Io sto con la Casa Editrice Altaforte. Sto con questa casa editrice perché sto con la libertà di pensiero. Sto con la cultura libera. Sto con il fatto che le idee non vanno sconfitte fisicamente con l’arma della censura, ma con il più nobile processo dialettico della tesi e della antitesi (con annesse argomentazioni a favore della prima e a confutazione della seconda). La censura è un atto liberticida che viene attuato solo perché non si ha la forza e il coraggio di combattere l’idea con un’altra idea. È uno schiaffo, una violenza, che il padre dà ad un figlio senza spiegargli dove ha sbagliato (se ha sbagliato). E non rende giustizia all’intero salone del libro di Torino l’esclusione di questa casa editrice. Perché, qual è la differenza ad oggi tra le presunte vittime e i presunti carnefici? Perché i nazisti incendiavano i libri. Noi oggi li imbavagliamo. Dove è la differenza? La verità è una: ci ubriachiamo di questa parola magica quale “democrazia” ma non conosciamo realmente cosa comporti la democrazia. Ci ubriachiamo di “libertà” ma non sappiamo definirla. Perché la storia insegna che il Nazismo è stato democraticamente eletto, avendo la maggioranza relativa al Parlamento. Ed è inutile citare Popper sul paradosso dell’Intolleranza quando dentro tutti noi è insito il germe dell’intolleranza. Quella è una giustificazione al pari del PNF “Per Necessità Familiare”. Se veramente teniamo alla libertà di pensiero, se veramente teniamo alla Cultura che non è né di destra né di sinistra, tutti devono avere diritto di esprimersi. Sarà il piano della logica e della dialettica, non della censura fisica, a decretare chi ha ragione e chi no. Perché, come dicevano tanti altri filosofi della statura sicuramente maggiore di Popper, se uno esprime la propria idea (pur sbagliata), la comunità fa un male a se stessa. Perché se l’idea di quel singolo è giusta, la comunità può trarre insegnamento e quindi arricchirsi. Se l’idea è sbagliata, la comunità trae lo stesso insegnamento perché ha davanti a sé una prova del fatto della propria ragione. A questo punto ci pare logico formulare la seguente domanda: siam degni della libertà?
Alain Calò
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