È tempo di crisi. Dopo i 92 minuti di applausi seguiti ai 40 minuti usati da Conte (che non è contento e lo abbiamo visto) per dire in tutte le salse a Salvini, ovvero il Capitano mio Capitone, che sarebbe un emerito imbecille (e ci son voluti 14 mesi per capirlo, poi ci lamentiamo dei ragazzi fuori corso alle Università…), il pallino ritorna nelle mani di Mattarella che deve districarsi in questa giunga e rispondere alla domanda fondamentale: voto sì o voto no. In un precedente articolo abbiamo svelato a nostro modo le possibili compagini che si presenteranno al voto. Ma al momento, aspettando martedì, proviamo a dare qualche scenario (sempre a nostro modo che, alla lunga, ci azzecchiamo) su possibili nomi e coalizioni qualora non si dovesse andare a votare.
Infatti i grillini, dal “mai con nessuno” a “sì con tutti”, si preparano a battere il record di voltabandiera della storia Repubblicana, nonché il futuro appellativo di “prostituta del Parlamento” andando con tutti purchè respirino (quando il respiro si intende voti). E siccome l’uomo rude barbaro salviniano (anche un po’ tonto aggiungiamo visto lo scivolone di questa marcia e retromarcia su Roma) ormai ha deciso di buttare dal letto l’amante (per poi ravvedersene, ma sapete bene come sono le amanti e le prostitute), le porte sono aperte in tutti i sensi al PD, portando all’estreme conseguenze quel motto “l’amore non è bello se non è litigarello”. Ma chi sarà il fortunato premier? Conte probabilmente, anche per evitare un discorso di 40 minuti in cui deve dire “accetto” o “non accetto”, e, soprattutto, ora che si è capito avere una testa più o meno pensante e non essere un vero e proprio pupazzo, è meglio da evitare e quindi non è confermabile.
Un uomo di sicura misura e che rappresenta pienamente la coalizione ammucchiata che andrebbe a crearsi è sicuramente Rocco Siffredi, ma penso che anche questi non si troverebbe a proprio agio dinnanzi alle performance richieste (gioca anche una forte ansia da prestazione). Un altro papabile per le ammucchiate sarebbe comunque Berlusconi, carta da tenere in considerazione come eventuale jolly, tanto ormai a 83 anni e 83 chili di silicone potrebbe essere un pupazzo perfetto. Ma se vogliamo puntare ad alzare il livello culturale grillino, sempre con un richiamo al giallo di quella compagine, il nostro consiglio mira tutto su Homer Simpson Presidente del Consiglio, il quale rappresenta un genio in confronto a chi crede nella democrazia diretta della piattaforma Rousseau. Ma forse è troppo genio e quindi non adatto. Magari spostiamoci nel rosso del PD e proponiamo il Gabibbo. Però, con tutte queste B, troppo si fa l’assonanza con Bibbiano. E allora forse, anche per raccogliere l’appoggio di Forza Italia e mettere all’angolo Salvini, basterebbe mettere Ruby come Presidente del Consiglio. Così Silvio appoggerà il governo a sua insaputa credendo che sia la nipote di Mubarak e Salvini ne starà lontano che tra Ruby e Rubli la differenza è un minimo.
Nello scherzo, capite bene, che il populismo messo in atto in questi giorni non fa altro che distorcere la realtà e allontanare sempre più i cittadini dalla politica. Citare l’articolo 1 della Costituzione dicendo solamente “la sovranità appartiene al popolo” è demagogia, perché il periodo continua con “che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. È una sovranità, quindi, regolata. E fortunatamente, perché altrimenti vivremo in anarchia. Vivremo una continua campagna elettorale e una continua rivoluzione. Vivremo una continua presa in giro del popolo illudendolo con parole suadenti sul fatto che questi possa e deve dire la sua su tutto e la maggioranza ha sempre ragione. Cadremo nella dittatura della maggioranza, il peggiore frutto che possa darci la democrazia. Questa sovranità che viene limitata nella Costituzione porta al fatto che la legislatura, durando 5 anni, ammette questi “atteggiamenti da prostitute” per come attuati dai grillini, e il Capo dello Stato, garante e quindi primo a dover rispettare la Costituzione, preso atto che possa esistere un’altra maggioranza, non può sciogliere le Camere. Non è una scelta sua arbitraria o un colpo di Stato con firma Mattarella. È frutto della prostituzione grillina che, avendo davanti i dati della politica reale odierna con un Paese (poi sui metodi possiamo aprire un altro dibattito) nella maggioranza schierato con il centrodestra, mischiato con il dilettantismo del loro arrivismo e quindi attaccamento alla poltrona più di tutti gli altri partiti, decide di andare non tanto con il PD, ma ancor peggio, con una compagine del PD altrettanto attaccata alla poltrona e con l’intento di provare a fare quanto fatto da Salvini, ovvero rosicchiare i voti dai 5 Stelle sfruttando la visibilità mediatica di un impegno di Governo. Zingaretti, che, concedendo l’onore delle armi, è stato il politico più equilibrato in questa crisi, non può fare altro che ingoiare il rospo in quanto la compagine renziana rappresenta la maggioranza in Parlamento del Gruppo del Partito Democratico e che i numeri per fare un governo ci sono a prescindere dai voti di matrice zingarettiana. Quindi per evitare la spaccatura e il probabile oblio a cui sarebbe destinato il PD dinnanzi ad uno scontro tre l’ex e l’attuale Segretario, la mossa di andare a prostitute, ma con le dovute protezioni, trova una giustificazione logica. Solo, però, da parte di Zingaretti. Tutti gli altri bei propositi di responsabilità sono favole che saranno messe davanti al giudizio del popolo sovrano che, una volta che potrà esercitare la propria sovranità nei limiti della Costituzione, decreterà la nuova rappresentanza parlamentare, confermando chi è stato reputato degno e mandando a casa chi è stato reputato indegno. Questa è la Costituzione Italiana, non il Papete o la prostituzione grillina.
Alain Calò
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