo Referendum.
Ecco perchè occorre una rinnovata cultura europea, che possa ritornare a svolgere un ruolo fondamentale di coesione, al fine di illuminare la classe dirigente europea per rafforzare il ruolo e la missione dell’Unione.
Una cultura che sia capace di richiamare l’uso di buone pratiche, di valori e principi che hanno permeato il progresso dei popoli europei.
Elementi, questi, che possono contribuire ad elaborare nuove idee, strategie, programmi e progetti di riforme istituzionali, nuove politiche di coesione.
Un auspicio generale di speranza, perché tramite questi mezzi e risorse si possa tendere a rafforzare l’integrazione dei popoli europei, la governabilità dell’Unione Europea, l’equità fiscale e finanziaria, a rilanciare gli investimenti e l’occupazione, a garantire la sicurezza interna ed esterna, la legalità, e praticare la cooperazione e la solidarietà.
Ma per fare ciò, bisogna capire le condizioni sociali, comprendere e risolvere le cause di possibili crisi e separazioni, di muri, paure e di tutto ciò che induce a non volere dialogare, accogliere gli altri, i deboli e gli emarginati, a non volere fare integrazione.
Non esiste nella storia dell’umanità un Paese o una civiltà, piccolo o grande che sia, che non abbia mai fatto accoglienza ed integrazione.
Ed in questo l’Europa non può tradire la sua storia millenaria, in cui hanno interagito princìpi umani, sociali e religiosi volti a far progredire la sua civiltà.
Principi e valori che siano protesi a promuovere un futuro migliore, che apporti benessere, uguaglianza e parità di diritti, libertà e giustizia, equità, cooperazione e solidarietà, tutti principi di cui è permeato il Trattato dell’Unione Europea.
Una speranza generale che non può essere tradita nell’anno delle elezioni europee, anzi rafforzata, per continuare a credere a quei valori e principi che hanno orientato la storia della civiltà europea, unito popoli diversi, creato coesione socio-economica, rafforzato dialoghi culturali e garantito decenni di pace, di progresso, sviluppo e crescita.
Silvio Di Giorgio
1) Cfr. Silvio Di Giorgio, in articolo “Emanata la Nuova Direttiva U.E. sul Diritto di Copyright Digitale”, pubblicato su Facebook il 26 marzo 2019.