Il Vis-conte di Castelfombrone
Vecchia canzone (Nizza e Morbelli) del quartetto Cetra fra gli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso per un’Italia amante di musica divertente a contenuti ironici e doppi sensi sociali.
Viene in mente oggi dinanzi al “Bis-Conte” che a detta di alcuni forti e chiari nel dirlo non altrettanto nel pensarlo, dovrebbe far uscire il Paese caduto nel ridicolo per uno stallo ferragostano degno delle farse napoletane.
Il Bis-Conte personcina dall’aspetto corrugatamente dolce, ben vestito e fazzoletto a tre punte immancabile nel taschino della sua giacca monopetto è riuscito a fare qualcosa che nella storia dall’unità d’Italia non era mai accaduta.
A palazzo Madama tale perché proprietà dei Medici venduta a Madame Margherita d’Austria e nel tempo sotto lo stato Pontificio sede del suo tribunale criminale e riadattato come sede del Senato nel 1871, si è perpetrata l’offesa più grande e mai udita ai boni viri – senatori che rappresentanti nella camera alta del popolo italiano ascoltavano le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana. Era il 20 di Agosto e quando ancora il sole, avrebbe detto Carducci non era calato dietro il Resegone, il sopradetto contornato dal suo intero governo con a destra il Ministro dell’Interno, capo di una delle due gambe politiche della maggioranza ha proferito nei riguardi di questi i seguenti epiteti: ”pericoloso, autoritario, preoccupante, opportunista, inefficace, inconcludente” ed ancor prima inaffidabile e traditore. Offese ed umiliazione premeditate perche scritte in atto parlamentare. Applausi dei suoi confrati, disaggio tacito dell’interessato il quale finite le comunicazioni presidenziali ha chiesto al Presidente del Senato di poter abbandonare la poltrona di ministro per raggiungere gli scanni del suo gruppo politico da dove ha risposto senza troppa efficacia.
La logica, che una volta regnava tra le persone di alto rango chiamate “gentiluomini”, avrebbe voluto che l’offeso atteso all’uscita del palazzo il denigratore gli avesse almeno buttato sul viso un fazzoletto sfidandolo a duello. Nulla è accaduto. E pensare che Felice Cavallotti, uomo politico di fine ‘800, offeso da un giornalista come “mentitore” sfidandolo a duello ci rimise la pelle per un fendente giuntogli sul viso.
Pur vero che “tempora mutant”: ma indigeribile che si usi il Senato come un “ballatoio” (Bersani) e che tanta offesa alla dignità personale passi sotto silenzio!
Certo, chi evoca per se “poteri forti” non è persona da invitare a cena. Ma altrettanto certo che per far notare – urbi et orbi – una frase che non si coniuga con la vita di una democrazia parlamentare, non sia necessario agire da ineducato e arrogante dimenticando di governare un popolo che se pur ha tratti arlecchineschi, ha il diritto di avere un presidente di consiglio: non avvocato della pubblica accusa ne un volgare ignorante della prassi parlamentare.
Risultato? Il Bis-Conte. Che a prescindere dice che “l’avvocato del popolo” può perdere la faccia, umiliare un ministro senatore e senza che nulla accada “bissare”: come al cabaret dei 4 del Cetra.
Pino Grimaldi
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