sabato , Marzo 15 2025

Per amore del mio popolo non tacerò – Una comunità “in ginocchio” ha il dovere di rialzarsi

Non è mia l’espressione ma del profeta Isaia che la pronuncia con cuore accorato su Gerusalemme, sul suo popolo ed io la faccio mia perché sento il dovere, la responsabilità, la necessità, oggi più che mai, come uomo e cittadino, oltre che come credente in Gesù Cristo, di commentare assieme a tutti gli uomini di buona volontà che si sentono parte integrante di un sistema umano: cittadino, nazionale, mondiale.
In un mondo in cui l’indifferenza, il menefreghismo, la corsa al benessere individuale la fanno da padrone, mentre la realtà circostante va a rotoli, deve esserci un momento in cui fermarci per riflettere e porci la domanda: ma dove stiamo andando?
Il mio invito è di rientrare in noi stessi e chiederci: Perché lo stiamo facendo? Non certo per amore del nostro popolo. L’amore è donazione e non privazione; noi stiamo togliendo alla nostra gente la gioia di amare, di esistere, di vivere un tempo della loro vita serenamente. Vogliamo far apparire al popolo che siamo dalla loro parte, che ci stiamo occupando di loro, soprattutto dei più deboli, ma nel mentre la gente soffre, non ce la fa più a registrare uno scandalo dopo l’altro, a essere presa in giro, a vivere senza il necessario, non solo economico ma culturale, lavorativo, gioioso…
Ed è per questo che anch’io “non tacerò”. Isaia continua: «Sulle tue mura, Gerusalemme, ho messo sentinelle: non devono mai tacere, né giorno né notte. Devono sempre ricordare al Signore le sue promesse, senza fermarsi. Non devono dargli tregua finché non renderà gloriosa Gerusalemme, finché tutti la loderanno sulla terra» (Is 62,6-7). Non posso più vedere tutto questo: mi piange il cuore nel vedere parte della popolazione in difficoltà ed ecco che passo alla denuncia, non quella giuridica con carta bollata (anche la giustizia con i suoi lunghi tempi ha una sua responsabilità!) ma morale. Non è denuncia dei mali, dal più piccolo al più grande, ma è richiamo in positivo a ogni uomo e a ogni cittadino perché rispetti il mondo circostante, a partire dall’ambiente, abbia stima degli altri simili, creando azioni di convivenza pacifica, di accoglienza, di sopportazione, di aiuto…
La mia incriminazione è rivolta ai “poteri forti”, alla malavita organizzata che non danno respiro alla gente e la tengono ben avvinghiata sotto i loro tentacoli, poiché loro vivono perché hanno chi soggiogare nei modi e con le tecniche più disparate. Si fanno scudo con loro, uccidendo spesso “uomini già morti” perché incapaci di reagire e risollevarsi da soli dalla condizione misera nella quale sono tenuti.
La mia accusa è anche un grido disperato verso chi ha la responsabilità di governarci perché chi sta più in alto sia cosciente, preparato nel suo lavoro, carico di umanità, attento alle necessità: prima delle ideologie vengono gli uomini con i loro bisogni primari e poi il resto. Se il popolo non sta bene, neanche voi che ci amministrate potete avere vita facile! Solo allora una comunità potrà chiamarsi “non abbandonata”, “Terra non desolata” e potrà vivere nella felicità. Tutto questo, come qualcuno direbbe, non è utopia, è diritto di un popolo, vita pacifica. Se c’è un’utopia, questa è uscire dal mal governo, dall’ambizione e dalla prepotenza di dominio non certo di servizio e di amore per il vostro popolo che dite di amare e che quotidianamente tenete al guinzaglio. Sappiate che anche per voi ci sarà un giudizio finale, dato dalla storia, dal vostro io che vi condannerà o approverà il vostro operato e lo presenterà a un Giudice Supremo per la valutazione.
Riprendiamo ognuno il nostro ruolo di uomini liberi e collaboriamo tutti, ognuno per la propria parte, perché la nostra vocazione sia verso il bene comune, in un cammino di salvezza e di benessere generale.


SALVATORE AGUECI

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