La situazione politica verso la crisi?
In attesa degli esiti del negoziato con l’U.E. in corso
Lo spartiacque delle recenti elezioni europee, secondo cui appare cambiata la situazione politica italiana, è lì ad indicare un nuovo contesto interno ed europeo tutto in movimento.
Si fa per dire, perché è tutto da decifrare e soppesare: la forte calata consensuale di 5Stelle arrivato al 17% circa, la leggera, ma decisa, rimonta del PD al 22% circa; Forza Italia all’8,8%; Fratelli d’talia al 6,4%; tutti gli altri entro una forchetta dallo 0,1 allo 3,1%.
La Lega, è un dato innegabile, ha macinato consensi un pò ovunque su tutto lo Stivale, per un totale pari a circa il 34%, confermati da successivi e recenti successi negli enti locali, espugnando roccaforti tradizionalmente di sinistra o centrosinistra.
Ma ci chiediamo: perchè Salvini vince e convince gli elettori, sorpassa 5Stelle, e di molto, e si candida ad essere prossimo Premier in caso di crisi? Cercheremo, nel prosieguo, di darci qualche possibile risposta.
Intanto, la crisi, ci sembra di capire, appare ora imminente o quasi, ora rinviata a settembre od ottobre, ma certamente strisciante, stanti i rapporti di governo e gli apparenti litigi e polemiche tra Salvini e Di Maio, e tra questi ed i tecnici del Mef.
C’è in ballo la struttura della prossima finanziaria e, secondo Bruxelles, i conti non tornerebbero, per alcune mancate coperture, in assenza di aumento di Iva e accise, e con una “Flat tax” che richiederebbe una ulteriore copertura di 17.000 mld.
Una manovra che si aggirerebbe intorno ai 23.000 mld. di euro per coprire le spese già decise ma non ancora attuate + 17.000 mld. di euro per la copertura della “Flat tax”, per un totale di 40.000 mld. di euro per sostenere la prossima finanziaria.
Il che significa un ulteriore indebitamento con refluenze negative su “spread”, mercati e valutazioni di Agenzie di Rating.
Ma, nello stesso tempo, Conte, Tria e lo stesso Mattarella sembrano voler frenare, e gli interessati Vice Premier negano eventuali diversità di vedute, ricompongono dissidi, minimizzano polemiche, e dichiarano che si va avanti col programma come previsto dal contratto di governo.
Una crisi quasi dichiarata, ma taciuta o forse sospesa nel contempo, come fosse lì in agguato pronta ad emergere per far decadere tutto: contratto, proposte e disegni di legge, decreti in attesa di conversione, riforme fiscali, nomine in enti, investimenti, cantieri, lavoro ed altro.
Gli italiani adesso preferiscono Salvini, ma il 4 marzo 2018 avevano sancito il successo del Movimento 5Stelle.
In un anno sembra capovolta la situazione a favore della Lega, che vorrebbe rappresentare una buona fetta di consensi basati su sentimenti di paure, ansie, incertezze e insicurezze.
Ma non solo a questo, perchè la Lega pensa anche alla Tav, ma non sa come farla digerire ai 5Stelle e agli ambientalisti, e pensa anche al suo tradizionale elettorato del nord. E con nuovi proseliti al centro Sud ed isole.
È, comunque, innegabile, il successo della Lega di Matteo Salvini, che, nei consensi ottenuti, ha quasi raddoppiato il bottino elettorale rispetto alle elezioni politiche nazionali del 4 marzo 2018.
Però, siam convinti che, cambiando l’ordine dei consensi tra leghisti e pentastellati, il Paese non abbia fatto passi avanti, nonostante alcuni interventi di buoni propositi governativi su sicurezza, riforma Fornero a quota 100, reddito di cittadinanza, provvedimenti questi più orientati sul sociale.
In realtà, il nostro Paese, pur essendo considerato la 7^ potenza economico-industriale del mondo, presenta un gravissimo ritardo nel recuperare le performances di convergenza economico-finanziaria previste dal Trattato di Maastricht, che indicano una soglia massima del 60% di indebitamento pubblico rispetto al Pil, ed un deficit non oltre il 3% del Pil.
Ma non riusciamo a recuperare nonostante sacrifici imposti a tutti gli italiani.
Condizioni, queste, non rispettate dal nostro Paese e che si trascinano ormai da alcuni decenni,
ma più gravi negli ultimi anni.
Ebbene, il Governo Conte, pur avendo superato lo scoglio della sua 1^ finanziaria tra dicembre 2018 e gennaio 2019, ma con riserve della Commissione Europea, non sembra che abbia fatto tanto per provvedere agli aggiustamenti prescritti dalla C.E.
Ma, adesso, ritornano tra le gambe i nodi irrisolti, che creano non poche preoccupazioni a Bruxelles, con la C.E. che sta provvedendo ad avviare la spesso minacciata “procedura d’infrazione” per debito eccessivo, peraltro aumentato sino alla soglia di circa il 133%. I negoziati sono in corso.
Un inasprimento dovuto al tasso diminuito di credibilità e fiducia nei confronti dell’Italia, sia per i presumibili mancati interventi finanziari e di bilancio che di sostenibilità economica.
E certamente ha inciso anche un aumento dello spread Bund-btp schizzato in alto negli ultimi tempi, ma per fortuna un pò rientrato. Una minaccia, comunque, incombente,
Una situazione che, avendo fatto lievitare gli interessi, ha inciso sull’aumento dell’indebitamento.
È, quindi, il quadro socio-economico e finanziario complessivo quello che appare depresso, stagnante e preoccupante.
Un quadro che non sembra supportato da una reale e virtuosa programmazione pluriennale, lungimirante, chiara e trasparente, capace, efficace e credibile, sia per i rapporti politici interni, che con l’Unione Europea, Bce, Bei ed Organismi internazionali, tra cui le Agenzie di Rating.
Tutti preoccupati e protesi a richiamare il Governo italiano a provvedere in modo deciso e celere alle necessarie modifiche ed aggiustamenti in materia di bilancio e finanza pubblica, di politiche economiche, perchè siano coerenti con i parametri europei, nel rispetto delle regole del Patto di Stabilità e Crescita.
Certo che ci possono essere margini per un negoziato con l’U.E. improntato alla reciproca fiducia, al rispetto dei diritti e doveri, anche una certa flessibilità ragionata e consapevole, capace di dare spazi creativi. Un negoziato in cui sono anche in ballo le nomine ai vertici delle istituzioni comunitarie.
Appare fondamentale, comunque, che il Governo italiano pratichi una sana gestione economico-finanziaria, perché questa sia foriera di un “reale cambiamento” diretto al risanamento dei conti pubblici, efficacemente proteso a riallinearli ai parametri europei da un lato, e a stimolare lo sviluppo e crescita del Paese dall’altro.
Quest’ultima appare bloccata e mostra difficoltà a ripartire, stante che mancano investimenti ed incentivi fiscali. La flat tax, snodo fondamentale per il Contratto di Governo, peraltro, è oggetto di varie interpretazioni e suscita dubbi da parte di economisti e di forze politiche dell’opposizione, ed, inoltre, le risorse dei fondi strutturali europei sembrano congelati da parte della C.E.
Peraltro, se vogliamo auspicare una ricrescita del Paese nel suo insieme, questi Fondi sono di straordinaria importanza, perchè diretti ad incidere efficacemente per lo sviluppo e crescita per il Sud Italia e le isole, in particolare nei settori come le infrastrutture, i trasporti, l’energia, le telecomunicazioni, l’ambiente, il risanamento e riconversione di siti inquinati (Taranto, Gela, Augusta etc…), istruzione, formazione, agricoltura, beni culturali e turismo, pmi, artigianato e cooperazione, sostegno per la sicurezza e legalità, azioni mirate al sostegno delle fasce più povere ed escluse, all’accoglienza ed integrazione.
Un quadro complessivo, dunque, di gravi problemi e condizioni che rendono molto difficile la navigazione del Governo Conte, in parte condizionato da un duopolio politico giallo-verde che guarda anche ai consensi ottenuti ed ottenibili, e che vorrebbe continuare il suo percorso.
Un governo condizionato, pertanto, dai rigori di bilancio imposti dall’Unione Europea che evidentemente reclama correttivi ed una prossima finanziaria che si preannuncia di difficile gestione, stante la quasi certa attivazione della “procedura d’infrazione” per #indebitamento eccessivo#.
Ecco perché si pone il problema “crisi”, per scongiurare la quale occorrono unità di intenti e tutela dell’interesse nazionale, che appaiono prioritari rispetto alle schermaglie politiche e partitiche.
Riteniamo che il negoziato vada incanalato e proseguito, piuttosto, in modo saggio ed intelligente, purchè produttivo di un risultato che soddisfi i 2 negoziatori, ricorrendo alle necessarie ed opportune modifiche eventualmente richieste dalla Commissione Europea, che, all’uopo, potrebbe dare più tempo per le risposte, al fine di evitare la “procedura di infrazione”.
Sanzione, questa, che potrebbe avere ripercussioni sull’aggravio del bilancio e sulla crisi politica che appare essere già in atto, crisi che potrebbe sfociare nelle elezioni anticipate.
Silvio Di Giorgio